la RECENSIONE

Stanno tutti bene

di Simona Parigi

Regia: KIRK JONES - Anno: 2009

Remake dell’omonimo film italiano diretto da Tornatore all’inizio degli anni novanta, la pellicola narra le vicende della famiglia Goode. Il padre Frank (Robert De Niro) è rimasto vedovo da poco e il funerale della moglie è stato per lui l’ultima occasione per rivedere i suoi quattro figli ormai grandi e trasferitisi ognuno in una parte diversa dell’America. Dopo otto mesi dal triste evento Frank li invita tutti a casa sua. Entusiasta di rivederli tutti, si dà da fare per mettere a posto il giardino e predisporre un ottimo pranzo per i suoi “ragazzi”. La macchina da presa accompagna Frank nella preparazione di questo momento: falcia l’erba del prato, prepara il tavolo in giardino, riempie d’acqua una piccola piscina gonfiabile e va a fare la spesa cercando i prodotti migliori per far bella impressione sui figli. Appena tornato dalla spesa, però, riceve ad una ad una le telefonate di tutti i figli che, chi per un motivo chi per un altro, declinano l’invito del padre rimandandolo a data da destinarsi.
Frank intristito dal mancato arrivo dei figli, decide di far loro una sorpresa e di andare a trovarli per assicurarsi che la loro vita proceda al meglio. Dal medico a cui si rivolge per sapere se può affrontare dei viaggi così lunghi, scopre di essere ammalato di fibrosi polmonare a causa delle polveri di PVC che ha respirato per molti anni quando lavorava per una ditta che rivestiva i cavi elettrici e telefonici. Nonostante il parere contrario del medico, Frank decide di partire lo stesso. Si dirige così a New York dove vive David, il figlio più piccolo, ma arrivato davanti al suo appartamento non trova nessuno ad aprirgli. Dopo la nottata passata all’aperto ad aspettarlo senza successo, si dà per vinto e lascia sotto la sua porta una delle quattro lettere che aveva preparato per ognuno dei quattro figli.
Nell’attesa notturna Frank ha più volte la visione di David che attraversa la strada e va verso di lui, ma la sua visione non corrisponde al David trentenne, bensì al ricordo che di lui conserva: un bimbo sorridente di otto-nove anni che gli parla confessandogli che da grande vuole fare il pittore. Risoluto a non scoraggiarsi parte alla volta di Chicago dove abita la figlia Amy (Kate Beckinsale) con la famiglia. L’effetto e l’affetto che l’uomo si aspetta di ricevere al suo arrivo non è quello effettivamente corrisposto dalla figlia che, più che sorpresa dall’improvvisata dal padre, è preoccupata e a disagio.
Frank inizia a capire che il rapporto che aveva con i suoi figli si fondava sulla moglie defunta: era lei che manteneva le comunicazioni con i figli e riferiva le novità al marito. Il suo più grande desiderio è quindi ora di accertarsi che i suoi figli stiano tutti bene, come la maggior parte delle volte gli riferiva la moglie, e che siano realmente felici.
Le sue certezze però iniziano a vacillare quando vede i freddi rapporti che intercorrono tra Amy e il marito Jeff o quando arrivato a Denver scopre che suo figlio Robert (Sam Rockwell) invece di dirigere un’orchestra sinfonica come aveva sempre creduto, è un semplice percussionista, o a casa di Rosie (Drew Barrymore) dove scopre che quest’ultima ha una figlia, ma né lei né la moglie gliel’avevano mai detto.
Il suo castello di carte crolla miseramente schiacciato dalla delusione di scoprire che il suo desiderio di riscatto sociale, riversato inconsciamente sui figli, li ha caricati di aspettative troppo ingombranti e li ha portati a indossare maschere pur di non deludere il padre.
Sull’aereo di ritorno a casa, vinto dai rimproveri a se stesso per non essere stato un buon padre, si sente male e viene ricoverato in ospedale dove tutti i figli, tranne David accorrono al suo capezzale. La resa dei conti è più amara di quanto ci si aspetti. Il livello onirico si mescola alla realtà e le visioni di Robert, Rosie ed Amy bambini finalmente trovano il coraggio di rivelare al padre quello che gli adulti non erano riusciti a fare. Al suo risveglio la delusione ha il suo apice nello scoprire che il figlio David è in realtà morto per overdose.
Nonostante l’amarezza che il film porta in sé, la storia lascia intravedere uno spiraglio di speranza nel suo finale. Frank e i figli si ritroveranno a Natale tutti alla stessa tavola proprio come chiedeva il padre nella lettera consegnata ad ognuno dei suoi “ragazzi”. Una vera famiglia che malgrado le proprie debolezze e i propri errori ama stare insieme e si accetta per come realmente è.




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