L’aborto fa male anche alla mamma

di Gianni Mussini

Diceva il filosofo Luigi Lombardi Vallauri che il motivo profondo che spinge all’aborto molte donne normali, non premute da urgenze economiche, psicologiche, sociali, familiari, è la «paura del grande».

Nel nostro mondo borghese dove tutto è prevedibilmente prevedibile e dove tutto – sessualità compresa – si ripete all’infinito secondo i rassicuranti ritmi del consumismo, un bambino imprevisto è un avvenimento che può stordire di felicità come di angosciosa trepidazione: «Perché proprio nella mia pancia? Ho paura di questa bellezza che invade e scompagina il mio territorio…» Paura del grande, appunto: come quel calciatore che tira l’ultimo rigore nella finale dei Mondiali, e lo sbaglia perché non regge allo stupore.

Un bel libro a tre voci, curato da nomi importanti nel panorama prolife italiano come gli psicologi Tonino Cantelmi e Cristina Cacace, cui si aggiunge la giurista Elisabetta Pittino, tratta appunto della sindrome che attanaglia le donne che abortiscono (Maternità interrotte. Le conseguenze psichiche dell’interruzione volontaria di gravidanza, Edizioni San Paolo). Il volume spiega, anche con efficaci testimonianze, come spesso l’aborto, in apparenza la strada più semplice, finisca invece per precipitare la madre nella depressione e addirittura «nel buio più profondo», come si legge in una testimonianza. Ma se è vero che una donna che abortisce “muore” con il suo bambino, è anche vero – e il libro lo illustra con esempi commoventi – che, continuando la gravidanza, finisce invece per “nascere” insieme al figlio (e naturalmente anche al padre, coinvolto in questa straordinaria avventura).

Non è però un libro di buoni sentimenti, tanto meno un libro a tesi. Piuttosto, è un saggio di ricerca e documentazione: gli autori non hanno la verità in tasca ma la raggiungono e rivelano a poco a poco attraverso lo strumento privilegiato della ragione. Un libro molto laico, dunque, e perciò cristianissimo. Da leggere e far fruttare.




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