Matrimonio

Porto ancora la fede al dito

(@ Valentina Razumova - Shutterstock.com)

di Emanuela Pandolfi

Papa Francesco subito dopo la conclusione del Sinodo, parlando al Movimento de Schoenstatt ha parlato di attacco alla famiglia “Penso che la famiglia cristiana, la famiglia, il matrimonio, non siano mai stati così attaccati come avviene ora. Attaccati direttamente o attaccati di fatto. Forse mi sbaglio. Gli storici della Chiesa ci sapranno dire, però la famiglia è colpita, attaccata, la famiglia è, a dir poco, imbastardita, quasi fosse una forma come un’altra di associazione...”. Un discorso quasi completamente ignorato dai media.

“Quante famiglie sono ferite, quanti matrimoni sfasciati, quanto relativismo nella concezione del Sacramento del Matrimonio” ha aggiunto il Santo Padre, ricordando il periodo del suo ministero a Buenos Aires. Una ferita, quella della separazione che ha diverse angolature.
Sono rientrata a casa turbata. Avevo un senso di irrequietezza, come se qualcuno mi avesse detto che la bella casa che sto costruendo sulla roccia comunque potrebbe non essere al sicuro. Che la pioggia e il vento potrebbero ugualmente spazzare via tutto. Poi presto si è fatto spazio nella mente il pensiero che il Signore in ogni circostanza davvero dona una forza che non possiamo immaginare, né misurare, e che ci aiuta ad affrontare tutto. È questo il turbinio di emozioni che mi ha donato l’incontro con Elena, donna forte, fedele, coraggiosa, amante della vita e divorziata. Mi ha accolto nella sua casa, nel nido che con silenzioso amore prova a tenere caldo per accogliere sempre i suoi figli. Non si lascia andare facilmente a confidenze, gelosa del tanto amore che ha vissuto, avvalorato da quella fede che porta ancora con consapevolezza all’anulare. Come se si fidasse di me inizia a raccontarmi la sua storia.
Per gli altri potrebbe essere una storia d’amore forse come tante, ma per me unica, nata nel lontano 1977. Giovani, innamorati con tanti progetti, dopo cinque anni di fidanzamento avevamo un unico obiettivo: formare una famiglia cristiana.
La garanzia di ciò era scegliere Dio e metterlo al primo posto. Fu così per entrambi. La scoperta dell’Ideale di Chiara Lubich e poi l’appartenenza al Movimento dei Focolari, ci portò a vivere intensamente per quindici anni un bel rapporto di coppia, basato sul dialogo fecondo, sul rispetto e sulla voglia di stare insieme. L’esperienza di intesa ci conduceva ogni giorno alla completezza umana, nella bellezza del matrimonio nacquero due figlie.
Come un fulmine a ciel sereno, iniziò un breve periodo di riflessione-sospensione, detto comunemente crisi coniugale ed infine la separazione.
Chi vive la separazione sperimenta: il rifiuto, l’abbandono, la tristezza, il fallimento, la malinconia, l’errore, la vergogna, lo smarrimento, la paura, la spersonalizzazione. Ciascuna di queste sensazioni si insinuano nel cuore e ti senti derubata di qualcosa, fino a che ti accorgi che ti hanno rubato l’Amore. Quell’Amore a cui tu hai creduto e che hai costruito giorno per giorno con la consapevolezza che l’altro è con te, vuole le stesse cose. Insieme si vive e si progetta il futuro. Poi l’amarezza e la sofferenza di non aver più la possibilità di condividere “la Vita” con la persona amata. Sembrava un sogno, ma era la realtà. Era la mia realtà.
Ero a un bivio: lasciarsi vivere, con il rischio di rimanere schiacciati dai sentimenti e dagli eventi; oppure vivere la Vita, la mia Vita, così come si presentava, da quel momento in poi. Io scelsi questa. Con grinta, con fiducia, con le forze che avevo, nel rispetto verso l’altro (cercando di evitare giudizi e pregiudizi soprattutto alla presenza dei figli), nell’attesa, ma con la consapevolezza anche di un non ritorno. Dio ci ha creati liberi, liberi anche di peccare; e mi dicevo chi sono io per pretendere dall’altro? Poi una risposta: ognuno risponde delle proprie azioni e delle proprie responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini.
Vivere la Vita per me è stato tutelare i figli, cioè preservarli, per quanto possibile, da tutto ciò che naturalmente si verificava. Ma più di tutto testimoniare con la vita, non con le parole. Giorno per giorno, condividendo con loro le ansie, le sospensioni, le gioie del loro crescere cercando di trasmettere tranquillità, sicurezza e anche la bellezza del matrimonio. Per loro non fu difficile, il nostro esempio di coppia era ancora vivo. Per me, invece, fu un nuovo equilibrio nel ricordo, cercando di rinnovare la sacralità del matrimonio anche in assenza dell’altro.
Vivere la Vita è stato accettarmi. Ricordo che spesso mi tornava alla mente una frase: “Il passato è ormai passato, non ti appartiene più. Il futuro non lo conosci (e pensarlo mi metteva angoscia), rimane solo il presente”. Fu proprio la tensione a vivere il presente, e ancor più l’attimo presente, a salvaguardare la mia mente in quanto mi portava ad uscire fuori dal mio problema per cercare di valorizzare il positivo di chi mi passava accanto.
Vivere la Vita è stato saper restare in piedi da sola. Non appoggiarsi agli altri per poter andare avanti, non far dipendere la propria vita dalla loro stima e dalla loro benevolenza, ma saper vivere la solitudine, anche se questo non significa non aver bisogno di altri. Saper vivere la propria solitudine non è ripiegarsi su se stessi, non significa nascondere a se stessi i lati bui della propria personalità, i propri fallimenti, ma piuttosto saperli riconoscere e avere la consapevolezza che anche dal buio più nero può venire fuori la luce del credo.
Sono così trascorsi gli anni. Ricordo che spesso mi ritrovavo a guardare la foto di Gesù in Croce e a pensare a Maria ai suoi piedi. Sono stati e continuano ad essere gli amici cari del mio viaggio. Riconosco in Gesù Crocifisso un Dio così vicino all’uomo e in Lui ogni dolore fisico, morale o spirituale. E che dire di Maria, in Lei il modello per la capacità di stare in piedi da sola, la donna vera, la donna equilibrata. Colei che crede, spera e ama.
Un grazie a Dio per avermi dato l’occasione di conoscere un vero Ideale cristiano, di poterlo scegliere, vivere e sperimentarne i frutti. Un grazie a Dio per i santi sacerdoti che ha posto lungo il mio cammino, attraverso i quali ho sentito forte la presenza del Risorto.
È proprio questa vita che ti fa sentire pienamente realizzata e ti permette di crescere come persona.




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1 risposta su “Porto ancora la fede al dito”

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