Novità editoriale Aiuto! Mi si sono rotte le acque… Autore articolo Di PUNTO FAMIGLIA Data dell'articolo 5 Aprile 2016 1 commento su Aiuto! Mi si sono rotte le acque… di Emanuela Pandolfi Un diario intimo che racconta del viaggio nel cuore dell’autrice, e delle donne dalle cui storie ha preso spunto, per raccontare il suo parto del cuore. Cosa significa per una sposa attendere di diventare mamma? E, passati i primi anni di matrimonio, quando tutti gli occhi si posano su quel ventre che non si gonfierà mai come ci si sente? Michela Giordano decide di strappare questo velo di pudore. È libera di dire che la pancia è gonfia sì, per le pizze che ama mangiare! Con candida ironia nel suo ultimo libro racconta della sua lunga gravidanza, quella vissuta con pienezza insieme al marito, in attesa di diventare genitori adottivi. Sei alla terza esperienza editoriale. Cosa significa per te scrivere? Scrivere mi aiuta a tirar fuori le emozioni. Malgrado sia una gran chiacchierona, sulle mie vicende personali sono un po’ restia a condividere. Così scrivere mi aiuta a dare forma a tutte le sensazioni che provo. Da sempre aggiorno un diario che mi aiuta a calmarmi quando sono arrabbiata, a placare le lacrime quando sono triste, a fissare un’emozione quando sono contenta. Quindi pubblicare il diario di questa gravidanza un po’ più lunga del normale ha qualcosa di profondamente intimo. Perché hai voluto farlo? E come ha vissuto tuo marito questa scelta? Nel corso di questi lunghi otto anni di attesa ho percepito che essere sterile fosse una cosa di cui vergognarsi. Ho voluto incoraggiare le tante coppie che sono nella nostra condizione a non accettare questa etichetta proprio perché non c’è nulla per cui sentirsi inadatti. Anzi provando con ardire, senza voler mai offendere nessuno, ad imparare a scherzarci su. Quando ne ho parlato con mio marito subito si è sentito in accordo. Non avrei mai potuto scrivere e pubblicare senza il suo placet, proprio perché è una vicenda che ci ha interessati come coppia. Lui ne è stato contento e mi ha sostenuta. La vostra esperienza di attesa del cuore è una situazione condivisa da un esercito di coppie in attesa di essere convocati. Come si può vivere con serenità questo tempo? La serenità è la cosa più difficile da raggiungere e preservare. Tutto nasce dall’unità che si instaura all’interno della coppia. Io e mio marito non abbiamo mai cercato un figlio per riempire un vuoto affettivo tra di noi, imparando a vivere intensamente la nostra dimensione di famiglia come coppia. Nel difficile percorso per raggiungere la serenità abbiamo compreso quanto sia fondamentale non farsi erodere da sentimenti negativi, come potrebbe essere l’invidia verso chi ha figli. Abbiamo trovato il balsamo per i nostri cuori nella preghiera e con stupore scoperto quanti, in tanti, hanno pregato per noi. È stato di grande aiuto raccontarci sempre tutte le emozioni, sia quelle belle che quelle brutte. All’inizio c’è la tentazione di tenere tutto per sé, pur di non intristire l’altro; e, invece, ci siamo resi conto che condividere ci aiutava anche ad annientare i sentimenti di rancore, ad annichilire ogni giudizio. Ad un tratto nel libro racconti che durante una chiacchierata a qualcuno sfuggì: “Quando sarete una famiglia capirai”. E tu, costretta a parafrasare, affermi: “Noi siamo una famiglia. Piccola di numero, ma siamo una famiglia”. Cosa significa per te essere famiglia? Quando io e mio marito abbiamo deciso di sposarci, e volevamo fortemente sposarci in Chiesa, sapevamo che poteva esserci qualche problema, che avremmo potuto avere difficoltà. Ma lo abbiamo voluto con tutto il cuore perché per noi essere famiglia non significava solo amarsi. Famiglia è avere un progetto che sia fondato sull’amarsi, sul rispettarsi, sull’aiutarsi, sul farsi accanto e contribuire nel piccolo a rendere la società migliore, forse non facendo nulla di straordinario, ma facendolo insieme. Il fatto che non arrivasse un figlio non ha cambiato il nostro progetto, sapevamo che erano questi i pilastri della nostra famiglia sui quali potevamo allargare la casa interiore nell’eventualità fossero arrivati dei bambini. Chi sono queste donne che introducono ogni capitolo del libro con la loro storia? Iniziai con l’inondare di richieste tutti i forum di gruppi di sostegno per chi era alla ricerca di un bimbo. Lanciai il mio “messaggio in bottiglia” nell’immenso oceano del web e fui letteralmente inondata di storie. Quello che mi ha colpito è che ciascuna donna chiedeva di non essere riconosciuta. Di fondo c’è un pudore, forse misto a imbarazzo, nel raccontare delle proprie vicende e questo mi ha convinta ancora di più dell’utilità del mio racconto. Cosa ha significato per te la prefazione curata da Beatrice Fazi? Io e mio marito abbiamo seguito un “Medico in famiglia” dalla prima edizione, insomma ancor prima che ci fidanzassimo. Mai avrei immaginato di poter condividere, in prima persona, una cosa così importante con una donna dello spettacolo. Non conoscevo la sua storia e scoprendola mi ha colpito. E, a proposito di pregiudizi, spesso si pensa a questi personaggi che vivono con superficialità e invece è stato bello scoprire che c’è, dietro ad un volto, una bella anima. Mi ha tanto arricchito il suo contributo, anche perché ho constatato di non essere solo oggetto di pregiudizi per la mia personale vicenda, ma ero stata io per prima a nutrirne. Sveliamo il finale: il lieto epilogo con l’avvento di Aurora. È qualcosa di incredibile! Avevo già consegnato le bozze del libro e mi sono ritrovata ad aggiungere un altro capitolo. Altre pagine che ho ritenuto doveroso scrivere. Avevo forse un po’ perso la speranza ed è arrivata lei, l’Aurora della nostra vita. Ho scritto di getto quelle pagine nelle sere appena successive al suo arrivo, erano i nostri primi giorni da genitori, ero nel pieno del delirio ormonale: non avevo partorito con la pancia, ma lo avevo finalmente fatto con il cuore. Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia Cari lettori di Punto Famiglia, stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11). CONTINUA A LEGGERE Tag adozione, libro ANNUNCIO 1 risposta su “Aiuto! Mi si sono rotte le acque…” Ho intenzione di acquistare al più presto questo testo meraviglioso solo chi sta vivendo questa esperienza può comprendere il vivere la gestazione adottiva… ho sempre pensato che è un grande Dono poter incarnare l amore e poi incontrare i tuoi occhi con quelli di tuo figlio.. grazie vale Lascia un commento Annulla rispostaIl tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *Commento Nome * Email * Sito web Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy. Ho letto e accettato la Privacy Policy * Ti potrebbe interessare: “Il mondo non può rimanere a guardare”. La mostra fotografica di Jacopo Naddeo sulla realtà in Burkina Faso Prepararsi al Natale da “profeti”: è Dio che guida la storia Vengono dal carcere le ostie per l’altare: l’iniziativa in due diocesi Messa quotidiana in famiglia? Si può fare! 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Ho intenzione di acquistare al più presto questo testo meraviglioso solo chi sta vivendo questa esperienza può comprendere il vivere la gestazione adottiva… ho sempre pensato che è un grande Dono poter incarnare l amore e poi incontrare i tuoi occhi con quelli di tuo figlio.. grazie vale