Storie

Se ti abbraccio non avere paura

Franco e Andrea Antonello

di Emanuela Pandolfi

Autismo: non solo una disabilità. Ma un modo nuovo e misterioso di relazionarsi al mondo. Per i lettori di Punto Famiglia oggi la storia di Franco e Andrea rispettivamente padre e figlio.

È un mondo misterioso la sindrome autistica, perché è come una stanza dalla infinite finestre e ciascuna di esse si affaccia su diversi orizzonti. Giudizi affrettati e pareri pseudo scientifici su questa disabilità non fanno apprezzare nemmeno le fatiche quotidiane delle piccole conquiste. La storia di Franco e Andrea profuma di vita, è un’esplosione di coraggio di questo padre orgoglioso che ama incondizionatamente suo figlio. Perché in fondo questo è il ruolo dei genitori: amare. Franco Antonello non è certo un eroe, ma lo sarà sicuramente per i suoi figli. Per il suo Andrea in modo particolare. Anzi no, forse un eroe lo è per davvero. Lo è per tutti i ragazzi affetti da sindrome autistica che, attraverso la Fondazione I Bambini delle Fate, possono ricevere le dovute attenzioni proprio come suo figlio. Pochi minuti a telefono con Franco non sono certo bastati a farmi scoprire tutto. Ma una cosa l’ho capita: questi figli sono speciali.

Franco lei è un papà combattivo. Cosa ha provato quando ha scoperto l’autismo di suo figlio?
Preso a sberle, a cazzotti, bastonato: così mi sentivo quando ho scoperto e capito che mio figlio avrebbe avuto una vita impossibile per sempre. Ho pianto, ho fatto le cose più assurde, il volume dell’auto a palla. Fino a due anni e mezzo Andrea era un bambino normalissimo. Durante quel periodo abbiamo fatto la vaccinazione trivalente. Dopo qualche mese le maestre dell’asilo ci hanno chiamato dicendoci che Andrea aveva dei comportamenti strani. Dopo alcune indagini, abbiamo avuto la diagnosi. L’iniziale rabbia ha lasciato posto a una certezza: nella vita non puoi sapere quello che ti succede. Ci è capitato questo? Allora partiamo da qui. Oggi posso dire che con Andrea ho fatto le cose più belle della mia vita.

Ci racconta una vostra giornata tipo.
Quella di Andrea è una giornata molto divertente perché al mattino fa un percorso che si chiama ABA (acronimo di Applied Behavioral Analysis, cioè Analisi del Comportamento Applicata) e al pomeriggio riesce a dedicarsi, con le persone che lo circondano, alla pittura, alla scrittura e allo sport. Purtroppo quella di Andrea è una realtà privilegiata. La maggior parte dei ragazzi sono chiusi in qualche centro psichiatrico, spesso sedati, a volte legati perché non c’è nessuno che possa seguirli e passano le ore a star fermi fino a sera. Veri e propri drammi sociali, che stanno massacrando i ragazzi e li stanno facendo morire. Se raccontiamo la nostra storia è proprio per testimoniare che un’alternativa è possibile.

Questa situazione si presenta nello stesso modo sia per i bambini che per gli adulti?
In maniera ridotta e con delle criticità, per i ragazzi in età scolastica si può ottenere il supporto di un insegnante di sostegno. Ma è solo un po’ di sollievo per lasciar passare la giornata in qualche modo. Dopo la scuola, i ragazzi sono completamente nelle mani delle famiglie e senza alcuna assistenza. Chi ha le possibilità si dà da fare, ma la maggior parte delle persone non possono permettersi una piena gestione della disabilità ed ecco che questi ragazzi vengono lasciati morire. Siamo ancora all’inizio e c’è tanta strada da fare.

La forma di autismo di Andrea vi permette di viaggiare e fare le cose più disparate insieme. Ad altri genitori che vivono la vostra stessa esperienza e che non hanno la stessa tenacia cosa sente di dire?
Non mi sento di dare consigli perché i ragazzi sono sempre diversi l’uno dall’altro, non c’è un autistico uguale all’altro. Se io faccio una cosa buona per Andrea è perché ho tante persone che lo supportano. È circondato da una quindicina di persone: qualcuno con cui va al cinema, qualcuno con cui fa sport, qualcuno con cui può fare tante altre attività. Quello che faccio con la Fondazione è questo: creare le condizioni, sia economiche che di sostegno di persone, attorno a questi ragazzi affinché possano essere aiutati. Io lo sperimento con Andrea che migliora di giorno in giorno e se non fosse circondato da tanti amici anche lui sarebbe nelle stesse situazioni di disperazione.

Lei l’ha già menzionata. Cos’è la Fondazione I Bambini delle Fate?
La Fondazione è nata nel 2005. Non ci occupiamo dei ragazzi, né dei progetti, né delle cure, né dei medicinali. Ma ci siamo resi conto che in tutte le associazioni uno dei problemi più importanti era quello finanziario, senza fondi è impensabile ogni progetto, allora abbiamo deciso di intervenire. Con la Fondazione I Bambini delle Fate coinvolgiamo in ogni provincia un gruppo, senza accettare donazioni, ma facendo dei veri contratti. Per una quota mensile, pubblichiamo ogni mese raccontando tutto quello che facciamo, quello che abbiamo raccolto, quali sono i ragazzi aiutati; ogni volta che ne parliamo mettiamo il marchio delle associazioni che hanno sostenuto l’iniziativa. Un circuito virtuoso e molto più proficuo della raccolta fondi occasionale. Grazie a questo sistema siamo presenti in diverse provincie italiane e abbiamo coinvolto oltre 400 aziende che ci danno un versamento continuativo con una scadenza mensile. Il mio desiderio è poter realizzare questo in ciascuna provincia d’Italia, ovvero un gruppo di imprenditori per provincia che si associano ad un progetto sociale e ricambiando con la piena pubblicazione di tutte le notizie relative, nella massima trasparenza.

Ma cosa non va?
Prima devo ringraziare tutte le persone che ci stanno aiutando e che si stanno occupando in qualche modo delle tante forme di disabilità dei ragazzi. Senza star fermi a criticare, bisogna innanzitutto tirarsi su le maniche e darsi da fare. Il servizio sociale non deve essere la condanna per chi fa dei crimini, ma dovrebbe essere un dovere. Se ogni persona, studente, imprenditore, operaio, chiunque dedicasse mezza giornata al mese a un ragazzo con disabilità, quest’ultimo avrebbe intorno a se circa 30-40 persone. Avremmo risolto, così, il problema dell’inserimento sociale, del sostegno alle famiglie e tante altre problematiche.




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