amore

Dall’amore che prende all’amore che dà

cuore

di Giovanna Pauciulo

Che cosa significa per i genitori accompagnare all’amore? Quale percorso è possibile? Condivido sul mio blog alcuni stralci della relazione del dottore Domenico Simeone, tenuta al XXV Congresso Eucaristico.

L’esperienza dell’amore spinge le persone ad uscire da sé per approdare al territorio dell’altro. Questo “decentramento” permette di avvicinarsi all’altro, di conoscerlo, di comprenderlo e di amarlo. Questo amore diviene “fecondo” quando è aperto al dono e alla vita. Per giungere all’amore adulto è necessario passare dall’amore che prende all’amore che-dà, realizzando cioè il dono di sé.

Possiamo descrivere il processo di crescita come un passaggio dall’amore immaturo ed egocentrico all’amore progettuale, indicando il percorso che la persona compie e che genitori ed educatori hanno il dovere di promuovere.

Dall’amore di sé all’amore dell’altro

L’amore maturo si qualifica per il dono di sé all’altro e per la progettualità comune che si apre al futuro e si realizza attraverso l’integrazione di tre aspetti dell’esperienza amorosa descritti da V. E. Frankl: l’amore sessuale, che riguarda gli aspetti esteriori dell’altro e si basa sull’attrazione fisica; l’amore erotico, che comprende le qualità psichiche (affettività e carattere) dell’altra persona; l’amore spirituale, che va oltre l’immagine dell’altro per cogliere gli aspetti più profondi del tu, per prendere in considerazione la persona nella sua totalità. In quest’ultima prospettiva «chi ama, si sforza di cogliere la globalità dell’amato, cerca di condividere progetti e speranze, acuisce la percezione dell’altro e ne conosce i bisogni. L’amore è acceso e avviato dall’attrazione fisica, ma attinge la completezza solo quando alimenta in sé il suo trascendimento o la spiritualità dell’altro».

Lungi dall’essere un processo che evolve spontaneamente, tale cambiamento necessita dell’impegno intenzionale delle persone coinvolte, postula il recupero delle componenti volitive del soggetto e richiede il sostegno educativo degli adulti, primi fra tutti i genitori.

Ne consegue, sul piano educativo, la necessità di aiutare i giovani a compiere, attraverso l’esperienza dell’amore, la transizione dalla centralità dell’io alla centralità dell’altro, per attuare la conversione di Narciso, cioè il trapasso «dal pensiero di me all’impegno per chi mi sta di fronte, senza di che non vi è adito alla maturità personale».

In siffatto processo di trasformazione, il sostegno educativo diventa necessario per collocare il cambiamento avviato dall’innamoramento in una prospettiva d’intenzionalità e di conquista di significati.

«Se il giovane non è aiutato a superare questo stadio – sostiene A. Peluso – può rimanere legato ad una forma di “amore arcaico”, una sorta di amore egoistico in cui non si tengono in conto i bisogni dell’altro, per cui allo sviluppo genitale e ormonale non corrisponde un’adeguata crescita psicologica».

I ragazzi hanno bisogno di vivere e agire, di accogliere e di essere accolti, di trovare non soltanto un mondo di cose e di informazioni, ma uno spazio di esperienza che dia senso e rilievo alla loro autonomia e una direzione ai loro compiti di sviluppo. Tramite il linguaggio dell’accettazione, gli adulti possono incoraggiare il processo di crescita che porta gli adolescenti al passaggio dalla dipendenza all’autonomia e getta le basi per uno sviluppo sessuale sereno e una adeguata maturazione affettiva.

I ragazzi hanno bisogno di testimoni credibili con cui confrontarsi per trovare la propria strada nel mondo, hanno bisogno di adulti che sappiano “compromettersi” nella relazione educativa, hanno bisogno di educatori che sappiano aprire le porte del futuro perché sogni, desideri, progetti possano trovare dimora.




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