diocesi

Famiglia , via della Chiesa

Ferrara Comacchio

(© ndphoto - Shutterstock.com)

di Ida Giangrande

Intervista a S.E.Mons. Luigi Negri, Arcivescovo di Ferrara-Comacchio.

Non crede che il dibattito sulla famiglia oggi in ambito ecclesiale sia eccessivamente concentrato sulla comunione sì o no ai divorziati trascurando l’accompagnamento delle coppie, in modo particolare delle giovani coppie?

Ritengo che la concentrazione quasi esclusiva, soprattutto da parte dei mezzi di comunicazione e, ahimè, in seguito a qualche intervento all’interno della Chiesa stessa su un problema delicato come quello della comunione ai divorziati e risposati, rischia di nascondere una questione più grande, ossia quella che ha determinato da sempre il contenuto fondamentale dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia: la riscoperta della sua identità ecclesiale. Questa riscoperta rende, infatti, la famiglia fattore vivo all’interno della Chiesa e le affida la grande responsabilità della missione: la generazione di uomini nuovi e l’educazione cristiana dei figli. Mi auguro, e spero, che questa accanita e ossessiva propaganda, da parte di coloro che hanno un’ideologia da sostenere contro tutto e contro tutti, non alteri l’immagine e lo svolgimento del Sinodo.

Quali sono le principali sfide e difficoltà connesse alla vita familiare e i suoi eventuali aspetti critici nel territorio diocesano?
Credo che le sfide e le difficoltà si concentrino sostanzialmente in una: il prevalere quasi incondizionato di una mentalità laicista, borghese, consumistica e istintiva, anche nella coscienza e nel cuore di tante coppie cattoliche. Il matrimonio è pensato e addirittura scelto, si potrebbe dire, non secondo la logica della fede ma secondo la logica della convenienza umana.
Siccome non esiste, in un mondo come il nostro, la convenienza umana circa una realtà di gratuità, di dedizione e di corresponsabilità come quella della famiglia, è evidente che la si attacchi nelle sue radici profonde. Una mentalità non cattolica cerca di farle da padrona. Secondo l’acutissima e drammatica profezia di Paolo VI, ci sarebbe stato un momento in cui il pensiero non cattolico avrebbe preteso di dare una interpretazione autentica del cattolicesimo. Questa sfida, che è una sfida di differenti mentalità, la si raccoglie soltanto assumendo fino in fondo la responsabilità e il compito di rieducare le famiglie, o almeno le famiglie che intendono radicare la loro esistenza nel sacramento, per comprendere il mistero cristiano che le costituisce e la loro conseguente responsabilità.

Il 27 aprile è stato canonizzato Giovanni Paolo II, tra i tanti appellativi noi lo vogliamo ricordare in modo particolare come il “Papa della Famiglia”. Qual è il suo personale ricordo?
Custodisco nel mio cuore una profonda gratitudine per il documento Familiaris Consortio e per la Lettera alle famiglie (1994) in cui risulta evidente che la famiglia era concepita e curata da Giovanni Paolo II come “la via della Chiesa” da cui, alla fine, dipendeva la stessa consistenza e la stessa verità dell’intera realtà ecclesiale.




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