
Comincia la festa
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 2,18-22)
In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!».
Il commento
“Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?” (2,18). Gesù conosce bene l’importanza del digiuno. Gli evangelisti ci assicurano che il ministero di Gesù è cominciato con un tempo prolungato nel deserto segnato dalla preghiera e dal digiuno. Gesù conosce bene la tradizione d’Israele e sa che il digiuno, oltre ad essere prescritto solennemente una volta l’anno, è uno dei tratti della fede in quanto è segno di purificazione e prepara all’incontro con Dio. Egli sa bene che, nella tradizione del suo popolo, il digiuno prepara e accompagna una particolare richiesta di aiuto al Dio d’Israele. Perché allora Gesù non insegna ai suoi discepoli l’arte del digiuno? La risposta è davvero luminosa: “Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?” (2,19). In queste parole emerge la coscienza di fede della Chiesa: Gesù parla di nozze e presenta se stesso come lo Sposo. In tal modo egli rivendica la sua identità divina perché nella predicazione profetica Dio è presentato con questa immagine. Egli è venuto per fare una nuova alleanza. In questa cornice nuziale non c’è spazio per il digiuno. La presenza sulla terra del Dio fatto carne è segno di festa, la certezza di vivere in sua compagnia dona una gioia incompatibile con il digiuno. È giunto il tempo delle promesse. Comincia la festa. I discepoli, che vivono questa esperienza nuziale, proprio loro che sono “i figli delle nozze” [oi uioì toû nymphōs] non possono digiunare. Nessuna tristezza di questo mondo può soffocare la gioia. Nessuna tribolazione può togliere la pace del cuore. La coscienza di essere invitati a nozze si rinnova ogni volta che ci ritroviamo attorno all’altare del Signore per celebrare l’Eucaristia. La gioia che il Signore dona non è mai priva di ombre ma è annuncio e primizia di quel tempo in cui tutto sarà vestito a festa. Oggi chiediamo la grazia di seminare la speranza e la gioia con parole e gesti significativi. E invochiamo Maria, “causa della nostra gioia”.
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