Trasmettere la fede

I nostri figli come i discepoli di Emmaus

di Giovanna Pauciulo

Quante volte voi genitori vi siete sentiti, come Gesù sulla via di Emmaus? Quante volte i vostri figli hanno interiorizzato motivazioni sbagliate, hanno interpretato le vostre scelte con un metro di giudizio che voi non avete mai dato?

Nel famoso brano dei discepoli di Emmaus vediamo due persone che deluse tornano da Gerusalemme a casa. Avevano sognato, sperato. Erano accorsi nella città santa per vedere trionfare Colui che avevano creduto essere il Messia, mai avrebbero immaginato quello che è poi accaduto e cioè che Gesù di Nazaret fosse condannato a morte e crocifisso. Che delusione! Si erano sbagliati e non potevano capacitarsene. È di questo che discutevano lungo la via, cercavano di trovare una ragione plausibile, ma non ci riuscivano. Erano stati ingannati. Questi discepoli cercano di trovare un senso, cercano di comprendere ma non possono perché partono da un errore: si ostinano a non voler accettare e riconoscere che quel Gesù Crocifisso è effettivamente il Figlio di Dio. Erano stati attratti da Gesù, ma quando è giunto il tempo di condividere sul serio cioè stare con Lui sulla croce per entrare nella luce, nella verità piena, non hanno resistito. La via scelta da Gesù non era la via che essi intendevano percorrere, lo scandalo della croce accaduto a Gerusalemme non corrispondeva alle loro attese. Questi discepoli non hanno saputo leggere la storia con gli occhi di Dio: ecco l’inganno nel quale si vengono a trovare! Prima di andare a Gerusalemme essi non conoscevano veramente Gesù, la loro era una falsa attesa, una conoscenza imperfetta di Gesù seguivano l’immagine che loro si erano fatti di Gesù e credevano di essere nella verità. Ora con Cristo risorto, tutto è compiuto e quindi sono nella verità, si sentono smarriti, confusi e delusi, scoraggiati.

Cari genitori non vi sembra di poter scorgere in questi discepoli i nostri figli? Confusi e disorientati, che inseguono una felicità evanescente, ostinandosi a volte a rifiutare la felicità che viene dall’incontro con Gesù? Quante volte voi genitori vi siete sentiti, come Gesù sulla via di Emmaus? Quante volte i vostri figli hanno interiorizzato motivazioni sbagliate, hanno interpretato le vostre scelte con un metro di giudizio che voi non avete mai dato. Quante volte vi esprimono il loro disappunto per le scelte e quasi prendono le distanze, quante volte vi dicono che solo voi li costringete a pregare, solo voi siete sempre disponibili con il prossimo, solo voi chiedete delle rinunce? Mia figlia qualche sabato sera fa mi diceva: “Mamma ma escono tutti perché io devo venire alla veglia di Pentecoste?”.

Quante volte cari genitori vi sentite incompresi proprio da quei figli che avete allevato cercando di trasmettere tutto? Cosa fa Gesù? Si fa accanto per camminare con i suoi discepoli e spiegare il senso del suo agire. Non sempre invece noi genitori siamo pronti: a metterci accanto, a compiere insieme con loro i passi, ad entrare nei discorsi dei nostri figli per condurli oltre. Proprio come fa Gesù con i discepoli di Emmaus si inserisce nei loro discorsi, non li blocca, li lascia parlare, li ascolta e solo dopo è lui a parlare, dal di dentro dei loro discorsi, per dare luce e lasciare che siano essi a chiederGli di restare

Che straordinaria pedagogia di dialogo quella di Gesù! Egli è nella verità per questo custodisce la pace, non perde la pazienza e attende che i discepoli compiono il loro viaggio interiore. I discepoli poi pur se delusi scoraggiati e tardi di cuore non smettono però di cercare. Ecco perché sono, subito e nuovamente, attratti dalla parola di verità che Gesù consegna loro e sono pronti a dire Gesù: “resta con noi”. Ahimè! I nostri figli appaiono rassegnati, distratti. I loro giudizi a volte sono spietati nei nostri confronti soprattutto verso il nostro educare e anche il nostro vivere la fede è sottoposto a giudizio. Il tentativo di indicare la via delle virtù riceve non di rado risposte di indifferenza se non di rifiuto. Maggiore fatica ce l’hanno i genitori con i figli adolescenti o giovani, ma anche con i piccoli non è sempre facile portarli a messa, chiedere loro di pregare alcuni sono docili ma altri richiedono una grande dose di pazienza e di attesa educativa.

