9 Novembre 2016

9 Novembre 2016

Il dolore di Dio

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 13-22)
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Il commento

Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme” (2,13). Queste parole non servono solo da introduzione storica ma disegnano la cornice in cui comprendere l’intero episodio. La Pasqua richiama l’alleanza, Gerusalemme è la città santa. Gesù sale a Gerusalemme per celebrare la Pasqua, viene nella storia per rinnovare l’alleanza tra Dio e Israele. Il Tempio è il luogo in cui, più che altrove, dovrebbe risplendere la gloria di Dio. Nella forma più assoluta. E invece … gli occhi di Gesù scorgono nel luogo sacro la presenza di altri interessi che offuscano la luce di Dio. La reazione è dura, il Rabbi di Nazaret parla con la severità degli antichi profeti: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!” (2,16). Gesù non è mosso dall’ira ma dall’amore. Le parole e i gesti sono un duro atto di accusa e intendono smascherare quella falsa religiosità che, dietro le apparenze del sacro, cerca altri affari. Gesù vuole comunicare, nella forma più eloquente possibile, il dolore di Dio nel vedere che il popolo che Lui ha scelto, quel popolo chiamato a manifestare la sua santità, si allontana da Lui. Quello che i profeti chiamano “l’ira di Dio” è solo la manifestazione della sua infinita tristezza dinanzi all’infedeltà dei suoi figli.

Portate via di qui queste cose”, dice Gesù ai mercanti. Queste parole oggi sono rivolte a noi. “Santo è il tempio di Dio che siete voi” (1Cor 3,17), scrive l’apostolo Paolo. Il Vangelo ci chiede di allontanare con decisione tutto ciò che non piace a Dio, tutto ciò che nasconde la gloria di Dio, tutto ciò che non fa risplendere la santità di Dio. Oggi potremmo ripetere, con sincera umiltà, la preghiera di san Nicola de Flüe (1417-1487): “Mio Signore e mio Dio, togli da me quanto mi allontana da te. / Mio Signore e mio Dio, dammi tutto ciò che mi conduce a te. /  Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a te”. Alla Vergine Santa, Madre del Buon Consiglio, chiediamo la grazia del discernimento per poter mettere in pratica questa preghiera.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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