Scuola al bivio

di Gianni Nicolì

Non possiamo non educare. Perché? Perché quando non educhiamo…stiamo già diseducando! Se non si va avanti, non stiamo fermi, ma torniamo indietro. Con questo spirito potremmo considerare l’avvio dell’anno scolastico attuale.

La scuola vive come di fasi stagionali. Siamo all’apertura di stagione, si sta dissodando, preparando il terreno. Ogni componente scolastica: studenti, docenti, genitori, dirigenti e personale ausiliario nutrono le loro personali aspettative. Gli allievi vanno a scuola per soddisfare un loro profondo vissuto di socializzazione piuttosto che di studio; gli insegnanti si accingono ad un lavoro molto difficile e di scarsa considerazione sociale, oltre che remunerativa; i genitori non sono tutti così attenti, partecipi e disponibili a seguire la vita scolastica dei loro figli e a collaborare con la scuola; i dirigenti combattono con la burocrazia, le regole rigide e le scarse risorse e il personale ausiliario fa il possibile in questa situazione.

Non sarà certo il ministro attuale, né riuscirono i precedenti, e forse neanche i futuri, ce la faranno a sdoganare la scuola da quell’immagine di carrozzone che necessariamente deve partire, ma non si sa se arriverà. Eppure nonostante tutto: la nave va. Perché? Perché dove ci sono le persone, con il loro bene e il loro male, con i loro valori e i loro limiti, i loro bisogni formativi e spirituali succede sempre qualcosa di interessante.

Ormai tutti ci riconosciamo in forte difficoltà in questa società complessa, cosiddetta del benessere, ma forte produttrice di disagio personale e sociale. Spero sia solo un’impressione personale, ma i fatti di cronaca nera più recenti segnalateci dai mezzi di informazione indicherebbero una recrudescenza della violenza e uno scadimento dell’aggregazione sociale.

Nell’evoluzione di una società la scuola ha ricoperto sempre un ruolo pubblico fondamentale e insostituibile, secondario solo al primato educativo della famiglia. Allora in relazione alle aspettative, di cui si diceva, quali sono le novità dell’anno scolastico 2007/8?

Dal punto di vista istituzionale è stato prodotta una revisione degli indirizzi (quelli che una volta erano i programmi ministeriali) per la scuola dell’infanzia (ex materna) e del primo ciclo dell’istruzione (ex elementari e medie, queste ultime chiamate oggi secondaria di primo grado), si sta mettendo mano alle regole della partecipazione scolastica (i decreti delegati risalgono al 1974) e si è parlato molto del licenziamento dei docenti assenteisti.

Saranno solo questi i miglioramenti? Certamente no. La scuola in Italia sta attraversando un profondo mutamento istituzionale e di ruolo. La legge 59 del 97 ha regionalizzato il sistema dell’istruzione e della formazione nell’ottica dell’autonomia degli enti locali, ma sembra che questi dieci anni siano serviti solo da rodaggio.

Sostanzialmente si vuol dire questo che: se vogliamo una scuola di qualità, che rispetti le persone e che le valorizzi e le faccia crescere in tutte le loro dimensioni personali, e forse questo è il termine di educazione integrale che possiamo assumere, è necessario lo sforzo di tutti e non solo della politica, che spesso rimane sola, perché priva della partecipazione viva e critica dei cittadini. Nella scuola di oggi, come in quella di ieri, ci sono cose eccelse e cose negative, ma l’attenzione all’educare, insieme all’istruire e al socializzare, resta il criterio discriminante che dà spessore e significato ad ogni insegnamento e progetto scolastico. Quindi come affermò  Jacques Maritain: l’educazione è al bivio… è sempre al bivio!




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