Come fare? Da dove ripartire? Ripartiamo da Emmaus, Gesù ha parlato ai discepoli, ma solo quando fa per andare più lontano i discepoli si destano e gli chiedono resta con noi allora anche con i figli non dobbiamo chiedere di fare, dobbiamo creare le condizioni, offriamo ragioni e motivazioni che suscitano la loro personale risposta. Provochiamoli e disarmiamoli con la nostra accogliente testimonianza che conferma la parola annunciata. E poi attendere la loro personale risposta. Questo non significa che se un figlio non vuole partecipare a messa lo lascio stare, perché deve decidere da solo se andare o no. Innanzitutto devo motivarlo a dare una risposta positiva ma se proprio non riesco, devo chiedere che lo faccia per me che lo faccia come dono a me genitore.

Il figlio che va a messa ha dato al sua personale risposta non importa per chi lo abbia fatto – certo questo ci ha fatto capire che ancora non c’è una motivazione di fede che lo porta ad agire – ecco la misura del lavoro ancora da fare – ma il legame affettivo parentale lo ha portato a fare la scelta buona e poiché la celebrazione eucaristica è un evento di grazia, la natura del figlio che partecipa anche solo per accontentare il genitore sarà comunque rigenerata. Non è un ricatto affettivo ma la presentazione al figlio di ciò che è buono per il genitore e perciò stesso per il figlio, oltre ad essere uno scambio affettivo del darsi e riceversi tra genitore e figlio.

Per i bambini piccoli, a volte i genitori concedono di portare a messa un giochino, il nintendo o la PSP. È una errata educazione religiosa. Il bambino deve comprendere il luogo in cui si trova ed essere educato a consegnare il tempo a Gesù. Facendo così portiamo il bambino a pensare vado al parco o sto in chiesa è la stessa cosa. Sta al genitore poi comprendere e discernere se il bambino è in grado di sostenere la durata della celebrazione eucaristica e quindi decidere di conseguenza.

Se prima di uscire per partecipare a messa il figlio sta giocando alla PSP e gli diciamo dai vieni che dobbiamo andare a messa, quale tipo di risposta possiamo aspettarci? Se invece spegniamo tutto, ci prepariamo insieme, puntiamo l’attenzione sul fatto che dobbiamo uscire per andare a messa, creiamo l’attesa di andare ad incontrare qualcuno, potremo sperimentare una risposta da parte del bambino che sorprenderà il genitore.




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1 risposta su “I nostri figli come i discepoli di Emmaus”

Grazie Giovanna per questo articolo!
Pur non essendo ancora genitore condivido in pieno le scelte che hai indicato nell’articolo, e necessarie da compiere per la trasmissione della fede ai figli.
Oggi, purtroppo, il più delle volte si cerca più di tenere occupati figli con cose di vario genere “non sempre istruttive”, che accompagnarli a fare delle esperienze di vita.
A volte vedo che ci si accontenta di essere genitori.
I figli vanno accompagnati in tutto, soprattutto e anche nella fede, se si è scelti di essere una coppia cristiana. Questo comporta delle scelte non sempre popolari, che più delle volte vanno controcorrente; ma essere cristiani del resto non significa fare quelle scelte che ti mettono in gioco, e ti chiedono di uscire fuori di te per andare incontro ai tuoi figli, per aiutarli a crescere nell’amore di e per Dio.
Io credo che la sfida di oggi per noi sposi e genitori cristiani è la “trasmissione della fede” e la trasformazione delle nostre case in “chiese domestiche”, in cui si rivivono quei valori e rituali religiosi, ormai persi, e non più visibili ai nostri figli e a tutte le persone che ci frequentano.
Un abbraccio in Cristo.
Alfredo.

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