Sinodo sulla Famiglia

Scrivo a voi, sposi separati

separati

(Foto: BLACKDAY - Shutterstock.com)

di Silvio Longobardi

Al briefing di ieri la sintesi dei 93 interventi sulla terza parte dell’Instrumentum laboris. Il tema della comunione per i divorziati risposati è tornato “a valanga” tra i padri di lingua francese. Dall’ala ispanica la richiesta di una “pastorale concreta sulla famiglia”. Noi di Punto vogliamo offrire una diversa prospettiva di questo discusso tema al centro del Sinodo.

Un giorno, al termine di una catechesi su Eucarestia e vita coniugale, si avvicina una coppia di sposi presente all’incontro, hanno partecipato con attenzione e gustato ogni parola. Hanno il volto triste, come i discepoli di Emmaus quando tornano verso casa. Si sentono fuori posto. Come possono intrecciare eucarestia e coniugalità se la loro condizione di separati non consente di accostarsi alla mensa eucaristica? Ho accolto la loro provocazione e li ho invitati a percorrere tutta intera la strada che da Gerusalemme conduce a Emmaus. Lungo la via, il Risorto si farà incontro e dirà parole capaci di aprire la mente e il cuore alla verità di Dio, spesso così diversa da quelle che gli uomini attendono. Ripensando a quei volti e ricordando le loro parole ho scritto questa lettera. è indirizzata a loro e a tutti gli sposi che vivono con sofferenza la separazione e desiderano abbattere il muro che li fa sentire estranei alla vita della comunità ecclesiale.

 

Cari sposi,

non è facile partecipare alla Messa sapendo di non potersi accostare alla mensa eucaristica. Chi ha sperimentato quanto è buono il Signore vive questo impedimento non solo come un limite ma come un rifiuto. Si sente messo nell’angolo, emarginato. E spesso, per reazione, si chiude e si allontana. Alle ferite della separazione, che ciascuno di voi porta con sé, si aggiunge un’altra sofferenza.

Non voglio affrontare con voi i motivi che spingono la Chiesa ad adottare questo atteggiamento. Non è questo il momento per approfondire un tema così ampio e tanto dibattuto. Una cosa è certa: la Chiesa ama tutti i suoi figli e tutti desidera accompagnare alla vita piena e bella del Vangelo. Anzi, come diceva il beato Paolo VI, per la Chiesa “nessuno è estraneo”, tanto meno quelli che hanno ricevuto il battesimo e partecipano pienamente alla dignità di figli.

Potete partecipare alla Messa e gustare tutta la celebrazione eucaristica, vivere come coppia tutti i vari momenti che la liturgia propone. Quando arriva il momento della santa Comunione, quando tutti si pongono in fila per ricevere il Corpo del Signore, potete avere la triste sensazione che in quel momento si alzi davanti a voi un muro, come se una porta fosse chiusa all’improvviso e vi impedisse di entrare nella casa di Dio. Non è così.

Non voglio sminuire il valore dell’Eucarestia. Nutrirci di Gesù, il Pane di vita, è il culmine verso cui tende tutta l’azione liturgica. Ma non bisogna neppure sminuire il valore educativo dell’intera celebrazione. La partecipazione forma e plasma la vita, c’immerge nella vita di Dio, ci rende partecipi della storia salvifica, ci fa gustare la comunione con i fratelli. Se tutto questo è vero, se tutto questo viene vissuto, l’impossibilità di ricevere il Corpo del Signore è percepita come una ferita ma può essere guarita attraverso un’offerta, uno slancio del cuore. Non potersi accostare alla mensa è un sacrificio, tanto più forte quanto più vivo è il desiderio. Se imparate a offrire quel dolore avete vinto il dolore, fate esperienza di Pasqua, passate dalla morte alla vita. Lo offrite per la Chiesa, nostra Madre e mai matrigna. Lo offrite per gli sposi che non hanno la stessa fede e si sentono esclusi. Lo offrite per quelli che si accostano indegnamente alla mensa eucaristica. In questo modo realmente, efficacemente, siete ed entrate in Comunione con Dio e con i fratelli. Comunione vera e non meno feconda.

Beati voi che ora avete fame, dice Gesù. Una beatitudine scomoda, anzi scandalosa. Gesù ama dire quello che nessuno attende. Accogliete questa parola, amici cari, e chiedete anche voi di fare di questa fame una beatitudine che vi prepara all’incontro con Colui che sazia ogni attesa e riempie di gioia ogni angolo dell’umana esistenza.




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1 risposta su “Scrivo a voi, sposi separati”

Bellissime parole, ma la realtà resta: niente mangiare il Corpo e bere il suo Sangue. La situazione di peccato permane: “non puoi avere in moglie la moglie di tuo fratello Filippo”.

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