Santa Gianna Beretta Molla

Mia madre ha dato la vita per tutti noi

di Giovanna Abbagnara

Ha soltanto cinque anni quando la sua mamma muore: Pierluigi ha pochi ricordi di quel periodo così breve vissuto tra le braccia materne. La madre ha accarezzato appena la sua vita, ma la sua tenerezza è ancora viva e profuma di santità.

È straordinariamente simile alla sua mamma Pierluigi, nelle sue parole, miste di gioia e di commozione, ritroviamo tutto il desiderio di comunicare e di condividere la vita e le scelte di una mamma speciale. Lui è il più grande dei quattro figli, aveva cinque anni quando la madre all’indomani della nascita della sua piccola Gianna Emanuela, consegnava al buon Dio la sua vita così straordinariamente ricca di fede e di amore.

Troppo piccolo per vedere andare via la sua mamma, eppure dirà: «È stata ed è fortemente presente nella mia vita e nella nostra famiglia». Una donna normalissima, che con il suo esempio ha mostrato una strada percorribile da tutti, una santità la sua intessuta di cose ordinarie: il lavoro come pediatra, l’impegno ecclesiale in Azione Cattolica, l’amore per l’arte, la musica, il teatro. Santa Gianna viveva con un unico obiettivo: rendere lode a Dio in ogni cosa, in ogni gesto, in ogni parola!

Commosso e felice dell’incontro, Pierluigi mi racconta dei suoi viaggi in giro per il mondo per annunciare il grande esempio di una donna il cui profumo di santità si riconosce ovunque. Ma Pierluigi come ha vissuto da figlio di una donna speciale?

Dott. Molla, il rapporto fra la sua mamma e il suo papà era meraviglioso, e lo si evince  dalle numerose lettere del periodo del fidanzamento ma anche del matrimonio. Quali ricordi ha dei suoi primi anni di vita?

Quando mia mamma è morta io avevo 5 anni e ho pochi ricordi della vita quotidiana familiare. Ho conosciuto e approfondito il rapporto dei miei genitori attraverso le loro lettere ma anche grazie a mio padre, che continuava a tenercela viva giorno per giorno attraverso il suo amore veramente incredibile. Pensi che la loro storia è durata 6 anni tra fidanzamento e matrimonio, ma nonostante questa brevità  hanno vissuto con grande intensità il loro rapporto, e l’hanno arricchito con  4 figli. Anche papà grazie al  processo di beatificazione ha avuto modo di conoscere mia madre ancora meglio attraverso i suoi scritti nel periodo della giovinezza. Posso dire che la vita di mia madre è stata piena sin da adolescente, vissuta con grande entusiasmo: studiava, lavorava, suonava e frequentava la parrocchia.

Santa Gianna voleva raggiungere il fratello, padre Alberto, in Brasile per aiutarlo da medico nella sua missione a Grajau, il Signore l’ha chiamata a svolgere il suo apostolato in Italia e nel contesto di una famiglia.

Mia mamma si è laureata in medicina, poi l’idea di dedicarsi agli altri attraverso la missione è nata quando il fratello ha aperto un ospedale in Brasile. Aspettava però di capire che questo desiderio fosse realmente volontà di Dio. Si confrontava con il suo direttore spirituale, mons. Enrico Ceriani, aveva chiesto il permesso al suo vescovo. C’era in lei una continua tensione verso Dio. Una sua amica, Enrica Parmigiani, dice che mia madre in attesa di conoscere quale fosse la sua strada, di sposarsi o andare missionaria, soffriva anche fisicamente. Tuttavia quando comprese la sua vocazione, la visse in pienezza.

Come si è coniugata in Gianna l’esigenza di vivere bene la sua professione con il suo ruolo di madre?

Mia madre – nonostante la sua famiglia non metteva mai in secondo piano la sua attività professionale, che svolgeva con tanto amore – definiva il suo lavoro una vera e propria missione. Nei suoi scritti leggiamo che considerava al centro della sua professione l’uomo: «Noi (medici) lavoriamo sull’uomo, un uomo che ci dice “aiutami” e aspetta da noi la pienezza della sua esistenza». E continuò la sua professione anche dopo il matrimonio e durante le gravidanze, anche se mio padre dice sempre che lei aveva espresso il desiderio di  lasciare il suo lavoro dopo il quarto figlio per dedicarsi totalmente alla nostra educazione.

Perdendo la mamma alla tenera età di 5 anni, lei ha vissuto solo con suo padre. Risente di questa mancanza?

Io sono l’unico che si è goduto la mamma un po’ di più, perché i miei fratelli erano più piccoli quando lei è morta. Mio padre anche se era molto impegnato con il lavoro, con l’aiuto della sua famiglia è riuscito a darci una buona educazione, soprattutto attraverso l’esempio. In questo è stato molto simile a mia madre. Ci ha fatto sentire sempre la sua presenza, ha cercato di donarci anche l’affetto della mamma, che poteva mancarci. Crescere con un solo genitore non è mai semplice né per i figli e neanche per lo stesso genitore, però noi siamo stati molto fortunati ad avere due genitori come loro.

Possiamo dire che nella vostra casa lo straordinario si è fatto ordinario, quale eredità si è portato dietro nella costruzione della sua famiglia?

Io sono laureato in economia, ho un attività di consulenza in una azienda e ho una figlia che sta per iniziare l’università. Ho accolto l’esempio di mio padre, che ci ha sempre lasciati liberi di decidere le nostre scelte senza condizionarci. E cerco di accogliere la grande eredità della mamma, quella cioè di testimoniare l’amore con l’esempio.

Sua mamma è stata beatificata nell’anno della famiglia, 1994, e poi successivamente è stata canonizzata nel 2004, ultima nella schiera dei santi proclamati da Giovanni Paolo II,  il grande Papa della famiglia. Sua mamma è un esempio attuale di santità, una donna moderna, presa tra il lavoro e la famiglia. Qual è secondo lei la specificità della santità della sua mamma?

La figura di mia madre è una figura eccezionale di esempio per la gente, però è anche un esempio di semplicità e di normalità, infatti nella vita quotidiana era una donna come tutte le altre. Il messaggio è questo: anche attraverso una vita con problemi, fatta di paure si può comunque arrivare alla santità. Mia madre non ha fatto cose straordinarie, non ha fondato conventi, ha soltanto  vissuto in pienezza il suo ruolo di mamma, medico e moglie.

Nella famiglia oggi c’è una grande paura di generare, cioè mettere al mondo dei figli. Santa Gianna non ha avuto paura fino al punto di dare la sua vita per la propria bambina.

Mia madre aveva la vocazione per la famiglia e cercava di dare il meglio di se stessa per la famiglia. Pregava tanto per il dono dei figli  e invitava tutti a pregare con lei. E quando concepiva il bambino e poi partoriva festeggiava mandando una grande fetta dei suoi risparmi a favore dell’ospedale in Brasile di mio zio Alberto. Questo era il clima che si respirava in casa Beretta, amore per la famiglia e il desiderio di avere tanti figli. Nel dibattito contro l’aborto mia madre a volte viene strumentalizzata anche da associazioni pro vita. Io vorrei solo ribadire che Santa Gianna è stata beatificata come esempio di madre di famiglia e per tutto un percorso di coerenza nella sua vita e non per fare da testimone per le campagne contro l’aborto.




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