Sono solo 130.000 i bambini morti per aborto?

di Salvatore Caracciolo

“Nel  2005 sono state notificate 129.588 IVG, con un decremento del 6.2% rispetto al 2004 (138.123)” : è così che il ministro Turco introduce la relazione annuale dei dati relativi all’anno 2004 sull’attuazione della legge 194 del 1978; e continua: “Il ricorso  all’interruzione volontaria della gravidanza ha subito una importante riduzione dal 1982 al 2004 di oltre il 40%”.

Ma le cose stanno proprio così? E se così fosse per merito di chi?

Il ministro a queste domande naturalmente ha già risposto facendo delle sue considerazioni, ma non è mancato chi, dei fatti protagonista, ne ha dato altra interpretazione.

Secondo la Turco il merito va tutto alla legge sull’Interruzione Volontaria della Gravidanza:“La legalizzazione sull’aborto produce il risultato più auspicabile di riduzione del ricorso all’aborto, in Italia come altrove”, sottolineando inoltre “la riduzione ai minimi termini dell’aborto clandestino”. In realtà, questa affermazione non è frutto di un attento monitoraggio sul territorio lì dove, chi lavora a stretto contatto con gli utenti, sa bene che a causa della carenza dei servizi pubblici sempre di più si ricorre all’aborto clandestino in particolare tra le donne immigrate. La Turco cita, inoltre, la diffusione della procreazione responsabile come strumento che ha contribuito non poco alla riduzione del numero degli aborti. Essa, però, è ben altro della semplice informazione sui mezzi contraccettivi che, ancora molti non sanno, nella maggior parte dei casi si tratta di dispositivi abortivi, aborti fatti in casa.

Uno studio pilota dell’Istituto superiore di Sanità, afferma il ministro, ha dimostrato che «uno o più colloqui con membri di una equipe professionalmente qualificati» ha fatto sì che «il 5% delle donne ritornava sulla sua decisione». Percentuale che, su scala nazionale, porterebbe una diminuzione di circa 6.500 aborti.  Da questo dato deriva la constatazione, ben sottolineata nella relazione, che «la mancanza di consultori familiari, l’assenza di personale» e «in generale le carenze di organico hanno ridotto le potenzialità di questi originali servizi».

In realtà, a sopperire queste mancanze sono i volontari per la vita e questo non solo al Sud, dove vengono segnalate maggiori carenze organiche. Nella nota clinica Mangiagalli di Milano, si registra da anni una collaudata esperienza di collaborazione tra il reparto di ginecologia e uno dei Centri di Aiuto alla Vita. Nel solo anno 2005, 300 donne passate dal CAV hanno deciso di non abortire. Ad offrire questa possibilità è il prof. Giorgio Pardi, dirigente del reparto Donna e Bambino. Egli è stato il primo medico ad eseguire un’interruzione della gravidanza in Italia con l’introduzione della legge 194, e pur non rinnegandola ha affermato: “Io sono un medico ateo, applico la 194 ma ritengo che l’aborto sia un omicidio e bisogna fare di tutto perché una donna possa portare a termine una gravidanza […] Per ritenere l’aborto un omicidio non serve la fede. Basta l’osservazione . Quello è un omicidio. L’aborto è un omicidio”.

Della sua disponibilità a far operare i volontari del CAV all’interno dell’ospedale così dice:“In fondo, lavoriamo entrambi per lo stesso scopo pur partendo da punti di vista distanti.”

Al di là di divisioni ideologiche e politiche, questo è il segno che solo nella comunione, pur nella diversità, tante vite hanno la possibilità di essere salvate.




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