13 Dicembre 2016

13 Dicembre 2016

Non c’è tempo da perdere

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,28-32)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Il commento

Figlio [téknon], oggi va’ a lavorare nella vigna” (21,28). La parabola parla di un Dio che si avvicina al figlio e lo chiama con tenerezza tutta paterna: il vocabolo greco téknon ha il valore di un diminutivo e può essere tradotto con figliolo (cf Mc 10,24; Gal 4,19). La parola non giunge come un comando imperioso ma come una carezza, un invito che nasce dall’amore. È così che Dio agisce. E tuttavia, la parola appare vestita d’autorità: “va’ oggi a lavorare» (21,28). Va’ è un comando, un imperativo; oggi è un avverbio che dice immediatezza; lavorare è un verbo che dice fatica, che invita ad assumere la propria responsabilità. Dio si fida e ci chiama in causa, ci chiede di diventare suoi collaboratori. La parola di Dio è come una carezza ma … dobbiamo prendere sul serio. Il comando e l’avverbio fanno capire che non solo c’è una necessità ma un’urgenza. Non c’è tempo da perdere. Siamo tutti chiamati a collaborare, senza il nostro la storia della salvezza diventa più povera. Dio non abbandona i suoi progetti di bene, se noi voltiamo le spalle, potrà trovare altri figli ma noi abbiamo perso l’appuntamento con la grazia. Impariamo da Teresa di Lisieux a vivere ogni giorno con la certezza che tutto si compie in quest’oggi “fugace”. Ogni giorno, anche il più banale, è vestito di eternità. Vi invito a meditare la sua poesia Il mio canto d’oggi (P 5, 10).

Una volta ho pregato così. “Non mancano i frutti di santità / ma quanti fratelli rimangono sulla soglia! / Hanno paura / di salire sulla barca. / E noi stessi, / quante incertezze / timori, perplessità. / Solo Tu puoi vincere ogni resistenza. / Manda il tuo Spirito /come vento impetuoso. / Tu sai che non possiamo costruire questa casa / senza di Te. / Donaci di essere tuoi collaboratori, / operai che donano il cuore e la libertà / la parola e le mani, / consegnano tutta l’esistenza / per seminare il Vangelo. / Concedi la grazia di abbandonare ogni pretesa, / anche quella di vedere i frutti. / Donaci solo la gioia di sentirci tuoi figli, / teneramente amati. / Questo ci basta. / Amen”



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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