Giubileo della Misericordia

L’altro deve meritare il nostro perdono? Un amore si merita?

storia perdono

di fra Vincenzo Ippolito

Non siamo disposti a perdonarci e a perdonare, chi sbaglia è fuori dalla porta per sempre e, se vuole rientrare, è costretto a rifare un noviziato più lungo e duro del precedente.

Caro Marco,

è ancora dinanzi ai miei occhi il tuo volto acceso di collera e la tua voce che impreca, mentre esci sbattendo la porta, lasciando Lucia in lacrime e me senza parole. Credo che quel portone non sia stato mai scosso dai venti da un’ira così impetuosa. Eppure, proprio quella porta è stato il grembo che ti ha generato alla vita nuova, quando, spingendo l’uscio, chiedesti a me, che passeggiavo nel chiostro: “Padre, ho un peso al cuore, posso parlarle?”. Da quel giorno, hai attraversato tante volte quella soglia perché la tua vita fosse plasmata da Cristo, che promette e dona la gioia esigente del Vangelo. Alle sue mani non avevi ancora affidato il risentimento e l’ira, ma anche questa esperienza è giunta, portando con sé tanto dolore.

Da perfezionista come te, ti comprendo bene, non siamo disposti a perdonarci e a perdonare, chi sbaglia è fuori dalla porta per sempre e, se vuole rientrare, è costretto a rifare un noviziato più lungo e duro del precedente. Si può sbagliare nella vita, sì, è doloroso, lo so quanto te, anche in amore si può cadere e più volte. Tu ora ti senti tradito, ferito a morte nel cuore, ma lascia che Gesù possa donarsi a te come parola di vita; lascia che Egli, come buon Samaritano, versi sulle tue ferite il vino dell’amore ritrovato e l’olio della perfetta letizia; lascia che doni al tuo cuore la parola della croce, la sorgente che zampilla dell’amore che diviene perdono.

Mi dici il passato o anche il futuro del verbo amare? Non mi rispondere amavo oppure ho amato o ancora amerò! Chi ama, guardando al passato, perdona e chi sogna il futuro, dopo aver perdonato, non ha paura di amare. Strano questo verbo, non trovi? L’unico a saperlo coniugare in tutti i suoi tempi è stato Gesù, venuto nel mondo perché l’eternità dell’amore di Dio riempisse il tempo dell’uomo. Gesù, amando, ha guarito lo storpio e ridonato la luce al cieco, amando, ha risuscitato Lazzaro e svegliato la ragazza dodicenne, con l’amore, ha purificato il cuore della peccatrice ed asciugato le lacrime di Pietro, perfino sulla croce, perdonando è come se avesse detto agli uomini: “Avete preso la mia vita e mi avete crocifisso, ma io sono disposto a riconsegnarmi a voi mille volte, perché non ho paura di amarvi con quella carità con cui il Padre mi ama!”.

Marco, figlio mio, chi ama, perdona e chi perdona, dimentica ogni errore e si riconsegna all’altro, sapendo che egli può fare di te ciò che vuole. Lucia non deve meritare il tuo perdono, perché un amore che si merita, non è amore, ma un baratto, un amore che ricatta, non edifica nulla. Tu vuoi amare di un amore che diventa perdono? Sei disposto a dirle: “Io mi consegno nelle tue mani ed accolgo te nelle mie, fragili quanto le tue?”. Non dire che questo è impossibile, perché nulla è impossibile a chi lascia dilagare nella propria vita l’Acqua che sgorga dal costato trafitto di Gesù, il suo Spirito che ci rende capaci di amare come Lui ci ama.

Ora io faccio silenzio, ma ogni sera, passeggiando nel chiostro, lascerò la porta socchiusa. Tu spingila ed entra senza paura, come la prima volta. Io ti attendo per coniugare il verbo amare in tutti i suoi tempi. Useremo come libro di testo la carne di Gesù, in cui il duro talamo dei chiodi ha scritto l’unica regola da applicare sempre: l’amore vero conduce al dono della vita.




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