Dipendenze

Non è una ragazzata

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di Peppe Iannicelli

L’alcool è la principale causa di mortalità tra i giovanissimi. Sia direttamente per le gravi conseguenze sull’organismo in formazione che talvolta diventano letali, sia indirettamente per gli incidenti provocati dall’alcool sulle strade, nelle scuole, nelle famiglie. L’alcool è mortale eppure in Italia viene venduto e servito – in bottiglia o sfuso – senza nessun ritegno da parte di gestori assassini. E senza neanche controlli troppo incisivi da parte delle forze dell’ordine.

Stati Uniti, libertà e repressione. Sono stato di recente negli Stati Uniti d’America dove l’alcolismo giovanile è pienamente considerato un problema di salute pubblica, di ordine sociale, di repressione criminale. Ero in coda alla cassa di una Farmacy a New York (una specie di supermercato) ed il cassiere – facendo spazientire invero tutti noi che eravamo in coda – pretendeva di controllare i documenti di tutti i giovani che tentavano di acquistare birra ed altri alcolici quando aveva il sospetto che non avessero compiuti gli anni previsti dalla legge per tale compravendita. È stato noioso attendere dieci minuti per completare i miei acquisti; ma mi sono rallegrato che nel Paese che della libertà individuale ha fatto la sua bandiera e simbolo ci sia una legge tanto severa e soprattutto tanto applicata. Ma perché proibire ad un adolescente di bere dell’alcool? Perché negare questo piacere se l’imberbe riesce a bere senza ubriacarsi e senza fare danno? Ci sono ottime ragioni scientifiche, sociali e culturali. Anche se purtroppo poco propagandate grazie alla potente lobby industriale dell’alcool favorita anche dagli interessi dello Stato che sugli alcolici ricava tasse imponenti.

La scienza dice: niente alcool ai giovanissimi. L’alcool ai giovanissimi fa male perché compromette il regolare ed armonico processo di sviluppo fisico e psicologico. Autorevoli studi scientifici confermano questa affermazione documentando i danni neurologici prodotti dall’assunzione (si badi bene, parlo di assunzione e non di abuso) di alcool tra gli adolescenti. Danni irrimediabili che possono nei casi più gravi condurre alla morte o all’insorgenza di gravi patologie invalidanti. Consentire agli adolescenti di bere alcool è come metterli alla guida di una vettura di grossa cilindrata e farli schizzare a tutta velocità nel traffico cittadino. Perché per guidare un’auto ci vuole la patente, per votare bisogna avere compiuto la maggiore età e per bere alcool non c’è la stessa attenzione preventiva? Abbiamo più a cuore la circolazione stradale della salute dei nostri ragazzi?

L’alcool non è divertente. Esiste poi una matrice culturale del drammatico problema. L’alcool è associato al divertimento. Si tenta di convincere i ragazzi che senza alcool è impossibile che una festa abbia successo, che una serata non sia giusta e divertente senza “spaccarsi la testa” (espressione gergale molto in uso), che senza alcool non si riuscirà ad esser brillanti e simpatici. Purtroppo tale demoniaca falsità è propagandata anche da discutibili personaggi del mondo dello spettacolo che addirittura associano l’alcool e le droghe alla creatività. Delle canzoni e delle esibizioni di costoro che puzzano d’alcool e droga faremmo volentieri a meno ma questi modelli subdoli generano consenso in menti ancora deboli e per questo facilmente fascinabili. Sono stato giovane e ragazzo anche io seppur in tempi lontani. Mi piaceva divertirmi con i miei amici e le mie amiche. Anzi, quando si usciva in comitiva, lo scopo principale era proprio quello di conoscere la ragazza che ci faceva battere il cuore. Ed io volevo corteggiarla con tutta la mente e l’entusiasmo senza bisogno di stringere tra le mani una bottiglia di birra. Anche perché non so bene cosa possa farsene un ragazzo o una ragazza di un pretendente ubriaco fradicio come capita di vederne tanti per le nostre strade. Sarei felice che le star dello spettacolo propagandassero tra i giovani un modello di divertimento ecologico in armonia con se stessi e gli altri per scatenare a pieno nella musica, nel ballo, nello sport, nella conversazione, nel corteggiamento la carica degli anni più belli.

Tanto bevono tutti. Esiste infine un aspetto sociale del problema. In alcune famiglie, nonostante provate dalla drammatica esperienza di un congiunto alcolista, si incitano persino i bambini a bere del vino. “Fa buon sangue”, “aiuta a crescere”. E quando capita che il ragazzino torni a casa ubriaco o peggio i genitori devono accorrere in ospedale per un coma etilico del pargolo, si tende a giustificare: “È una ragazzata, lo fanno tutti a questa età”. Non è vero per nulla. Questa sbronza è una drammatica richiesta di aiuto. In quella famiglia evidentemente non mancano il telefonino ultimo modello ed i soldi per il bancone dell’alcool ma in fondo al bicchiere c’è tanta solitudine, tanta disperazione, tanta vita priva di senso, speranza e significato. Contro l’alcool bisogna dichiarare guerra aperta, senza titubanza alcuna. Se si pensa, e ritengo sia giusto, punire chi fuma nella propria autovettura con a bordo i propri figli o altri bambini non vedo perché non si possa esser altrettanto drastici verso genitori, gestori di bar, cassieri di supermercati, divetti mediatici vari che nei vari livelli di responsabilità analizzati contribuiscono ad esporre le nuove generazioni ad un rischio mortale.

Adulti, bevitori consapevoli. Non ci possono esser incertezze e titubanze. Si è perso fino ad oggi troppo tempo e soprattutto si sono perse tante giovani vite ed altrettante saranno per sempre segnate nella mente e nel corpo dal bicchiere velenoso. Il consumo di alcool richiede un’età adulta e la giusta maturità. Ci vorrebbe una patente da sottoporre a verifica periodica per tutti coloro che amano concedersi un bicchiere alcolico che sia di vino, di birra, di cognac. Dopo i quarantacinque anni ho scoperto il piacere di sorseggiare con moderazione un buon vino e qualche distillato di alta qualità. Ho frequentato anche dei corsi perché mi piace capire cosa bevo, da dove viene, chi e come l’ha prodotto. Adulti che bevono con consapevolezza sono i migliori educatori dei giovani e giovanissimi. So quanto ci vuole per produrre un prodotto di qualità e mi chiedo cosa vendano quei delinquenti che distribuiscono shottini ( la parola inglese vuol dire colpo) a solo un euro. Altro che happy hour. Ma possibile che nessuna autorità sanitaria ritenga di analizzare questi intrugli mortiferi?

 

 




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1 risposta su “Non è una ragazzata”

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