Un’argomento che scotta…

di Giovanna Pauciulo

Il rapporto con i propri figli durante il periodo del primo amore.

Al cinema sotto le stelle dei villaggi turistici dell’estate  2006 è arrivato  il film “L’estate del mio primo bacio”, l’ultimo film del regista Carlo Virzì tratto dal romanzo “Adelmo torna da me” di Teresa Ciabatti. Protagonista della pellicola è Camilla Randone una tredicenne di buona famiglia che trascorre le vacanze estive in una villa sull’Argentario. La ragazza sente che quella sarà l’estate del suo primo bacio e fa di tutto perchè ciò si avveri. E mentre lei si macera nei patimenti amorosi a casa Randone la mamma Giovanna, che ha intanto deciso di scrivere un romanzo autobiografico, è distratta nei confronti della figlia, così come il papà Agostino, alle prese con la sua giovane amante e incapace di risolvere la sua situazione con Giovanna. In quell’estate così strana, nessuno si accorge dei primi goffi ma teneri passi da donna di Camilla.  In questa storia raccontata dal regista molti genitori non faticano a riconoscersi. Anche se per ragioni diverse da quelle indicate dal regista i figli, sempre più spesso,  crescono sotto lo sguardo disincantato dei genitori, troppo presi dalla loro vita per accompagnare i passi dei giovani figli. Eppure il capitolo dell’amore è uno di quelli che la famiglia, anzitutto i genitori, sono “costretti” a scrivere. L’affetto incondizionato dei genitori verso il figlio ad un certo punto non basta più, non è  più in grado di soddisfare il bisogno di amore che c’è nel cuore del figlio. E’ arrivata la stagione degli amori adolescenziali, che prepara il tempo dell’amore maturo.

Come comportarsi

Non è nell’adolescenza che i figli scoprono l’innamoramento. Si è legati nell’infanzia al castello della propria madre, all’universo degli affetti della propria famiglia, e si crede che non esista null’altro. E, poi, quando si è adolescenti, nella stagione dei primi amori e dei primi turbamenti, ci si accorge che il modello della nostra vita è un altro: il compagno di banco, il divo in Tv… in ogni caso un altro tu-persona.  Se i figli si aprono all’amore romantico bisogna restare accanto perché non si chiudano all’amore genitoriale.  E’ vero che il figlio reclama autonomia, compresa quella affettiva, ma lasciarli da soli, reputando che innamorarsi è spontaneo, naturale,  rispettare le loro idee e le loro scelte senza discuterle, genera estraneità reciproca. E’ preferibile il contrasto: i figli hanno bisogno anche dell’opposizione dei genitori, che può confermarli nei valori ricevuti durante l’infanzia e ora messi in discussione dalle proposte provenienti dalla società e dalla tempesta ormonale. Dice una leggenda araba che un giorno il sole e il vento si sfidarono, per vedere chi dei due sarebbe riuscito a far togliere il mantello al viandante. Il vento soffiò con tutte le sue forze, ma più soffiava e più il viandante si avvolgeva stretto nel suo mantello. Il sole emise dolcemente il suo calore ed il viandante spontaneamente si liberò di un indumento che stava diventando superfluo. C’è un sole che fa crescere la famiglia nel suo insieme e in ciascuno dei suoi componenti: l’amore. È talmente ovvio che non sentiamo mai il bisogno di parlarne. Ne parliamo talmente poco che rischiamo di lasciarlo diventare un optional. Con tutte le conseguenze che sono sotto i nostri occhi. Parliamo solo a voce bassa di quel “noi” che quotidianamente donne e uomini producono e riproducono vivendo insieme sotto lo stesso tetto, mettendo su famiglia, costruendo nel tempo percorsi di vita individuali e familiari.

L’amore come chiamata

L’esperienza dell’innamoramento avvicina i genitori ai figli. All’origine di ogni rapporto di coppia c’è l’esperienza dell’innamoramento. Una cultura superficiale sta riuscendo a banalizzare questa esperienza, riducendola ad elemento di avventura da portare nei cinema o nei romanzi rosa. Un grande servizio, che soltanto la cultura e la famiglia cristiana potrà rendere, sarà quello di aiutare a comprendere l’innamoramento come voce di un Dio che chiama un uomo e una donna a vivere insieme, con la sua benedizione, per sempre.

La stagione dell’amore dei figli è una straordinaria occasione offerta ai genitori per ritrovare le primizie dell’amore coniugale e stabilire  un dialogo tra genitori e figli in cui i genitori uniti dal sacramento del matrimonio permettono ai figli di vedere la mano di Dio nella vicenda dei loro due cuori che si sono innamorati e del loro sentimento iniziale che si è trasformato in amore.

San Giovanni Bosco, che di ragazzi se ne intendeva, ha scritto: «L’educazione è cosa del cuore […] Chi sa di essere amato, ama, e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani».

Il limite di alcuni genitori è ritenere che educare all’amore equivalga a istruire sul sesso sicuro o farsi raccontare tutto quello che fanno con il fidanzatino per poter dire la propria idea. Gli adolescenti reclamano di essere amati. Secondo gli specialisti riuniti a Firenze al IX Congresso europeo di ginecologia pediatrica e adolescenziale la prima preoccupazione delle teenagers italiane e’ quella di essere amata. “I genitori cristiani, impegnati nel compito di educare i figli all’amore, possono fare riferimento anzitutto alla consapevolezza del loro amore coniugale.” L’affettività è apertura, accoglienza e relazione con l’altro: è questa la via in cui può crescere e maturare una sessualità pienamente umana, un agire sessuale cioè che manifesta la ricchezza della persona che si dona e che vive la relazione con l’altro con l’attenzione e il rispetto dovuta alla sua dignità. E’ bene che i genitori si domandino come accompagnare i figli nel cammino dell’amore e in questo è bene essere sufficientemente liberi nei confronti dei figli dal punto di vista affettivo, per poterli servire e aiutare meglio, senza subirne i ricatti e senza asfissiarli con eccessive premure, evitando l’autoritarismo, che crea i ribelli e i pusillanimi, e il permissivismo, che crea i deboli e gli egoisti.  Il cammino dell’amore comporta “un’educazione all’amore come dono di sé”. È tutta la persona, nella totalità del suo essere, che deve acquisire la capacità oblativa. Questo cammino richiede un valido supporto educativo. Ma anche un impegno deciso di ciascuno in cui la virtù della castità dà un’impronta a tutta la personalità, nel suo comportamento sia esteriore che interiore. La regola aurea dell’educare all’amore è la testimonianza, se i genitori fanno del loro amore  una realtà autenticamente umana in cui non c’è sforzo volontaristico ma padronanza di sé che è una caratteristica evidente della maturità i figli si sentiranno amati e apprezzati, ciò permette loro di sviluppare in se stessi la fiducia di fondo verso la realtà, il rapporto con gli altri e in questo contesto rispondere adeguatamente alla chiamata all’amore lasciando che essi facciano le loro scelte immersi nell’amore del Padre celeste. In fondo il compito educativo dei genitori anche in quest’ambito dell’educazione all’affettività è quello di condurre i figli alla maturità, la quale si esprime proprio con la capacità di gestire in modo autonomo il proprio mondo affettivo. Come scrive il poeta K. Gibran “Potete dare ai figli il vostro amore, non i vostri pensieri: hanno i pensieri propri. Potete dare alloggio al loro corpo, non alla loro anima, perché l’anima loro dimora nella casa del domani, che voi non potete visitare, neanche in sogno”.




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