19 Novembre 2016

19 Novembre 2016

Un gustoso antipasto

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 20,27-40)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

Il commento

I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito, ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito” (20, 34-35). C’è dunque una sostanziale differenza tra la vita di questo mondo e quella del mondo futuro. I sadducei ragionano come se il domani fosse semplicemente la fotocopia dell’oggi, come se fosse un’altra vita. Gesù invece annuncia che sarà una vita altra, ben diversa da quella che oggi sperimentiamo. Il legame esclusivo che unisce l’uomo e la donna è una struttura portante della vita sociale. In quella futura non ci sarà più bisogno dello sposo o della sposa. E neppure del sacerdote, che oggi svolge un’essenziale mediazione sacramentale. E neppure delle diverse vocazioni, che oggi arricchiscono la vita ecclesiale. Ma allora, nasce spontanea la domanda: cosa saremo e cosa faremo? Nella vita futura, risponde Gesù, tutti saremo nuovamente rigenerati come “figli di Dio” (20,36). Fin d’ora lo siamo, certamente, come scrive l’apostolo Giovanni, ma “ciò che saremo non è stato ancora rivelato” (1Gv 3,2). La nostra identità più profonda – che tante volte purtroppo resta nascosta e che noi stessi soffochiamo – risplenderà in piena luce.

Il matrimonio appartiene alla vita terrena. La carità, invece, come scrive l’apostolo Paolo, non avrà mai fine” (1Cor 13, 8). Se dunque oggi viviamo come figli, sperimentiamo fin d’ora quella gioia che gusteremo in pienezza nell’eterna beatitudine. Se impariamo ad accogliere gli altri come fratelli, e non come estranei o avversari, anticipiamo nel tempo quello che ci verrà dato nella beata eternità. Se rivestiamo tutto di carità, di quella carità che viene da Dio e conduce a Dio, i giorni terreni diventano una preparazione e un gustoso antipasto di quell’abbondanza che il buon Dio donerà senza misura. “La vita passa, l’eternità avanza a grandi passi”, scrive Teresa di Lisieux a Celina (LT 85). Lo scrive nel cuore dell’adolescenza. Oggi chiediamo che la coscienza dell’eternità dia sapore ad ogni nostra scelta, piccola o grande.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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