Figli in Cielo

Fra le braccia di Mamma Morena

Sara

di Ida Giangrande

5 agosto 2006, in un paese della Calabria, la piccola Sara di appena tre anni e mezzo, perde la vita a causa di una giostra mal funzionante. Nella disperazione che ne consegue, un’immagine rimbalza nell’oscurità rischiarando la via, quella di una donna con i capelli blu e gli occhi castani: mamma Morena.

Una giornata in spiaggia, il bagno nelle acque turchine di Villapiana dove la famiglia Mariucci si è recata per le vacanze estive, e poi un panino consumato sulla rotonda dello stabilimento balneare. In attesa del prossimo tuffo, la piccola Sara chiede con insistenza di poter fare un giro di giostra su un cavallo elettrico. È questione di pochi minuti, il fragore di un istante che in un lampo si porta via il suo sorriso. La bambina viene scalzata dal cavalluccio elettrico, mentre lo spavento si diffonde serpeggiando tra i bagnanti presenti sulla spiaggia. È un medico, anche lui in vacanza, a prestarle i primi soccorsi. Le pratica un massaggio cardiaco ma tutto appare crudelmente inutile. Nemmeno i soccorsi tempestivi del 118 servono a strappare quella bambina dal suo destino: Sara morirà appena raggiunto l’ospedale.

L’impatto è devastante per i coniugi Mariucci: le voci, i suoni, le persone si muovono intorno a Michele e Anna, genitori della bambina, come ombre sfocate su uno sfondo fuligginoso. Sara non c’è più, è successo tutto troppo in fretta, nel giro di pochi secondi. Un giro di giostra, una sferzata elettrica e la vita subisce un improvviso, brusco cambio di rotta. La scomparsa di Sara, così imprevedibile e scioccante lascia un vuoto enorme dietro di se, il silenzio oscuro di una madre e un padre che devono realizzare di aver appena perso la propria bambina. Ora la vita di Michele e Anna e del loro primo figlio è distrutta, di fronte nessuna prospettiva. La sua mancanza, il distacco fisico, gli oggetti che le sono appartenuti, diventano il sapore di un’assenza insopportabile e lentamente la disperazione prende il sopravvento. La svolta avviene il giorno del funerale della bambina, quando dietro la sua bara bianca, Michele legge un nome familiare “Morena”. Lo indica a sua moglie. La donna comincia a ricordare: era la sera del 4 agosto, il giorno precedente all’incidente. Prima di addormentarsi tra le braccia della mamma, Sara racconta di essere stata su una nuvola in compagnia di un’altra mamma, diceva che si chiamava Morena e che era una donna bellissima con i capelli blu e gli occhi castani. Anna pensa di assistere ad uno dei tanti racconti fantasiosi di una bambina, non sa che la Madonna Morena esiste davvero e che è venerata in Bolivia, il 5 agosto, esattamente lo stesso in cui la piccola Sara ritorna tra le braccia di Dio. Inizia così il pellegrinaggio di Michele e Anna fino alle radici del dolore. Partono subito per la Bolivia, alla ricerca di una giustificazione a quella tragedia apparentemente insensata. Di fronte alla statua della Madonna Morena, si aprono per loro le porte del mistero e della fede. La Madonna boliviana è rappresentata con una spada tra le mani, la stessa le avrebbe trafitto il cuore. Un mantello blu ad incorniciarle il viso e profondi occhi castani su di un viso angelico. Ancora una volta è solo questione di pochi minuti, lo stesso fragore che ha portato via la loro speranza spegnendo il sorriso di Sara, si ripresenta, questa volta colmo di grazia e di fede. Michele e Anna acquisiscono l’interiore certezza che la loro bambina non è morta, ma vive. La sua sparizione non è più un fatto illogico, innaturale, ma il segno stesso della presenza di Dio, una “Dioncidenza”, come spesso usano definirla nelle loro interviste, il momento esatto in cui il Signore si manifesta in tutta la sua potenza e grandezza nella vita dell’uomo.

Questa certezza così inspiegabile per la ragione umana, non ha portato via dal loro cuore il dolore per il distacco fisico dalla bambina, ma vi ha sottratto la disperazione e lo ha trasformato in rendimento di grazie. Oggi Michele e Anna hanno avuto altri due bambini. La bambina si chiama Morena. Pieni di un vigore inumano e con una luce particolare negli occhi, si sono dedicati a testimoniare che la fede in Gesù Cristo non è un’illusione più o meno confortante, ma l’unica reale consolazione che l’anima dell’uomo possa trovare, l’unica dimensione in cui tutto acquisisce una spiegazione.

Durante un’intervista rilasciata per un noto programma televisivo, Anna, dopo aver raccontato la storia della sua bambina, sotto lo sguardo sbigottito degli ospiti presenti in studio, confessa che Sara le manca in ogni momento della giornata, è solo in un posto che riesce a sentire la sua presenza, come se l’avesse tra le braccia o sulle ginocchia: durante la celebrazione eucaristica. La comunione con Gesù Cristo la aiuta ogni volta a entrare nel mistero, alimenta la sua interiore certezza di poterla rivedere un giorno. Con il coraggio che solo un credente può avere, Anna prosegue dicendo: «Non avrei potuto mettere al mondo altri figli, se avessi pensato di averne una al cimitero, mi sarei chiesta continuamente: “A cosa li consegno? Alla morte!”. No, sono del Cielo, fatti per l’eternità, anime incarnate in un guscio, dotate di ali per raggiungere il Paradiso, il luogo che in fin dei conti aspetta tutti noi».




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