2 Settembre 2016

2 Settembre 2016

L’attesa fiduciosa

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 5,33-39)
In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere; così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!».
Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

Il commento

Verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno” (5,35). L’annuncio delle nozze, cioè della nuova alleanza che si compie in Gesù, s’intreccia con l’invito a digiunare. La gioia della festa e la supplica orante sono due aspetti diversi e complementari di una stessa esperienza di fede. La certezza che Dio accompagna il cammino dell’umanità genera una fiducia che niente e nessuno potrà togliere. Ma la storia non è sempre avvolta nella luce, anzi spesso appare prigioniera del male. In questi momenti, è proprio la fiducia in Dio che spinge l’uomo a pregare. E quando il dramma si addensa o quando abbiamo bisogno di più luce, alla preghiera si aggiunge anche il digiuno, come chiese Giovanni Paolo II all’indomani dell’11 settembre: “Il digiunoesprime dolore per una grave sventura, ma pure la volontà di assumerne in qualche misura la responsabilità, confessando i propri peccati ed impegnandosi a convertire il cuore e le azioni a una maggiore giustizia verso Dio e verso il prossimo. Digiunando si riconosce con fiduciosa umiltà che un autentico rinnovamento personale e sociale non può che venire da Dio, dal quale tutti radicalmente dipendiamo” (Angelus, 9 dicembre 2001, n. 2).

Il digiuno è la risposta dell’uomo dinanzi ad una storia ancora segnata dal male; ma nello stesso tempo manifesta la speranza di chi non perde la certezza che Dio porterà a compimento le sue promesse e attende le nozze definitive tra l’Agnello e la Chiesa, sua Sposa (Ap 19,7). Il digiuno è il gesto umile di chi, rinunciando a ciò che è essenziale, sa di poter contare solo su Dio. Il digiuno non rende tristi, al contrario esprime e alimenta la gioia della fede. In questa luce possiamo comprendere il beato Charles de Foucauld che diceva: “non soltanto digiunare, ma amare il digiuno”. Oggi chiediamo la grazia non solo di credere ma anche di soffrire per il Regno; e di partecipare al faticoso travaglio della storia con la preghiera e il digiuno, con il cuore e il corpo, con le parole e le opere.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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