In cammino

Ciò che il fidanzamento non è

di Mariarosaria Petti

Avete mai preso tra le mani un codice civile? I giuristi sono furbi, quando non sanno definire un istituto lo descrivono in negativo. Dicono ciò che quell’articolo di legge non è. Ci provo anche io, definendo ciò che il fidanzamento non è.

Rannicchiata sul divano a singhiozzare, trent’anni odiati in ogni goccia che scende e riga il viso. Per giorni ho assistito a questa scena, davanti ai miei occhi increduli quelli gonfi di lacrime di una mia amica. Dopo cinque anni di “fidanzamento”, una sera qualunque e durante uno fra tanti discorsi, il suo ragazzo l’aveva lasciata. Così. Un ritornello che aveva già sentito in passato: «Non sento più quello che provavo all’inizio». E lei distrutta, l’anima lacerata, il corpo debole e quei capelli nero corvino belli e lucidi appassiti intorno al volto triste. Contava le promesse infrante e i sogni calpestati. Quella data delle nozze che a più riprese provava a stabilire con lui e sempre rimandata, le case da comprare viste insieme e mai giuste. L’abito bianco immaginato sgualcito dal dolore. Era tutto chiaro: solo scuse per non accettare quel passaggio dall’io al noi.

Perché inaugurare un spazio dedicato al fidanzamento con una storia di rottura?

Avete mai preso tra le mani un codice civile? I giuristi sono furbi come poche persone al mondo, quando non sanno definire un istituto o un reato, lo descrivono in negativo. Dicono ciò che quell’articolo di legge non è. Ci provo anche io, definendo dal principio ciò che il fidanzamento non è.

Il fidanzamento non è uno spazio in cui c’è posto per la logica possesso-inerzia. Succede a volte che in una coppia l’uno assolutizzi la relazione e copra le mancanze dell’altro. Il partner diventa tutto il nostro mondo, le sue passioni diventano le nostre, desideriamo modellare la nostra identità sulla sua. Siamo attaccati a noi stessi e impauriti e nell’altro che ci sfugge cerchiamo rifugio e sicurezza. Ma l’amore oppone al possesso la ricerca, il cammino esigente di due persone legate da una scintilla iniziale che desiderano spogliarsi delle fragilità, delle debolezze, dei limiti individuali per imparare a vivere la sfida del noi, ciascuno con il proprio modo di essere. “Che cosa è infatti alla fine dei conti l’amore? È il permettere all’altro di essere altro, concedendo a noi di essere noi stessi. Senza finzioni, senza maschere, senza assoggettamenti alle altrui richieste o alle richieste che inconsapevolmente imponiamo agli altri. Puoi essere te stesso. Posso essere me stesso. Possiamo finalmente incontrarci nella verità di noi stessi” (A. Matteo).

Il fidanzamento non è un impegno a tempo perso. Non è una comodità in attesa che nella vita mi arrivi altro o altri. È un tempo orientato, ha la sua stella polare da inseguire e conquistare, quell’America che lavori precari e instabilità economiche fanno sembrare lontanissima. Un cammino verso il matrimonio, durante il quale conoscere meglio se stessi con gli occhiali dell’altro e scoprire il ritmo di un passo a due nella danza della vita. Non ci sono istruzioni per l’uso, abbiamo solo un comandamento antico e sempre nuovo, quello dell’amore “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Non è un ordine: “Se la legge delimita lo spazio oltre il quale non si può andare, il comandamento apre lo spazio di un compito che è anche un’offerta, è un ordine che mette ordine, indica qualcosa da costruire o da custodire ma che ti rende appunto costruttore e custode” (Ibidem).

Il fidanzamento non è una lavatrice con la garanzia. Quando ci mettiamo in cammino, accettiamo ogni giorno il rischio che comporta quella relazione. Non abbiamo dall’inizio la certezza che tutto filerà liscio. Ci saranno ostacoli e incomprensioni, litigi e discussioni, barriere e difficoltà. Non si cresce che nella prova. Non possiamo rinascere se non anneghiamo quel qualcosa di noi di troppo. E in questa scommessa abbiamo solo due luci. Lo scintillio degli occhi della persona di cui ci siamo innamorati, e una di benedizione, che viene da più in alto e dice-bene di noi, della nostra coppia. Solo così “Amato, posso amarmi e amare”.




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7 risposte su “Ciò che il fidanzamento non è”

Amato, posso amarmi e amare è la sintesi e credo, che valga in tutti settori della vita.
Se troviamo la forza di meditare su quanto detto sopra, il cammino della vita sarà meno faticoso.

Oggi, il periodo del fidanzamento è molto dverso da quello di 30/40 anni fa. Per fortuna, oggi la coppia ha modo di conoscersi bene prima di arrivare al matrimonio, ci si può incontrare in qualsiasi ora del giorno , non ci sono tabù, si fanno viaggi insieme e anche l’intimità non è un problema.
Questo però a volte può essere un ostacolo.
Molti arrivano al matrimonio già “stanchi ” , solo perché è un’altra tappa del percorso e, alla prima delle tante prove che esso presenterà, crollano e abbandonano. Il peso delle responsabilità è più forte del piacere di scoprire cosa sia possibile creare insieme.
Perciò io dico, come in tutte le cose, moderazione: lasciamoci sempre un margine …..

Il primo punto credo sia il fulcro di tutto: la libertà di essere se stessi ed essere amati per questo! Non si può fingere in amore!

Ho vissuto 10 anni di fidanzamento prima di sposarmi e non mi sono sembrati affatto lunghi… il fidanzamento è un percorso, una tappa per imparare a conoscere l’altro e per capire soprattutto se quella è la persona giusta per le tappe successive: il matrimonio è la famiglia. Credo che non sia difficile costruire la casa sulla roccia se alle spalle c’è un solido fidanzamento.

Il rapporto a due nn dipende dall’istituto che lo etichetta, fidanzamento, convivenza, matrimonio, l’unico comune denominatore è L’AMORE, che nn è un elemento statico ma in continua evoluzione è il primo figlio e come tale cresce e da problemi diversi a seconda della sua etá . Il problem siamo noi che nn siamo pronti a crescere e cambiare con lui xke troppo presi da quelli della vita, e si finisce di dimenticarci del xke si sta insieme

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