di Mariarosaria Petti

“Il suono della tua risata contro quello dei proiettili”

Bataclan

di Mariarosaria Petti

I volti delle 130 vittime di Parigi non ci danno pace, perché sentiamo che potevamo esserci noi al loro posto. Siamo tutti Valeria, Michelli, Marion, Maud, Marie, Mathias e tutti gli altri giovani morti con il loro amore affianco.

«Ha detto sì!». È il post su Facebook di Filippo, la bacheca segna la data del 26 ottobre. Il giovane bassista milanese scoppia di gioia: Michelli, reginetta di bellezza di Tuxpan (Messico), ha accettato la sua proposta di matrimonio, dopo due anni di fidanzamento. Sono 12 invece gli anni trascorsi insieme da Renaud e Floriane. Sono fidanzati dai tempi del liceo e il 2016 è l’anno scelto per le nozze. Valeria e Andrea convivono, da pochi mesi hanno cambiato casa e desiderano arredarla con cura. Dottoranda in demografia lei, responsabile di un punto vendita lui. Marion e Maud sono appassionate di musica rock e hanno trascinato i loro compagni al tanto atteso concerto degli Eagles of Death Metal. C’erano anche Mathias e Marie. A Parigi. Al Bataclan, la sala concerti dell’undicesimo arrondissement, teatro della mattanza ad opera dei terroristi dell’ISIS, venerdì 13 novembre scorso.

Non ci sarà nessun abito bianco per Michelli, Floriane e Valeria. Oggi c’è solo il rosso del sangue versato. E il vuoto con cui Filippo, Andrea e Loïc dovranno imparare a fare i conti. I loro amori sono stati spezzati e calpestati. Qualcuno aveva preso un giorno di ferie per raggiungere Parigi per quel concerto. Qualche altro aveva acquistato il biglietto mesi prima. Chissà in quale cassetto era finito per poi essere riagguantato con l’adrenalina di vivere un fine settimana diverso. Per altri un regalo per la laurea.

Un crogiolo di giovani vite, messe le une accanto alle altre, in un giorno rubato alle riunioni di condominio, al bucato della settimana, al corso di inglese o quello di yoga. Una sera per ballare, cantare e scatenarsi. Un tempo da dedicare a se stessi e alla coppia. «Il suono della tua risata contro quello dei proiettili» ha scritto un amico di Emilie quando ha appreso la scomparsa dell’architetto trentenne, caduta nell’attentato insieme alla sorella gemella a Le Petit Cambodge. Allegria e angoscia, sorrisi e lacrime, vita e morte si sono sfiorate in quella terribile notte di Parigi.

«Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio ma voi non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio saperlo, siete delle anime morte. […] L’ho vista stamattina. Infine, dopo notti e giorni d’attesa. Era così bella come quando è uscita questo venerdì sera, così bella come quando me ne sono innamorato perdutamente più di 12 anni fa. Naturalmente io sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che ci ritroveremo in quel paradiso delle anime libere a cui non avrete mai accesso». Sono le parole di Antoine Leiris, un uomo che ha perso la moglie in uno degli attentati di venerdì sera, papà di Melvil di 17 mesi.

E allora sapete cosa ci inquieta? L’attacco feroce ed efferato alle relazioni umane, ai legami semplici che ogni giorno custodiamo e danno senso e sapore alla nostra vita. È la crudeltà di essere sorpresi nella nudità di un giorno felice. I volti delle 130 vittime di Parigi non ci danno pace, perché sentiamo che potevamo esserci noi al loro posto. Siamo tutti Valeria, Michelli, Marion, Maud, Marie, Mathias e tutti gli altri giovani morti con il loro amore affianco. Solo l’amore non conosce differenza tra vita e morte. Chi vive di odio è già morto. Soltanto chi ama continua a vivere.




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