Outing

Outing nello sport? No, grazie

sport

di Peppe Iannicelli

Perché è sempre più insistente la richiesta che gli sportivi omosessuali facciano outing? Troppe volte lo sport rischia di diventare ribalta propagandistica. Riflettiamo insieme.

La verità sulla profonda ed intima relazione tra una donna ed un uomo è limpida. La deriva relativistica, le banalizzazioni consumistiche, le mediatiche manipolazioni non possono scalfirne la forza rivoluzionaria.

L’amore coniugale, del quale la donazione sessuale è un aspetto peculiare, cambia il mondo, genera vita, diventa genitoriale e filiale, allarga i suoi confini ben oltre l’ambito della relazione individuale e familiare per trasformarsi in energia sociale, spirituale e solidale. La stessa Costituzione ne riconosce il carattere sociale e comunitario oltre che personale.

Altre relazioni rischiano – al di là delle intenzioni più o meno consapevoli – di svilirsi in mercificazione, svilimento autoreferenziale, edonismo esasperato, conformismo aberrante; una prospettiva che mortifica l’umanità e la sacralità profonda della sessualità a prescindere, sia ben chiaro, che tali relazioni siano etero o omosessuali.

Non mi piacciono pettegolezzi ed ostentazioni sessuali

Comprendo che i pareri su questo delicatissimo tema possano esser diversi, ma rivendico – nel rispetto della persona e giammai puntando indici accusatori – il diritto di esprimere il mio in piena libertà. Ed in piena libertà voglio dire che non mi piacciono le ostentazioni ed i pettegolezzi sessuali di ogni genere; non mi piacciono le bullonerie machiste, non mi piacciono le olimpiadi gay ed i bar gay, non mi piacciono le cucine lesbo, la musica trans gender, le effusioni pubbliche troppo spinte. Quando sono al ristorante mi scambio un bacio affettuoso con mia moglie e basta. Sarebbe di cattivo gusto andare oltre e non apprezzo certo coppie, etero e/o gay, che si lascino andare. È una questione di buon gusto e non di diritti civili.

Lo sport non ha sesso

Lo sport, il tempo libero, la buona cucina non hanno identità sessuale. Sono divertenti o noiosi, allegri o pedanti, gustosi o insipidi. Mi piace molto conversare al tavolino di un bar sorseggiando un buon caffè anche con persone appena conosciute. Che l’interlocutore sia gay o etero poco m’importa. M’importa che sia una persona interessante, così come m’importa che il pittore, il musicista, il calciatore siano bravi a dipingere, comporre, giocare. Il resto mi sembra ostentazione o pettegolezzo; o peggio ancora ghettizzazione o pretesa di esser migliori rispetto alla normalità. Non mi piace che la sessualità – etero o omo che sia – diventi un veicolo di propaganda per vendere un film, un disco o un libro in uscita, rilanciare le quotazioni di un atleta in declino. E certi coming-out, propagandati dagli uffici stampa, hanno una sospetta cronologia. Le chiacchiere su di un atleta presunto gay e le indagini sulle percentuali di gay in un campionato sono avvilenti. Così come il volere a tutti i costi immaginare discriminazioni che non esistono in nessuna legge o regolamento almeno in Italia. E se esistessero sarei il primo ad incatenarmi dove volete per protestare. Sono rimasto molto perplesso leggendo le cronache dei recenti Mondiali di Calcio femminili vinti dagli Stati Uniti d’America: i media hanno riservato molta più attenzione alla relazione omosessuale di Abby Wambach, giocatrice simbolo della squadra a stelle e strisce, piuttosto che all’impresa sportiva portata a compimento dal team. Mi sembra un tradimento della fatica e del sudore necessari per ottenere una vittoria tanto ambita. Se Abby non fosse stata sposata con Sarah avrebbero le atlete conquistato la prima pagina dei quotidiani sportivi? Come mi lasciano inorridito le indagini statistiche sulla percentuale di gay che sarebbe presente negli spogliatoi calcistici italiani, che puntualmente ricicciano al principio di ogni competizione nazionale ed internazionale.

Ma quali discriminazioni?

In tanti anni di carriera nel mondo dello sport ho presentato molte domande di lavoro, in nessun modulo ed in nessun colloquio mi sono stati richiesti dettagli sessuali. Purtroppo molti sportivi hanno tradito l’essenza della loro funzione: l’armonia tra il corpo e la mente finalizzata al miglioramento della prestazione. Quello che interessa ai più, sia in campo che sugli spalti, sembra essere l’ottenimento del risultato e la massimizzazione del profitto a tutti i costi anche attraverso la sessualità. Una profanazione clamorosa di un corpo che è tempio dello spirito e della stessa sacralità dello sport, che San Paolo paragona alla tensione verso la piena sublimazione spirituale. Lasciamo da parte pettegolezzi meschini e l’analisi pruriginosa delle effusioni dopo una rete. Concentriamo le nostre energie per ridare allo sport la sua vera umanità individuale e collettiva, ritroviamo la gioia della vittoria leale e la consolazione per la sconfitta maturata dopo aver dato il meglio. Saremo così tutti uomini e donne migliori.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.