Bioetica
Non toccate quell’embrione

di Gabriele Soliani
Dal 1990, cioè da quando Londra ha cominciato a contarli, più di due milioni sono stati gli embrioni prodotti in Inghilterra per la fecondazione assistita e poi andati distrutti, perché inutilizzati. Per la precisione 2.053.656.
Nel solo 2014 sono stati almeno 170mila gli embrioni distrutti in Inghilterra. E pensare che la legge britannica riconosce che la vita umana comincia con il concepimento. I dati sono stati resi pubblici da Lord Alton della Camera dei Lord, che li ha richiesti al Ministero. Una cifra strabiliante, che rende conto di quanto poca sia l’attenzione etica ed umana nell’affrontare le ricadute della fecondazione artificiale, che è la causa della produzione e poi dell’abbandono degli embrioni. In Italia ancora non c’è una legge che prevede la “scadenza” degli embrioni dopo dieci anni e per questo gli embrioni congelati non richiesti non sono distrutti, anche se sono aumentati dopo la sentenza che ha tolto il limite di “tre” embrioni per ogni tentativo, permettendone il congelamento.
La frontiera degli esperimenti sul piccolo embrione si sposta sempre più in là. È del 5 maggio scorso la notizia che ricercatori cinesi della Sun Yat-sen University di Guangzhou, guidati da Junjiu Huang, hanno modificato geneticamente degli embrioni umani al fine di correggere una mutazione, che causa la beta-talassemia, una malattia ereditaria che causa forme anche gravi di anemia. Si tratta del primo esperimento di questo tipo condotto su embrioni umani e, come era prevedibile, c’è stato chi lo ha salutato come un “passo avanti”. Ma c’è anche chi sostiene che invece sia un pericolosissimo azzardo. Gli scienziati cinesi hanno utilizzato – dicono loro – embrioni non vitali e non in grado di diventare un feto. Loro li chiamano superficialmente “ovociti fecondati”, che tuttavia sono embrioni allo stadio di zigote unicellulare. Per ottenere le correzioni genetiche hanno usato il complesso CRISPR/Cas9, un sistema biotech che agisce andando a scovare un determinato bersaglio (in questo caso il gene della beta-talassemia) per poi replicarlo correggendone il difetto.
Questo procedimento biotech (oggi testato per la cura dell’Hiv/Aids, emofilia e forme di cancro) ha messo in allarme il mondo scientifico, perché causa dei cambiamenti irreversibili alla linea germinale di un embrione. Per linea germinale si intende la sequenza di cellule che contengono il DNA, che viene trasmesso ad un discendente. Agendo su di essa si procurano delle “correzioni genetiche” delle quali non si conosce l’effetto sull’organismo in fase di sviluppo. Potrebbero avvenire mutazioni casuali e non desiderate, con conseguenze sconosciute, che possono essere tramandate per generazioni.
Le reazioni della comunità scientifica sono state in generale piuttosto negative, a causa della comune percezione dei rischi per la salute e per i temi etici toccati dalla sperimentazione cinese. Il 12 marzo scorso, quando circolavano le voci di un’imminente pubblicazione dello studio, la rivista “Nature” scrisse un articolo intitolato “Don’t edit the human germline” (Non correggere la linea germinale umana), nel quale alcuni dei più quotati genetisti del mondo sottolineavano i pericoli di ricerche come quelle della Sun Yat-sen University, che veniva garbatamente invitata a porre fine ai propri test.
Lo studio cinese è stato pubblicato solo sul giornale Protein and Cell, perché le due prestigiose riviste “Science” e “Nature” ne avevano rifiutato la pubblicazione per motivi etici.
Fa ancor più effetto la chiara risposta di Francis Collins, che fu a capo del gruppo che per primo ha interamente decodificato il genoma umano, che ha detto: «Non toccate quell’embrione» perché è «una linea da non oltrepassare», negando di fatto i finanziamenti degli Stati Uniti per simili ricerche e screditando la “novità”. Per ora qualche sobbalzo etico sembra esserci.
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