E se in una famiglia, arriva la chiamata per lui al diaconato?

di Massimo e Lidia Pace

Essere aperti ad una nuova chiamata all'interno della famiglia è un altro degli aspetti del rapporto famiglia e vocazione. Massimo e Lidia Pace sono sposati da 12 anni e hanno quattro figli. Massimo lavora come medico al Centro Trasfusionale dell’ospedale di Policoro, mentre Lidia, pur essendo laureata in Teologia, fa la mamma a tempo pieno e si impegna in attività culturali e di volontariato a favore della famiglia e della vita.

La vocazione al diaconato nasce all’interno di un cammino graduale, sincero e profondo che Dio ha voluto fare con noi. Quando abbiamo accolto la chiamata di Dio all’amore eravamo giovani ma avevamo entrambi fatto un serio discernimento vocazionale che ci ha portati, poi, dopo esperienze belle e costruttive a fidanzarci. Era il 7 agosto del 1997, sotto lo sguardo della Madonna del SS. Rosario di Pompei durante una celebrazione Eucaristica, abbiamo affidato l’aurora del nostro amore a Colei che non ci ha più lasciati lungo tutti questi anni indicandoci sempre il sentiero di Dio. Un’altra figura che nel fidanzamento abbiamo a poco a poco scoperto accostandoci ai suoi scritti è quella meravigliosa di S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, carmelitana e patrona delle missioni, che ha donato slancio al nostro desiderio orante e al tempo stesso di evangelizzazione. Desideri che a poco a poco si sono realizzati in scelte concrete grazie anche al cammino fatto con la Fraternità di Emmaus, un movimento nato agli inizi degli anni ‘90 nella diocesi di Nocera-Sarno ed ora diffuso in diverse regioni italiane e all’estero. Siamo stati accompagnati nella maturazione coniugale della fede e abbiamo imparato a servire la Chiesa con umiltà. Il diaconato è per noi il sigillo maturo di questo cammino e di uno stile ministeriale che a poco a poco ha plasmato il nostro amore.

La presenza mariana e quella teresiana, ci hanno portato a sigillare, poi, il patto nuziale il 16 luglio 2001. Il nostro viaggio di nozze è iniziato nel silenzio del monastero delle Benedettine a S. Agata sui due Golfi. E si è concluso con il nostro primo pellegrinaggio a Lisieux sulle orme di Teresa e poi dei suoi genitori beatificati nel 2008. Non sempre il percorso è stato semplice e armonioso, per imparare a fare del nostro amore una sinfonia nuziale abbiamo faticato non poco. Il cammino è stato spesso in salita, soprattutto nei primi anni. Ci siamo dovuti impegnare nell’accordare i nostri temperamenti diversi, abbiamo faticato nel dare stabilità alla nostra nascente famiglia, ma anche nei momenti più bui abbiamo toccato fortemente la provvidenza di Dio che ha sempre donato significati nuovi alla nostra storia e spronava ad aprirci per annunciare il Vangelo dell’amore e della vita. E poi i figli che a poco a poco hanno dato alla luce nuovi e straordinari scenari e un respiro più ampio al nostro matrimonio. Prima Myriam nata nel 2002, dopo una gravidanza a rischio. E poi Pasquale due anni dopo. Massimo partecipa a nuovi concorsi come dirigente medico in ospedale in diverse regioni. Il primo bando a cui abbiamo partecipato nel 2006 era per un tempo determinato in Basilicata nell’ospedale di Policoro. Vi era una dottoressa in maternità da sostituire. E così sono passati i primi 8 mesi lontani. Questo tempo determinato è stato poi rinnovato nel 2008 all’assunzione a tempo indeterminato ed ha permesso nuovamente di riunirci come famiglia.

Quando siamo arrivati a Policoro non ci siamo chiusi come in esilio curandoci solo della nostra famiglia, ma abbiamo bussato subito alla chiesa locale offrendo il servizio più vicino al nostro carisma: l’annuncio del Vangelo e l’accompagnamento di fidanzati e sposi, l’annuncio della vita e dell’amore. In questi anni è stata decisiva anche la scelta della partecipazione Eucaristica quotidiana, un dono che da diversi anni ci sostiene e ci trasmette il coraggio del servizio. In questo periodo, come per dare un nuovo sigillo al nostro amore, abbiamo riscoperto una chiamata che già qualche anno prima portavamo nel cuore ma che non sembrava possibile e attuabile per noi. Partorita nella preghiera coniugale, la chiamata al diaconato permanente ha preso nuovamente il sopravvento. Dopo un periodo di attento discernimento da parte nostra, con l’aiuto della preghiera dei sacerdoti a noi vicini, ci siamo finalmente decisi di manifestare al vescovo Mons. Francesco Antonio Nolè la nostra disponibilità. La sua parola sarebbe stata quella decisiva che avrebbe o meno confermato la chiamata. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo comunicato il cammino compiuto. La sua accoglienza paterna e spirituale quel giorno ha confermato la nostra intuizione e ci ha proiettati subito verso un nuovo tempo di formazione e servizio. Intanto il 3 settembre 2010 nasceva la nostra terzogenita, la piccola Noemi Zélie. Massimo iniziava il suo percorso di studi teologici proprio quando la piccola veniva alla luce. Sembrava che tra turni in ospedale, frequenza all’ISSR di Matera, studio e accudimento familiare non ci fosse spazio per altro. E invece, in modo straordinario, gli impegni ecclesiali, soprattutto per l’evangelizzazione, sono andati aumentando. A conclusione degli studi teologici, il 22 aprile 2013, nasce il nostro quartogenito Pier Giuseppe.

La chiamata al diaconato permanente si è fortificata in questi anni, la formazione è passata attraverso un quotidiano divenuto sempre più straordinario. Non perché riempito di cose eccezionali, ma perché intessuto di una quotidiana fedeltà fatta di ascolto della Parola di Dio e della parola che Dio comunica attraverso il coniuge. Una quotidianità plasmata dalla preghiera familiare e coniugale, indispensabile premessa per svolgere nel modo più efficace il ministero educativo dei quattro figli che Dio ci ha donato e per accompagnare i giovani fidanzati e gli sposi che Dio ci ha affidato nella fede. Una quotidianità fatta di lavoro, di notti insonni, di pianti da consolare e di tanta stanchezza ma anche di tanto nutrimento spirituale e di tanta gioia nel donarsi. Un cammino compiuto come famiglia cercando di coinvolgere il più possibile anche i nostri figli più grandi. Abbiamo maturato una sensibilità coniugale che ora ci permette di vivere come coppia anche questa nuova e impegnativa esperienza del diaconato. Anche se il sacramento dell’Ordine riguarda solo Massimo, essendo una sola carne, un’unità sigillata dal sacramento del matrimonio, ci sentiamo chiamati e inviati come coppia e di conseguenza come famiglia.




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