Adozioni gay Adozioni gay: se anche la scienza ha paura di parlare… Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 29 Gennaio 2016 2 commenti su Adozioni gay: se anche la scienza ha paura di parlare… di Tonino Cantelmi Ma cosa dice la sempre e tanto (forse troppo) invocata scienza sulle adozioni dei bimbi da parte di coppie gay? Sì, lo so, la scienza non è quel totem intoccabile e la verità proprio non c’entra granché con quello che definiamo scientifico. Anzi il metodo scientifico viaggia con ipotesi falsificabili e quello che solo qualche anno fa ci sembrava certo (scientificamente) oggi appare ridicolo. Ma siccome la propaganda pro-adozioni gay invoca sempre la scienza, vediamo un po’ come stanno le cose. Vi risparmio le citazioni puntuali (date, riviste, autori e articoli), i malfidati potranno controllare la bibliografia nel capitolo “La ricerca scientifica sul tema dell’omogenitorialità”, pubblicato nel libro “Essere padre e madre oggi” (Edizione San Paolo, 2015). Sì perché in quel capitolo presentiamo tutta la letteratura scientifica dal 1967 ad oggi. E ad essere onesti esce fuori che la maggior parte delle affermazioni oggi circolanti sono false, perché la maggior parte degli studi sono stati condotti con modalità sbagliate, metodologie a dir poco partigiane e conclusioni azzardate. In definitiva sulla base della letteratura scientifica l’unica affermazione corretta è questa: non è possibile affermare che la letteratura scientifica si sia pronunciata in modo chiaro, univoco e definitivo e non è possibile affermare che lo sviluppo di bambini cresciuti in contesti omogenitoriali sia equivalente a quello dei bambini cresciuti in famiglie eterosessuali. L’altro dato è questo: gli studi (anche questi altrettanto non univoci) che viceversa dimostrano addirittura che i bimbi cresciuti in contesti omogenitoriali abbiano più problemi di quelli cresciuti in famiglie eterosessuali sono stati puntualmente accusati di omofobia e i loro autori hanno subito gravi danni alla loro carriera. Anche nei miei confronti, quando ho affermato che persone con disagio nella loro identità sessuale possono giovarsi della psicoterapia, è stata messa in atto una violenta campagna persecutoria. Lo sappiamo tutti: oggi le associazioni LGBT possono far dimettere un politico, licenziare un manager, boicottare una industria e rovinare la carriera di un ricercatore. Ma questo non dovrebbe impedire la libertà di ricerca scientifica: in Italia troppi psicologi hanno paura di ritorsioni (e molti già le hanno subite). È troppo chiedere che, finché non ci saranno argomentazioni solide e coerenti, non venga assunta alcuna decisione tale da modificare la situazione familiare attuale, in nome di un principio di prudenza che rispetti l’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ONU, nel quale è scritto: “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche, […] delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”? È troppo chiedere ai legislatori questa prudenza sul tema delle adozioni in contesti omogenitoriali, visto che la scienza non offre un aiuto chiaro e netto e che sul piano dei presupposti antropologici e valoriali il tema divide e spacca l’italia? È troppo complicato per i parlamentari italiani comprendere che forse un omosessuale, per esempio, può essere un buon padre, ma non può essere anche una buona madre e che per ora la scienza permette di pensare che un bimbo ha ancora bisogno di un padre e di una madre? Intere biblioteche, ha detto uno psichiatra assai più famoso di me, dimostrano che durante la vita intrauterina avvengono intensi scambi tra il feto e la madre (anche quando l’utero è in affitto) sul piano biologico e psicologico, tali da fondare un complesso sistema di attaccamento (sul quale psicologi e psichiatri hanno fatto infinite ricerche), e intere biblioteche dimostrano che la separazione alla nascita è un atto violento e scioccante. E questo non è un dato scientifico, che, unito allo sfruttamento della cosiddetta madre surrogante, imporrebbe ogni prudenza per evitare la pratica dell’utero in affitto, che è alla base dell’adozione? Insomma basta con lo strabismo scientifico: se la scienza ha un senso, con onestà dovremmo ammettere che, sul tema dell’omogenitorialità, delle adozioni e della pratica dell’utero in affitto, al momento attuale non possiamo dire che ci sono dati così univoci e definitivi che giustifichino cambiamenti legislativi. Trovate che sia un’ammissione omofoba? Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag adozioni gay, Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ANNUNCIO 2 risposte su “Adozioni gay: se anche la scienza ha paura di parlare…” Non la trovo omofoba ma GIUSTA e ONESTA. La realtà è una soltanto e le interpretazioni sono molteplici. Ogni persona al mondo dal concepimento è “dotata” di diritti ma,purtroppo, vengono osservati e presi in considerazione solo quelli da adulti… e solo quelli di alcuni… Ognuno di noi è nato da un incontro di un uomo e di una donna. Questa è l unica realtà anche se ci sono milioni di interpretazioni. E su questa verità che le persone GIUSTE devono lavorare ,difendendo la vita dei deboli…quindi i bambini. Con stima. Francesca pinto. Pres. Cav Giovanni Paolo II (genzano di roma ) Articolo pubblicato su Avvenire il 10 febbraio 2016 «Stepchild adoption? Fermatevi e riflettiamo». In campo filosofi, sociologi, psicologi e medici. http://www.enzopennetta.it/2016/02/stepchild-adoption-fermatevi-e-riflettiamo/ Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: “Il mondo non può rimanere a guardare”. La mostra fotografica di Jacopo Naddeo sulla realtà in Burkina Faso Prepararsi al Natale da “profeti”: è Dio che guida la storia Vengono dal carcere le ostie per l’altare: l’iniziativa in due diocesi Messa quotidiana in famiglia? Si può fare! Vi racconto come abbiamo iniziato Avete un posto dedicato alla preghiera in casa? 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Non la trovo omofoba ma GIUSTA e ONESTA. La realtà è una soltanto e le interpretazioni sono molteplici. Ogni persona al mondo dal concepimento è “dotata” di diritti ma,purtroppo, vengono osservati e presi in considerazione solo quelli da adulti… e solo quelli di alcuni… Ognuno di noi è nato da un incontro di un uomo e di una donna. Questa è l unica realtà anche se ci sono milioni di interpretazioni. E su questa verità che le persone GIUSTE devono lavorare ,difendendo la vita dei deboli…quindi i bambini. Con stima. Francesca pinto. Pres. Cav Giovanni Paolo II (genzano di roma )
Articolo pubblicato su Avvenire il 10 febbraio 2016 «Stepchild adoption? Fermatevi e riflettiamo». In campo filosofi, sociologi, psicologi e medici. http://www.enzopennetta.it/2016/02/stepchild-adoption-fermatevi-e-riflettiamo/