Custodire la Vita

SETTIMANA DEL DIRITTO ALLA FAMIGLIA

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(Foto: ARZTSAMUI / shutterstock.com)

di Giovanna Abbagnara

Al via la seconda edizione della Settimana del Diritto alla Famiglia. Un evento nazionale e internazionale che intende stimolare l’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica sul valore della vita e sul ruolo di cura e protezione affidato alla famiglia. Famiglia che scopre la propria identità e potenzialità proprio nell’essere feconda e accogliente. La “Settimana” nasce avendo a riferimento la ricorrenza della 20a Giornata internazionale della famiglia, indetta dall’ONU il 15 maggio di ogni anno. L’edizione 2012 si aggancia inoltre a due ricorrenze speciali: il 50° della morte di Santa Gianna Beretta Molla (28 aprile 1962 - 28 aprile 2012) e il VII Incontro Mondiale delle Famiglie (30 maggio - 3 giugno 2012). L’iniziativa promossa dalla Federazione Progetto Famiglia realizzerà una maratona di eventi che da sabato 12 a domenica 20 maggio toccherà 50 comuni di 11 regioni d’Italia.

La società contemporanea ha bisogno di famiglie che generino la cultura dell’accoglienza, della comunione e della speranza; che sappiano essere fonte di una “società aperta e solidale” (Giorgio Napolitano); che sappiano ospitare la diversità e siano feconde perché capaci di consegnare ai figli i semi del futuro e le speranze del domani. Tutto questo chiede politiche coraggiose che sappiano sostenere un’idea positiva delle relazioni familiari, e delle relazioni umane in genere, sulle quali costruire la “vera società del BEN-ESSERE”. Abbiamo incontrato Marco Giordano, presidente della Federazione promotrice dell’evento per comprendere le motivazioni che sono alla base di questa iniziativa.

Marco perché lei pensa che sia necessario rilanciare la soggettività sociale della famiglia?

Perché non è ancora pienamente riconosciuta e valorizzata. La famiglia accoglie la vita, forma l’uomo, garantisce il ricambio generazionale, è il luogo in cui si sperimentano in prima istanza la gratuità, il dono reciproco, l’importanza di amare ed essere amati. Oggi più che mai la famiglia attraversa un periodo in cui si intrecciano crisi e speranze che aprono l’orizzonte a grandi sfide circa il suo ruolo per l’umanità intera. Importante in tal senso la scelta dell’ONU di indire la Giornata Internazionale della Famiglia, giunta nel 2012 alla 20a edizione.

Perché quest’anno avete scelto come tema principale: “custodire la vita”?

La prima e fondamentale sfida per la famiglia è quella della vita. Una sfida che negli ultimi anni è divenuta sempre più vasta e determinante, in particolare rispetto all’inizio vita, quando l’essere umano è più debole ed indifeso e ha bisogno perciò di maggiore protezione e tutela. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno sarebbero praticati nel mondo circa 53milioni di aborti (110mila in Italia), ai quali vanno aggiunti quelli derivanti dagli aborti illegali, dalla cosiddetta contraccezione d’emergenza e, negli ultimi anni, dall’utilizzo della RU486. Una cifra così grande dovrebbe interrogare tutti, specie se abbinata al drammatico declino demografico dell’Italia e degli altri Paesi Occidentali, al di là delle posizioni personali nei confronti dell’aborto e del dibattito internazionale sul quando cominci e finisca la vita umana. Il dato significativo che oltre il 50% delle donne in procinto di abortire abbiano deciso di portare avanti la gravidanza dopo un colloquio con un volontario dei Centri di Aiuto alla Vita, obbliga ad una seria riflessione. Cosa si fa in Italia per promuovere questi “rimedi efficaci”, segno che la solidarietà spesso è capace di vincere ogni solitudine? È una sfida epocale in cui la famiglia è invitata a vedere il figlio non come un prodotto delle proprie azioni o un bene privato ma come un dono ricevuto e un bene sociale.

Avete scelto di unire questo evento alla testimonianza di santa Gianna Beretta Molla, nell’anno in cui si ricorda il cinquantesimo dalla sua morte.

Sì, Gianna Beretta Molla è la prima di una schiera di genitori che vivono con straordinaria dedizione l’ordinario impegno di cura ed educazione dei figli. Era una giovane pediatra milanese, sposa e madre di quattro figli che, per dare alla luce l’ultima figlia non esitò a dare la propria vita. È stata proclamata santa nel 2004 da Giovanni Paolo II. Penso che la sua testimonianza sia più eloquente di tante parole.

Non crede che le famiglie temono di aprirsi alla vita per l’incalzare della povertà economica?

Sì, negli ultimi anni la povertà economica emerge come una delle variabili che maggiormente caricano di rischi e difficoltà le famiglie italiane. Fino a qualche anno fa si riteneva ci fosse da occuparsi solo dei bisogni post-materialistici: esigenze relazionali, difficoltà culturali, problemi di integrazione sociale. Oggi numerosi enti caritativo-assistenziali, ed anche alcuni servizi pubblici, hanno ricominciato a distribuire i cosiddetti pacchi alimentari, segno della connotazione assistenzialistico-emergenziale del welfare italiano, spesso incapace di promuovere realmente l’autosufficienza e la dignità delle persone. In questo scenario diviene insostenibile il carico economico connesso alla cura dei figli, tant’è che circa il 33% delle famiglie con tre o più figli sono al di sotto della soglia di povertà. Il fattore economico incide sempre più nella scelta di contenere il numero dei figli, anche tramite il ricorso all’aborto (praticato nel 47% dei casi per problemi di natura economica).

Lei parla spesso di reti familiari come una miniera d’oro su cui nessuno investe.

Da anni numerose sperimentazioni, di diversa impostazione e natura, testimoniano quanto sia proficua e promettente l’esperienza delle reti familiari, cioè di quei contesti informali in cui si sviluppano legami di mutua solidarietà tra famiglie. “Mettersi insieme” per una stessa scommessa, condividere difficoltà e soluzioni, attuare relazioni di auto-aiuto, trovare forza nel rapporto con gli altri e donare forza agli altri. Le reti familiari, con il loro dinamismo interno, favoriscono un processo di “solidarity capacity building”, cioè di potenziamento della capacità solidale delle comunità locali. Capacità solidale che, in modo efficace e sostenibile, può e deve sempre più affiancare l’operato tecnico dei servizi, nella costruzione di contesti in cui il disagio familiare e minorile sia prevenuto e superato. Mancano tuttavia adeguate politiche che investano su tale “miniera d’oro” promuovendone la nascita e il consolidamento. Occorre sviluppare percorsi che favoriscano occasioni e possibilità di incontro e conciliazione di tempi e relazioni, di confronto, di accompagnamento e sostegno, di presenza, di partecipazione, di proposta, di sensibilizzazione del territorio.




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