Profughi

Il sogno d’amore, scampato a Boko Haram, si è fermato ai piedi di una terribile violenza razzista

Emmanuel e Chimiary

di Giovanna Abbagnara

Stava passeggiando con la moglie nel centro di Fermo Emmanuel Chidi Namdi, un nigeriano cristiano di 36 anni quando, dopo aver reagito agli insulti alla moglie da parte di un tifoso ultrà, è stato aggredito e ridotto in fin di vita. Questa notte Emmanuel è deceduto in seguito alle violenze subite.

Lo scorso novembre, Emmanuel e la sua compagna Chimiary, di 24 anni erano stati accolti dalla Fondazione Caritas in veritate, guidata da don Vinicio Albanesi. Erano in fuga dalla Nigeria, dove avevano perso tutti i loro familiari in uno degli attacchi alle chiese cristiane da parte di Boko Haram e per arrivare in Italia avevano superato altre violenze in Libia. Una traversata che era costata la vita al bimbo che lei portava in grembo. Infatti Chimiary, per le violenze subite durante il viaggio, appena sbarcata in Italia ha avuto un aborto spontaneo. A gennaio Emmanuel e Chimiary avevano chiesto a don Albanesi, nella veste di parroco e di presidente della Fondazione che li ha accolti, di essere uniti in matrimonio religioso anche se privo di effetti civili poiché i due ragazzi non avevano i documenti necessari. Questo però non aveva impedito ai due di realizzare il sogno maturato nella terra di origine.

“Una provocazione gratuita, a freddo – ha detto ieri in conferenza stampa don Vinicio Albanesi -. Ci costituiremo parte civile, nella veste di realtà a cui i due ragazzi sono stati affidati”. Sono 124 i profughi accolti nella struttura del seminario di Fermo, tra cui 19 nigeriani. Il primo gesto di don Vinicio è stato poi la preghiera: “Vogliamo pregare e chiedere perdono per non aver saputo proteggere e accogliere una giovane vita, sfuggita al terrore per trovare poi la morte in Italia”. Don Albanesi ha anche lasciato trapelare una indiscrezione importante: “Ci sono piccoli gruppi, di persone che si sentono di appartenere evidentemente alla razza ariana! Fanno capo anche alla tifoseria locale e secondo me si tratta dello stesso giro che ha posto le bombe davanti alle nostre chiese! E se lo dico, significa che non è una semplice impressione…”. Sono state infatti quattro le chiese della Diocesi prese di mira da ignoti attentatori che hanno piazzato ordigni esplosivi artigianali tra febbraio e maggio scorsi. I parroci sono tutti impegnati nel sociale e nell’assistenza a emarginati, tossicodipendenti e migranti.

“Per quel che mi riguarda, non ho intenzione di fermarmi nell’accoglienza di migranti e richiedenti asilo. Io non ho paura. Anzi, fatti come questa aggressione vigliacca e gratuita mi spingono ad andare avanti con ancora più convinzione, forte del sostegno del mio vescovo, che mi ha dato il permesso di costituirmi parte civile nel processo e, fin da subito, ha concesso l’uso degli spazi del seminario per accogliere i profughi”. Don Vinicio ha una storia di carità alle spalle che non lo fa indietreggiare davanti alle ingiustizie.

“La persona è una sacralità e come tale va rispettata. Lo sforzo è capire come è possibile rispettare la persona e alimentare i suoi sogni, come è possibile renderla felice”. Erano state le sue parole il 27 giugno nel 50° anniversario della Comunità di Capodarco di Fermo, un impegno di una vita a fianco delle persone più deboli. Una strada molto lunga, quella per far accettare la disabilità in Italia, che la Comunità ha percorso con decisione, costruendo intorno ai valori di condivisione, accoglienza e centralità della persona, “l’utopia concreta” di un modello di società inclusiva e alternativa. Una strada lunga 50 anni. Una strada che non si fermerà davanti a questa ulteriore violenza.

