Educare

Educare alla responsabilità i propri figli. Si può?

adolescenza

di Giovanna Pauciulo

Registrano video porno per far ingelosire il fidanzato, sono pronti a mettere alla gogna mediatica un amico o una ragazza che non è stata consenziente. Sono eterni fanciulli. Non sanno distinguere il bene dal male. Chi sono? I nostri figli.

Con mia figlia di 5 anni la fatica più grande è quella di farle conoscere le conseguenze delle sue azione. Colora e si pasticcia le mani e a volte anche la maglietta. E alla mia richiesta di non sporcarsi risponde: “Ma poi si lava”. Ha ragione, per certi versi. In realtà lei non sa che ci sono dei colori che si smacchiano e altri no, che ci sono dei tessuti resistenti ai colori e altri no… quindi la sua scelta è ragionata ma in riferimento alle sue conoscenze. Altre volte capita che prendendo un oggetto lo fa cadere e al mio rimprovero mi risponde: “Scusa non sapevo che fosse così pesante”, non ha consapevolezza della sua forza.

Se cambiamo fascia di età potremmo dire ad un figlio adolescente che usa molto il cellulare: “ma non ti rendi conto che hai sprecato molte ore e non hai fatto i compiti?” E lui risponde “sì, ma ora li faccio”. Il genitore pensa ad uno studio approfondito, il figlio ha solo la preoccupazione di fare i compiti. Perciò non si rende conto della richiesta del genitore. Dà la sua risposta.

È qui che si introduce la responsabilità del genitore. Preoccuparsi di offrire elementi di valutazione, criteri di giudizio per decidere, non solo in base al piacere e al tornaconto personale. Un dialogo attento con i figli passa dal “dove sei stato? Hai fatto i compiti?” – richieste generiche, impersonali e funzionali in vista di uno sterile adempimento di un dovere –   a richieste più concrete del tipo “cosa ti è piaciuto di quello che hai studiato oggi? Perché secondo te quel tuo amico si è comportato così?”. Queste richieste attivano un dialogo fecondo in cui il figlio è chiamato a venire fuori con le sue considerazioni e grado di consapevolezza dei fatti. Il genitore può limitarsi all’ascolto consapevole o anche cogliere l’occasione per indicare comportamenti, per chiedere di assumere un impegno. Se è chiaro che per apprendere un mestiere è necessario un tempo di apprendistato allo stesso modo deve essere chiaro che affinché i figli siano adulti responsabili devono aver pian piano imparato a far crescere il loro grado di consapevolezza, la capacità di assumere degli impegni. Il quotidiano ci riserva una serie di occasioni per educare alla responsabilità. Non è un compito semplice e non esiste un inizio e una fine. La responsabilità cresce giorno dopo giorno, fin da piccoli, nella misura in cui il figlio è in grado di rispondere.

Educare alla responsabilità allora significa per il genitore sapere cosa pensa, in base a cosa giudica, come decide il figlio, in altre parole dove si trova il figlio, in ordine alla sua capacità di essere consapevole delle sue scelte e delle sue azioni, della capacità di rispondere delle sue azioni, di assumersi cioè l’onere delle scelte fatte.

Se il genitore deve sapere dove sta il figlio domandiamoci: dove sono i genitori in grado di svolgere questo compito educativo?

Dobbiamo riconoscere che i ritmi frenetici, gli impegni di lavoro, la routine, spesso costringe noi genitori ad essere funzionali anche con i figli, e spesso ci aspettiamo che da soli comprendano il significato delle loro azioni, o sappiano dare la risposta adeguata. Li rendiamo autonomi troppo in fretta, il fatto che sappiano usare il pc e il cellulare meglio di noi non significa che sono capaci di gestirli, di avere consapevolezza della loro portata. Siamo noi genitori che permettiamo ai figli di usare il cellulare senza controllo, acquistiamo per la PSP giochi violenti. Se il “lasciar fare” rappresenta la regola educativa e non si affronta la fatica di spiegare le regole, di mostrare i valori che esse contengono, non si insegna il limite, mal si sopporta la legittima trasgressione dei figli che cosa ci aspettiamo con questo atteggiamento genitoriale allora il compito educativo si rivelerà infernale e i figli saranno ostili all’ambiente familiare perché soffocante e a nulla servono le punizioni.

Cari genitori cosa chiediamo a questi figli? Il minimo, cioè di svolgere i loro impegni, scolastici o sportivi, senza altre attività che possono responsabilizzarli e crescerli come persone accorte e interessate.  Quanti sì vengono loro detti perché è più difficile dire dei no. È più facile invocare la punizione, a volte senza corrispondenza con il torto compiuto o senza preoccuparsi che il figlio abbia compreso il valore della punizione.  Ma ai ragazzi la sola punizione, pur legittima da sola non basta, non serve, soprattutto se è il frutto di una incapacità comunicativa del genitore.  Quello che devono capire, e interiorizzare, è il senso della responsabilità di quello che fanno, il rispetto per l’altro, il senso di colpa. Educare alla responsabilità significa allora mettere il figlio in condizione di dare una risposta, la migliore che egli è capace di dare, una risposta positiva che produca il bene verso se stessi, verso gli altri e verso la società. Basta l’assenza di uno solo di questi riferimenti per ritenere che la risposta che si vuole dare non è adeguata.

Vi propongo un esempio banale, il bambino mangia la caramella in auto, è poiché sa che l’auto deve restare pulita la butta dal finestrino. Certo il bambino ha osservato una regola: l’auto deve restare pulita ma per farlo non ha tenuto conto di una regola di civiltà e cioè che la carta lasciata per strada inquina e deturpa l’ordine. Il bambino ha fatto una valutazione soggettiva – ha tutelato il rapporto con i genitori che lo avrebbero rimproverato una volta trovata la carta nell’auto – ma non ha avvertito la necessità di rispettare e tenere pulita la città.

Ogni azione comporta una reazione, ai figli bisogna insegnare che si è pronti a dare una risposta quando si è pronti a riconoscere come buone ed accettare le conseguenze di quella risposta verso se stessi, agli altri e alla società.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su “Educare alla responsabilità i propri figli. Si può?”

Grazie.
Ho apprezzato molto la frase :
” Cosa Ti e’ piaciuto di quello che hai studiato oggi?”

Una domanda del genere va dritta al CUORE del figlio.

… E se si arriva al CUORE educare e responsabilizzare il figlio diventera’ molto piu’ semplice.

Vincenzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.