Famiglia riprendi quota

di Emanuela Pandolfi

Intervista all’economista Stefano Zamagni

Stefano Zamagni, è professore ordinario di Economia politica all’Università di Bologna e presidente dell’Agenzia per le Onlus. Con lui abbiamo voluto leggere il valore della Familaris Consortio nel contesto storico in cui viviamo per capire lo spessore di questo profetico documento a distanza di 30 anni.

Alla luce di alcuni dei fenomeni macroscopici che delineano il cambiamento delle condizioni di vita delle famiglie, alcuni filoni di pensiero hanno tentato di leggerli come un inesorabile decadimento della famiglia e soprattutto come il superamento della rilevanza sociale dell’istituto del matrimonio. Secondo lei il matrimonio oggi è un retaggio del passato?
Assolutamente no, anzi il contrario. Il punto è che da parte dello stesso movimento cattolico nonostante documenti come la Familaris Consortio, non c’è stata un’elaborazione del pensiero volta na dimostrare che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio. Cosa vuol dire naturale? Innanzitutto che la famiglia viene prima dello Stato, e lo Stato deve riconoscere la famiglia ma non è lo Stato che costituisce la famiglia. Secondo me non siamo stati capaci di concretizzare e fare cultura su questo aspetto per cui è ovvio che chi ha una concezione diversa da quella cristiana pensi che la famiglia non è una società naturale ma una società creata dalla legge. A partire da quest’ultimo principio, una maggioranza politica in Parlamento può dire che famiglia è ogni forma di unione. Noi cattolici dobbiamo messere meno latitanti, dobbiamo tradurre in azioni concrete e in battaglie culturali quello che i documenti affermano.

La Familiaris Consortio insiste sul protagonismo sociale delle famiglie: “Le famiglie infatti “devono per prime adoperarsi affinché le leggi e le istituzioni non solo non offendano, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia”, diventando così protagoniste della “politica familiare” (Cf Familiaris Consortio, n. 44)”. Ci sono a suo avviso le condizioni perché questo avvenga?
Le condizioni ci sono tutte. Ma la Familaris afferma che la difesa della famiglia non può avvenire solo sul piano dei principi ma delle concretizzazioni. Ora per quanto riguarda il nostro Paese, l’Italia è la nazione che in Europa meno ha fatto per la famiglia, nonostante la retorica di turno. Spende per le politiche familiari meno di quello chespendono gli altri paesi europei, solo la Grecia spende meno di noi. Questa è la testimonianza concreta dell’ipocrisia, anche dei politici cattolici che a parole dichiarano di amare la famiglia e poi nel concreto non fanno nulla. Basti pensare che la Francia ha introdotto il quoziente familiare nel 1945, appena finita la guerra! Il primo punto è che se vogliamo che il discorso sulla famiglia venga portato avanti è necessario che le politiche familiarirestituiscano alla famiglia ciò che la famiglia produce per la società. In Italia avviene il contrario più una famiglia produce più lo Stato porta via. 

Lei da studioso cosa propone?
A mio avviso, bisogna riaffermare il principio di complementarietà all’interno della famiglia. Questo principio è negato a favore del principio di sostituibilità. Questo è un punto che mi sta molto a cuore. Il principio di sostituibilità ha finito per danneggiare la famiglia perché ha sottomesso la donna. Quando un gruppo sociale viene sottomesso, in questo caso le donne, prima o poi esplodono in forme estreme molte volte. Chi ha provocato questo? Una mentalità che ha sempre difeso l’uomo contro la donna. La dottrina della Chiesa invece ha sempre affermato che tra l’uomo e la donna ci deve essere complementarietà che vuol dire che ognuno ha bisogno dell’altro, che ognuno deve riconoscere il proprio limite. Il principio di sostituibilità ha delineato una diversità di ruoli tra l’uomo e la donna, relegando la donna in casa a fare figli. Come reazione le donne hannosmesso di fare figli e il nostro tasso di denatalità è il più basso di Europa. 

La qualità della vita di un sistema sociale è direttamente proporzionale alle condizioni di benessere complessivo della famiglia. Secondo lei su quali aspetti concreti urge un’inversione di tendenza?
Si deve partire a mio avviso da una considerazione diversa nel modo di organizzare il lavoro all’interno delle imprese. Si parla molto di conciliazione lavoro-famiglia. Io penso che questa definizione è pericolosa. Se dobbiamo pensare ad una conciliazione significa che c’è un conflitto tra il lavoro e la famiglia. Dobbiamo parlare piuttosto di armonizzazione, la famiglia non si deve adattare alle esigenze delle imprese piuttosto il contrario. Bisogna cambiare l’organizzazione dei tempi di lavoro, bisogna rispettare la sacralità della festa, bisogna cambiare il sistema fiscale. Il fattore famiglia è la proposta più intelligente che si possa fare.

Urge un cambio di mentalità come auspicato anche dalla Familiaris Consortio.
Sì, è necessaria un’operazione culturale, ciò vuol dire che bisogna cambiare la mentalità dentro e fuori la famiglia e in modo particolare nel rapporto educativo genitori- figli, dove i genitori dovrebbero educare i propri figli a saper fare bene e con responsabilità più cose.




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