Giovani sposi, felici e feriti

di Silvio Longobardi

“Nella gioia e nel dolore ”, hanno detto nel giorno delle nozze. Nel 2008. Più che un cammino, la loro esistenza coniugale è apparsa fin dall’inizio come una faticosa salita.

Maria Letizia, la prima bambina, muore mezz’ora dopo la nascita. Affetta da anencefalia, dice il referto medico. Per loro è un angelo inviato da Dio. Per questo non hanno esitato a portare avanti la gravidanza, pur sapendo che avrebbero potuto tenerla in braccia per pochi minuti. Accettano ancora la sfida della vita. Anche la seconda gravidanza presenta problemi non minori della prima. Anzi. Nasce Davide. Appena il tempo di stringerlo tra le braccia per poi consegnarlo agli angeli. La Provvidenza dona un altro bambino, questa volta va tutto bene. Per lui. La mamma invece scopre di avere un tumore. Siamo al quinto mese di gravidanza. Prima di tutto il bambino. Nessuna cura fino alla nascita. Poi la lotta impari contro il drago: e mentre i farmaci risultano incapaci di arrestare il male, la preghiera aiuta Chiara ed Enrico a fare passi da gigante. Mano nella mano. Giovanni Paolo II ha insegnato loro a non aver paura. E loro avanzano senza mai smarrire la speranza.

Neppure ora che Chiara ha concluso la sua esistenza. Quattro anni di prove che avrebbero annientato tanti altri, più adulti e svezzati nella fede. Loro no. Feriti nella carne ma felici nello spirito. Sono andati incontro alla morte con la gioia di chi attende lo Sposo. “Da soli non ce la potevamo fare”, confessa Enrico in un messaggio scritto alla moglie. Ha ragione, è la presenza di Dio che fa la differenza e dona ad una coppia di giovani sposi, pieni di sogni, come un campo risorto a primavera, di vivere la drammatica via crucis della vita come una stupenda via lucis. La morte per loro non è un limen, un confine invalicabile, un muro contro il quale scontrarsi ma un lumen, una luce, la porta che introduce nel mistero.

Chiara ed Enrico sono testimoni di una nuova generazione di credenti che vive la fede in un mondo dove Dio sembra assente. A sentire i media altri sono i problemi da affrontare, altre le cause da rimuovere. “Se Dio non c’è, tu, uomo, davvero potrai esserci?”, disse Giovanni Paolo II ad una sterminata folla di giovani riuniti a Czestochowa per la GMG. Dal cuore di una Nazione che aveva saputo custodire la fede nella prova della persecuzione, Papa Wojtyla lanciava una sfida alle nuove generazioni. Fare a meno di Dio vuol dire rinunciare ai grandi ideali. Chiara ed Enrico non c’erano a Czestochowa. Ma hanno partecipato alla GMG romana, quella in cui il vecchio e indomito Papa polacco invitava i giovani a non arrendersi alla mediocrità. Loro hanno accolto quelle parole. A Milano sono giunti da ogni parte del mondo per testimoniare che la famiglia è un valore essenziale che appartiene al patrimonio dell’umanità.

In quegli stessi giorni, a Roma, una giovane coppia affrontava l’ultima e decisiva battaglia. La loro vicenda è diventata un’icona eloquente della forza che l’amore assume quando è rivestito di fede. Di questo amore, fedele nella prova, ha bisogno la società contemporanea se non vuole restare nella palude della mediocrità.




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