Educazione

Come possiamo aiutare i nostri figli a scegliere il bene?

genitori

di Giovanna Pauciulo

Trascorriamo con i nostri figli tantissimi istanti educativi, più di quelli che immaginiamo e li educhiamo quando meno ce ne accorgiamo perché i figli sono lì pronti ad osservare, a captare, a capire.

Mi capita spesso di raccogliere queste confidenze: “Lo sai che il mio papà mi sgrida quando butto la carta per terra, però lui la butta sempre fuori dal finestrino della macchina”; oppure “La mia mamma si arrabbia se dico le parolacce, ma mio fratello quando guarda la partita le dice tanto brutte e la mia mamma non gli dice niente!” e ancora: “Perché io devo sempre salutare e dare il bacino alla zia se la mia mamma dice che è brutta e antipatica?”. Quali altre confidenze potrebbero fare i nostri figli pensando a noi genitori?

I figli poco tollerano incoerenze e limiti che disturbano la loro crescita morale. Molti sono i genitori che restano stupiti dei richiami morali che il figlio è capace di fare a partire proprio dalle loro affermazioni educative. Il genitore che affascina moralmente è quel genitore per cui la legge morale non è una prigione ma è la sostanza del suo modo di interpretare i fatti, del suo agire, della sua visione della vita. Per questo genitore l’adesione ai valori è la sostanza del suo essere e i suoi comportamenti rimandano ad essi.

La coscienza di un figlio in un primo momento si sveglia e si esprime come imitazione del modello genitoriale accettato e riconosciuto. Qui dunque è decisiva la moralità del genitore, in virtù del  ruolo molto importante che svolge la sua testimonianza.  Ciò che è indispensabile allora è che i figli abbiano dei genitori, o almeno uno dei due, che dimostrino nella vita di tutti i giorni che cosa significa vivere secondo coscienza retta e che in questo modo, riescono ad avere la stima e la collaborazione del figlio. Ma non basta porsi come modelli, occorre accompagnare il figlio alla maturazione della sua coscienza esattamente come i genitori accompagnano i figli allo sviluppo delle sue abilità motorie o intellettive. Ad esempio, come accade con un bambino che comincia a fare i primi passi per imparare a camminare e nei primi tempi cade molte volte e spesso tenta di gattonare piuttosto che camminare perché gli riesce più facile. E noi genitori siamo lì a sorreggere e rialzare senza mai perdere le speranze che egli un giorno non lontano camminerà. Allo stesso modo dobbiamo fare per la crescita della sua coscienza finché non sia formata. Siamo lì a indicargli la mèta, a ricordargli il cammino e a lasciar che compia le sue scelte. Questa accettazione e accoglienza del suo essere è il riconoscimento della sua responsabilità, della sua coscienza, lì dove si assumono i valori, si fanno le valutazioni, vengono coinvolte le emozioni, si prendono decisioni, si decide la propria libertà.  

Una testimonianza genitoriale che spinge il figlio ad imitare il genitore. Se un genitore ha stima del figlio non smette di puntare al bene, questo aiuterà il figlio ad avere stima di se stesso ed ugualmente scegliere lo stesso quadro di valori.  In questo modo abbiamo indicato una modalità, creato le condizioni che permettono al figlio di dialogare con la sua coscienza. In questo dialogo dobbiamo accompagnarlo discretamente senza sostituirci, o farci rifiutare. Questo accompagnamento può realizzarsi  se saremo bravi a porre più attenzione alla persona del figlio che alle azioni che compie.

Quanti esempi concreti si potrebbero fare!  Ricordo che quando ero giovane, qualche volta capitava che tornassi a casa più tardi rispetto all’ora pattuita con i miei genitori. In quelle occasioni, mi faceva molto male essere aggredita al mio ritorno senza possibilità di spiegarmi; mentre tanto bene mi faceva quando i miei genitori mi accoglievano chiedendomi: “Come mai hai fatto tardi. È successo qualcosa?” Perché in questo caso sentivo che non mettevano in discussione la mia rettitudine di fronte al mantenimento di un patto, ovvero l’orario di ritorno, quanto piuttosto, certi della mia obbedienza, mi manifestavano la legittima preoccupazione genitoriale.

Ora da madre spesso mi sovviene il dialogo della vergine Maria che al tempio chiede a  Gesù dodicenne: “Figlio, perché ci hai fatto questo?”. Da madre oggi mi capita di ricordare a mia figlia adolescente di provare, se riesce, a contenere i suoi sbalzi di umore, di dare il giusto peso e di attendere che tutto le diventi più chiaro. E non di rado mi capita di chiederle di accogliere le mie indicazioni anche se lei adesso non riesce a comprenderle fino in fondo. Io credo che quando il genitore si presenta come giustiziere di una legge e il difensore della verità, qualunque azione educativa non gli darà successo.  Se invece il genitore accetta lo sviluppo e la crescita del figlio, si vincono momentanee contraddizioni, si integrano progressivamente i diversi aspetti, si sostiene il figlio e lo si aiuta a cogliere anche i più piccoli segnali di crescita nel bene, certamente questo lo aiuta a percepire, a riconoscere e ad accogliere la sua coscienza e quindi avremo così creato le condizioni perché la coscienza primitiva del figlio si metta in cammino per realizzare il bene. Fare il bene significa agire per il bene: il bene di sé che non viene mai prima o dopo ma unitamente al bene degli altri. Tutto il resto è conseguenza.




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1 risposta su “Come possiamo aiutare i nostri figli a scegliere il bene?”

Secondo me se la famiglia è composta da più figli bisogna trattare tutti allo stesso modo, non fare differenze. Nel senso che se tutti i figli commettono una azione sbagliata non si deve sgridare o dare una punizione al figlio minore per fargli capire che sta facendo un azione errata, i genitori dovrebbero far capire a tutti i loro figli, senza fare eccezioni, il vero significato del bene, cioè comportarsi correttamente per gli altri e per se stessi anche perché così avrebbero un buon rapporto fraterno.

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