L’episodio di Fermo ci obbliga ad una seria verifica. Perché due persone sfuggite all’odio e alla violenza in Nigeria, sono oggi vittime della stessa violenza in un paese civile come l’Italia?

La diocesi di Fermo è tra le diocesi che per prime si sono aperte all’accoglienza dei migranti. Perché solo la Chiesa oggi è capace di dare risposte di solidarietà a questi fratelli? E per giunta, proprio in nome di questo, è continuamente vittima di rivendicazioni e avvertimenti?

Affacciandosi, al termine della Messa del giorno di Pasqua, dalla loggia centrale della basilica vaticana, il Papa disse che «l’annuncio gioioso della Pasqua – Gesù, il crocifisso, non è qui, è risorto – ci offre la consolante certezza che l’abisso della morte è stato varcato e, con esso, sono stati sconfitti il lutto, il lamento e l’affanno. Il Signore, che ha patito l’abbandono dei suoi discepoli, il peso di un’ingiusta condanna e la vergogna di una morte infame, ci rende ora partecipi della sua vita immortale e ci dona il suo sguardo di tenerezza e di compassione verso gli affamati e gli assetati, i forestieri e i carcerati, gli emarginati e gli scartati, le vittime del sopruso e della violenza».




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1 risposta su “Il sogno d’amore, scampato a Boko Haram, si è fermato ai piedi di una terribile violenza razzista”

Ti amo e ti amerò fino alla morte e oltre
L’episodio di Fermo ci obbliga ad una seria verifica. Perché due persone sfuggite all’odio e alla violenza in Nigeria, sono oggi vittime della stessa violenza in un paese civile come l’Italia?
Tante sono le storie brutte che in questi giorni abbiamo drammaticamente ascoltato e che creano in noi timore, ansia, paura. Dall’attentato all’aeroporto di Istanbul, all’uccisione di venti persone in un ristorante a Dacca in Bangladesh,di cui nove italiani, alla morte di un giovane studente americano a Roma, ultimo a Dallas l’uccisione di cinque agenti…
La cronaca è piena ogni giorno di episodi terribili, il male è sotto i nostri occhi ormai ci siamo abituati e sembra che flebilmente ci auguriamo che non ci tocchi.
Triste e toccante è la storia di Emmanuel in fuga dalla Nigeria con sua moglie Chimiary , accolti in una struttura per immigrati guidata da don Vinicio Albanesi e massacrato di botte da un gruppo di ultrà italiani a Fermo per aver tentato di difendere da insulti la sua compagna.La violenza è diventata un pensiero sociale dominante ovunque.

Occorre risalire a monte, a quelle concezioni , a quei gruppi che hanno proclamato e inculcato, e continuano a proclamare ed inculcare specie nelle coscienze dei giovani, come ideale di vita, la lotta contro l’altro, l’odio contro chi la pensi o agisca diversamente, la violenza come unico mezzo per il progresso sociale e politico. Ma la violenza genera violenza, l’odio genera odio.La vita umana è il fondamento di tutti i beni, la sorgente e la condizione necessaria di ogni attività e di ogni convivenza sociale.

Non possiamo non augurare a questa comunità ferita di continuare a sostenere con coraggio i 124 i profughi accolti nella struttura del seminario di Fermo, insieme ai tossicodipendenti e gli emarginati, di educare a far diventare l’uomo fonte di forza e di fiducia per rendere la sua vita non solo degna ma anche generosamente al servizio dei fratelli.
Alla giovane sposa privata del suo amore va tutta la solidarietà e vicinanza e come dice il poeta “ Quando la mano di un uomo tocca la mano di una donna entrambi toccano il cuore dell’eternità.(Khalil Gibran)
Coloro che vivono d’amore vivono d’eterno.

Grazie direttore Giovanna Abbagnale,perché attraverso il vostro giornale ci date sempre l’opportunità di rivedere eventi e storie alla luce dei valori e della fede e ci donate l’opportunità di creare spazi di riflessioni nonché di preghiera.

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