Autismo

Voglio vederti danzare

di Silvia Sanchini

Un piccolo breviario di felicità, un’esperienza di trasformazione del dolore, un racconto che non vuole parlare solo ai genitori di bimbi speciali, ma a tutti, uomini e donne in ricerca di senso. È la storia di chiunque si trovi a vivere una situazione di fatica e sofferenza.

«Madri è un piccolo gioiello. Semplice, delicato, intenso, profondo ed eccentrico. Proprio come la sua autrice». Sono le parole di Piero D’Argento, consulente del Welfare della Regione Puglia, così efficaci nel descrivere un libro che è molto di più del semplice racconto di una mamma e del suo rapporto con la figlia affetta da autismo.

L’autrice, Antonia Chiara Scardicchio, è ricercatrice in Pedagogia sperimentale e professore di Progettazione e valutazione dei processi formativi presso l’Università degli studi di Foggia. Dal 1988 conduce atelier autobiografici mediante i linguaggi del gioco e dell’arte. Ha al suo attivo numerose pubblicazione e nel 2015 ha fondato insieme alle Edizioni “La Meridiana” la prima scuola italiana di “speranza scientificamente fondata”: la “HopeSchool”. È sposata con Giovanni ed è mamma di Serena e Gabriele.

Come nasce il libro “Madri” è qual è il messaggio che questo testo desidera trasmettere?

Il messaggio del libro muove, posso dire con Ligabue, da “il giorno di dolore che uno ha”: non riguarda dunque soltanto la disabilità di mia figlia Serena ma la sofferenza che tutti – seppur in forme diverse – attraversiamo nella nostra storia. Ed è il racconto del dolore, che è solo la penultima notizia, perché la croce – come amava ripetere don Tonino Bello – è “collocazione provvisoria”.

Questo non significa negare il peso, la fatica, la tragedia. Significa non riconoscergli eternità. Ed è allora – quando il dolore smette di farci credere che è senza scampo – che la vita ci stupisce.  

“Madri”, per esempio, è nato in maniera del tutto inaspettata, in risposta ad una situazione dolorosa. Il testo che avevo scritto per me era nel mio cassetto, a segnare un momento di passaggio nella mia storia. Finché Antonella Chiadini, medico e giornalista riminese dallo straordinario estro, mi ha dato l’occasione di trasformarlo in condivisione, grazie alle Edizioni NFC e alla Fondazione San Giuseppe per l’Aiuto Materno e Infantile, una ONLUS impegnata nel tutelare i diritti dell’infanzia e promuovere una positiva cultura della maternità.

“Madri” raccoglie anche diversi preziosi contributi: le interviste di Mariangela Taccogna e Alessandra Erriquez, le fotografie di Giovanni Ventura, le illustrazioni di Patrizia Casadei, le opere della scultrice Angela Micheli. È dunque un coro, una comunità di voci che racconta che sì, si può morire anche mentre siamo in vita. Ma le croci al terzo giorno si possono spiantare.

Tra le madri di cui racconta il libro non poteva certo mancare la figura di Maria di Nazareth. Come trasformarsi da “madri addolorate” a “madri danzanti” sull’esempio di Maria?

Noi impariamo speranza e disperazione soprattutto per contagio. Io ho incontrato molte lamentose nella mia vita. Maledicenti, sempre in credito verso la vita, infelici per statuto. E poi ho ricevuto il dono di incontrare altre madri rivoluzionarie. Madri che conoscono il dolore in mille forme e che avrebbero tutto il diritto di lamentarsi, di pretendere i primi posti nelle fila delle addolorate. Eppure madri, coraggiose e fiere, che non hanno mai bestemmiato la vita. È così che io penso a Maria di Nazareth: l’immagine di Lei sotto la croce è soltanto un fotogramma. È la storia di un dolore durato tre giorni. Tutto il resto del tempo, da allora, è danza. Perché Maria è l’unica madre mai esistita ad aver visto il proprio figlio risorgere. E proprio perché ha conosciuto il più atroce dei dolori – la morte di un figlio – la sua felicità è ancora più possente. Ebbra di lode, sta danzando. Anche per noi che siamo sotto la croce adesso.

Lo scopo di questo libretto è quello allora di raccontare, sull’esempio di Maria, un modo diverso di essere madri, non solo di figli disabili. Smettendo di guardare solo a ciò che manca e assumendo invece uno sguardo benedicente, si scopre che la fertilità coincide con la gratitudine. Anche verso quel che non possiamo capire. Non è rinuncia alla razionalità, ma una sua forma diversa: la ragione impara a contemplare. E, tacendo, a danzare.

La “Scuola di Speranza” promossa insieme alla Meridiana è assolutamente innovativa in Italia. Di cosa si tratta?

La “HopeSchool – Scuola di Speranza” è un progetto scientifico, sociale e culturale.

Intende offrire gratuitamente formazione in tema di “Life Skills” sentendo forte la responsabilità di offrire un controcanto allo scoramento. È gratuita grazie all’accoglienza da parte delle “Edizioni La Meridana” e alla collaborazione con Elvira Zaccagnino.

Questa Scuola desidera promuovere processi di resilienza e intraprendenza creativa nei giovani e negli adulti, nei soggetti dunque che, sebbene fuori dai percorsi di formazione obbligatoria, necessitano di apprendimento continuo nel tempo del caos, inteso – come negli studi di Morin e delle teorie della complessità – come vincolo che può diventare opportunità.

Maestri filosofici della Scuola sono don Tonino Bello, don Lorenzo Milani, Gianni Rodari, Erri De Luca e Jovanotti, che considero il salmista della gratitudine.

L’obiettivo di tutti coloro che sono impegnati gratuitamente ad offrire le proprie competenze professionali in questo progetto è attivare circuiti virtuosi di comunità e moltiplicare i “Facilitatori di Speranza”.

Alla domanda del cinico di turno: “Perché lo fate? Cosa ci guadagnate?”, l’unica risposta possibile è: perché non possiamo restare a guardare e sentiamo la responsabilità d’essere “al fronte” e non al retrum.

L’incontro con Chiara e con il suo incredibile mondo interiore non può certo lasciare indifferenti. Il suo sorriso, sereno e contagioso, è il regalo più bello, che – insieme alla poesia delle sue parole – Chiara offre a tutti in dono.




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