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Come parlare ai figli di Paradiso ed eternità?

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di Giovanna Pauciulo

Viviamo il presente con lo sguardo rivolto al cielo, la certezza cioè che non tutto si compie qui ed ora nella nostra vita, ma siamo in cammino verso la mèta. Educare alla santità significa allora dare ai figli la certezza di questa destinazione eterna.

Viviamo ogni giorno per prepararci a morire cioè per entrare nella vita. L’eternità intesa come l’incontro definitivo con Gesù ci offre una ragione per vivere il presente. Non cerco la morte, cioè non sono uno che rifiuta la vita ma piuttosto riconciliandomi con sorella morte, come la chiamava san Francesco d’Assisi, cerco di dare valore alla vita. Viviamo il presente con lo sguardo rivolto al cielo, la certezza cioè che non tutto si compie qui ed ora nella nostra vita, ma siamo in cammino verso la mèta. Educare alla santità significa allora dare ai figli la certezza di questa destinazione eterna. È  così che posso capire e scoprire cosa sono chiamato a fare. La vita di ogni giorno acquista un particolare valore.  Mi offre una ragione ultima per decidere cosa fare e quale scelta compiere. La vita di ogni giorno è l’occasione per preparare la mia eternità. Dice Papa Francesco: “Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno”. E ancora, concludendo l’Udienza sulla universale chiamata alla santità chiedeva ai pellegrini in piazza San Pietro: “A questo punto, ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza, adesso possiamo farlo, ognuno risponde a se stesso, dentro, in silenzio: come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Un esempio…. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi…” – “Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica ….”. Piccoli semplici suggerimenti che ci permettono di costruire il paradiso qui ed ora. E poter dire che il paradiso allora esiste.

L’impegno a vivere la santità personale si trasforma per i genitori nell’impegno educativo. Questa fede nell’eternità che ci permette di accogliere la chiamata alla santità, si trasforma per  i genitori  in obiettivo e  criterio educativo. Leggendo la vita dei santi ho riscontrato alcune caratteristiche comuni del loro temperamento umano, su cui si è innestata la grazia di Dio, che vi propongo:

 

  • La determinazione, che è diversa dalla testardaggine. Essi hanno chiarezza di essere chiamati da Dio a realizzare un progetto e non si fermano. Accettano per amore, offrono sacrifici, imparano ad attendere, tutto per amore di Colui che ha chiamato. Educhiamo i figli a sentirsi protagonisti come se da loro e dalle loro scelte e stabilità dipendesse il futuro non solo personale e familiare ma della società. E facciamo quanto ci è possibile per sostenerli nella realizzazione di un loro buon progetto. Educhiamoli a mantenere la parola data. Questo significa aiutarli a dar valore a quello che dicono e fanno, rispettosi e mai disposti a negoziare se questo significa fare il male a qualcuno o a qualcosa. Rafforziamo e aiutiamoli a desiderare di costruire qualcosa di bello non solo per se stessi. Incoraggiamoli anche se questo comporta fatica, anche se non ricevono materialmente nulla in cambio. Evitiamo le farsi “ma chi te lo fa fare”. Aiutiamo ad essere perseveranti nel bene e gratuitamente. Questo lo possiamo fare invitandoli a fare volontariato, a rinunciare al proprio tempo per dedicarlo a qualcuno.
  • Il coraggio. Insegniamo ai figli il coraggio di osare perché sviluppino autostima nelle loro convinzioni e si sperimentino. Questo lo possiamo far fin da piccoli, se siamo lì a proteggerli non impareranno mai. Educheremo dei codardi, che hanno paura di sbagliare o sono incerti. Perciò anche nelle vie di Dio saranno sempre a domandarsi…ma è quello che Dio vuole? Alleniamoli a dare una risposta, la più coraggiosa possibile. L’eroicità che in genere è legata alla vita dei santi non deriva dalla forza ma dall’ aver avuto il coraggio di accettare di piacere a Dio e l’impegno di rispondere. Educhiamo i figli a mettersi in gioco, a non temere di perdere, di puntare non tanto nelle loro forze ma nella forza di Dio. Chiediamo per i nostri figli lo stesso coraggio di s. Francesco quando seppe restituire tutto ciò che possedeva al proprio padre. Il coraggio del Curato D’Ars che faceva la penitenza al posto di coloro che egli confessava. Il coraggio di s. Massimiliano Kolbe che ha offerto la sua vita per un padre di famiglia. L’impegno della preghiera, il ricorso ai sacramenti, l’eucaristia, la riconciliazione sacramentale, sono gli strumenti che possiamo loro offrire come pane quotidiano. I santi sono uomini e donne che entrano fino in fondo nel mistero della preghiera. Uomini e donne che lottano con la preghiera, lasciando pregare e lottare in loro lo Spirito Santo; lottano fino alla fine, con tutte le loro forze, e vincono, ma non da soli: il Signore vince in loro e con loro.
  • L’autenticità. Per camminare nelle vie di Dio non si possono accettare compromessi. Aiutiamo i figli ad avere il coraggio di andare oltre, a non uniformarsi alla mentalità corrente. Una madre dice alla figlia “cosa hai deciso scioperate o no oggi davanti scuola” risposta: non so, vedo quello che fanno gli altri. Aiutiamo i figli a dare delle risposte personali autentiche e a realizzare anche con fatica quelle risposte date. Aiutiamo i figli a non aver paura di cercare e dire la verità anche se questo comporta una punizione. Insegniamo loro a portare l’annuncio della loro fede, anche se piccoli, a non vergognarsi di dire che credono nel paradiso o che vogliono farsi santi perché è l’unico modo per essere nella gioia piena. Annunciare la santità ha il potere di trasformare gli altri e di infrangere quella falsa idea che l’uomo oggi può essere felice senza Dio. Si può realizzare senza Dio.

 

La santità è un dono di Dio ma i genitori hanno il compito di creare le condizioni perché i figli riconoscano e accolgano la chiamata alla santità. E se l’esperienza del paradiso ai nostri figli la facciamo fare proprio nell’ambiente domestico? Se l’impegno educativo spinge i genitori a permettere ai figli di vivere il quotidiano domestico e familiare come un apprendistato della santità?




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