Storie

La danza di Simona vince rassegnazione e pregiudizi

danza

di Ida Giangrande

Si racconta che quando un uccellino perde l’uso della vista il suo canto aumenti d’intensità. Per questo gli antichi cacciatori erano in grado di distinguere un uccello accecato dagli altri.

Non ci sono limiti alla volontà umana se non quelli che le nostre insicurezze creano come forze oscure contrarie alla realizzazione personale di un individuo. Per Simona Atzori 41 anni, scrittrice, ballerina e pittrice è stato pressappoco così. Nata senza braccia ma con una volontà di ferro che supera ogni avversità, Simona è diventata un esempio di inossidabile tenacia per quanti considerano la vita una somma di abilità. “Sono nata così” dice in un’intervista “da due genitori sardi che mi hanno accolta senza tragedie ma con tanto amore e positività”. Positività è questo il segreto del suo successo un valore trasmessole dal suo contesto familiare che ha distrutto ogni reticenza e le ha donato braccia forti a prova di culturisti.  

La sua silhouette da danzatrice elegante ed esile fa scalpore fin dalle sue prime apparizione pubbliche. Le sue braccia sembrano nascoste, in realtà sono solo ‘rimaste in cielo’ dice chi ha avuto l’onore di conoscerla in maniera approfondita. Simona ha molto di più di due braccia da offrire a questo mondo. Regina di ottimismo e di speranza è capace di disegnare meravigliosi arabesque con le sue gambe pronte a sostenerla in qualsiasi cosa. Custodisce un cuore pulsante, fatto di sogni, progetti, caparbietà. Le persone ordinariamente rinunciano ai loro sogni per molto meno, ma lei no. Il suo canto ha una qualità speciale come quello di un uccellino cieco, ed è fatto per essere udito fino ai quattro angoli della terra. Se non ci sono braccia quindi, ci sono gambe e piedi che posso reggersi sulle punte, piroettare ma anche disegnare e scrivere. Certo Simona non è sola in quest’avventura, lei stessa dice: “il merito di tutto questo non è mio, ma di una famiglia straordinaria, di una mamma e di un papà che mi hanno accolta senza riserve”. Perché accettare una disabilità è un conto, ma accoglierla è un’altra storia. Si possono accettare tante cose per obbedienza o per rassegnazione, ma accogliere qualcuno richiama un necessario passaggio d’amore. “Tutti noi dobbiamo accoglierci per quello che siamo” dice “per quello che abbiamo e anche per quello che non abbiamo, perché solo così possiamo scoprire di avere molti più di quanto immaginiamo”.

Certo in una realtà come la nostra così cinicamente orientata verso la perfezione, dove si attacca la famiglia e si chiudono le porte alla disabilità, un esempio come questo stride come stridono un po’ tutte le testimonianze che in questo blog abbiamo presentato. Laura Salafia, Simone il campione di Judo e tutti gli altri portatori di handicap che forse la nostra penna non potrà presentare. Li chiameremo i nostri eroi silenziosi che sublimano l’esistenza con l’etereo incedere del loro passo. A noi piace pensare che attraverso la storia d Simona siamo riusciti ancora una volta a dimostrare quanto perfetta sia l’anima dell’uomo capace di emergere da una qualsiasi condizione fisica, oltre ogni limite, al di là di ogni barriera costruita nell’incapacità ad accogliere chi è semplicemente diverso.

Mi sono sempre chiesta se la storia del cacciatore che riconosce il canto di un uccellino cieco fosse vera e quando mi imbatto in storie come questa capisco ogni volta di più che sull’esempio di quei cacciatori anche noi dobbiamo imparare a distinguere quanto prezioso sia il canto dei uccelli ciechi.




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