santità

Conchita Cabrera de Armida durante il pranzo nuziale chiede al suo sposo la libertà di fare la comunione ogni giorno

di Giovanna Abbagnara

A colloquio con padre Domenico Di Raimondo, superiore generale dei Missionari dello Spirito Santo (molto amati in Messico) ma soprattutto postulatore della causa di beatificazione di Conchita Armida, una donna straordinaria, sposa e madre.

Pur avendo frequentato la scuola per soli tre anni esistono più di cento volumi, scritti da Conchita Cabrera de Armida con un linguaggio splendido, in cui ha fissato tutto ciò che Gesù le ha detto. Mons. Luis Maria Martinez, noto autore sudamericano, è stato il direttore spirituale di Conchita durante gli ultimi dodici anni della sua vita. Egli scrive nel 1929: «Ci vorranno molti uomini e molti anni per svelare i tesori spirituali di questi scritti». Padre Raimondo mi racconta che Conchita nasce settima di undici figli, da una famiglia benestante. “È una ragazza molto graziosa e anche molto sensibile. Ai balli e alle feste è molto amata e ricercata. Ma ella scriveva nel suo diario di sentirsi molto sola: «In un mondo di lunsinghe, di distrazioni e di feste sentivo un vuoto in me… Vivevo un immenso vuoto che pensavo di colmare con il matrimonio… Signore, io mi sento impotente ad amarti, voglio dunque sposarmi. Dammi molti figli affinché essi ti amino meglio di me». Corona il suo sogno sposando Francisco Armida, conosciuto quando aveva tredici anni. Durante il pranzo nuziale chiede allo sposo due cose: di lasciarle la libertà di fare la comunione tutti i giorni e di non esserne geloso”. Conchita amerà il suo sposo con una tenerezza infinita, tanto che lei stessa racconta che il temperamento di lui, a volte violento diventa successivamente docile e accogliente tanto che la sua stessa mamma e le sorelle se ne stupirono. Questo amore negli anni diventa forte perché si fonda su un intenso cammino di preghiera. Dopo sedici anni di matrimonio, il 17 settembre 1901 muore improvvisamente il suo sposo: «Un pugnale attraversava la mia anima senza mitigazione, senza consolazione alcuna. Quella notte il Signore mi presentò il calice e me lo fece bere goccia a goccia, sino in fondo. Durante quei giorni, me ne andavo vicino al tabernacolo per attingervi sostegno e forza. Oh, notte di solitudine, di dolori, di sofferenza!».

Essere madre

Conchita non è stata solo una sposa secondo il cuore di Dio, è stata anche una madre straordinaria. “Ho capito che l’amore che assomiglia di più all’amore di Dio è l’amore della mamma, perché la mamma ama ogni figlio singolarmente e nel cuore capisce l’unicità dei figli” scrive Conchita e aggiunge: “Io studio il carattere, la personalità di ogni figlio e devo porgere particolare attenzione agli amici, la scuola. Devo formare il cuore dei miei otto figli, lottare contro otto caratteri, mettere via il male, introdurre e sviluppare il bene». Oltre alla perdita del marito vive anche la morte di quattro dei suoi nove figli. Carlos muore all’età di sei anni; Pedro annega a quattro anni nel pozzo; Pablo muore all’ età di diciotto anni di tifo. Sua figlia Concha entra all’età di diciassette anni in una delle congregazioni fondate dalla madre, però muore a trentacinque anni. Suo figlio Manuel entra dai Gesuiti e pronuncia i voti all’età di diciannove anni, poi dai superiori viene mandato in Spagna e non torna mai più in Messico. Però tutte queste sofferenze non sono perdute, bensì diventano fruttuose per tutta la Chiesa. Gesù stesso consola Conchita con queste parole: «Tu sarai madre di un gran numero di figli spirituali, però ti costeranno mille morti da martire». Gesù aveva già iniziato a preparare Conchita durante i felici anni del matrimonio in maniera particolare alla sua missione. Quando aveva 27 anni, Gesù parla per la prima volta al suo cuore: «La tua missione sarà di salvare le anime». «Sentii chiaramente in fondo alla mia anima, senza possibilità di dubbio queste parole. Non comprendevo come realizzare ciò. Presi decisioni molto pratiche, piene di fervore, ripetendo il mio desiderio di amare senza misura colui che è l’Amore. Ma ora bisognava ritornare nel mondo e ai miei doveri, con la necessità di camminare attraverso il fuoco senza bruciarmi. Nel medesimo tempo che questa fiamma cresceva nel mio cuore, lo zelo mi divorava e desideravo ardentemente far partecipare ad altri la felicità dei sublimi insegnamenti ricevuti». Come vedova, a 39 anni, Conchita inizia finalmente anche all’esterno a mettere in pratica quell’apostolato al quale Gesù l’ha chiamata.

La specificità dell’esperienza di Conchita

Padre Raimondo mi racconta che: “Conchita, nella sua vita ha scritto molto e in questi scritti realizzati per la maggior parte in preghiera ha capito una cosa che il Concilio Vaticano II  ha espresso chiaramente cioè che tutti siamo attraverso il Battesimo chiamati alla santità, ognuno nel suo stato di vita.  Spingeva tutti a diventare santi,. In una lettera inviata al nostro fondatore scriveva: “Padre, la prego Lei si faccia Santo!”. In modo particolare ha spinto i figli con le parole e l’esempio a vivere questa chiamata. Aveva un amore  profondo per Gesù  e nel 1884 quando era già sposa e madre, per dimostrare l’amore che aveva per Gesù decise di farsi incidere a fuoco sul suo corpo il nome di Gesù salvatore degli uomini”.

Quale eredità ci ha lasciato Conchita?  “Per mezzo di lei, il Signore ha suscitato nella Chiesa le Opere della Croce: l’Apostolato della Croce per tutto il popolo di Dio, laici, sacerdoti e religiosi; le Religiose della Croce del Sacro Cuore di Gesù, di vita contemplativa; l’ Alleanza d’amore con il Sacro Cuore di Gesù, per i laici; La Fraternità di Cristo Sacerdote, per vescovi e sacerdoti; e i Missionari dello Spirito Santo. In più, sono nati altri 11 Istituti sia maschili che femminili, di cui uno maschile di rito Bizantino in Romania, e due movimenti laicali, che formano parte di quella che chiamiamo la Famiglia della Croce. Queste opere sono animate da un intenso spirito sacerdotale e trinitario e cercano di diffondere nella Chiesa il Regno dello Spirito Santo, che è il regno dell’amore e della croce del nostro Salvatore. L’eredità più preziosa che Conchita ci ha lasciato è quella di dare la vita, come lei l’ha data, in favore della Chiesa e della salvezza dell’umanità, causa per la quale lei stessa si è offerta al Signore.

 




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

1 risposta su “Conchita Cabrera de Armida durante il pranzo nuziale chiede al suo sposo la libertà di fare la comunione ogni giorno”

Fantastico!
Questa sarà la soluzione ai problemi della nostra SOCIETÀ.
Come Conchita dobbiamo tutti esser consapevoli che siamo chiamati ad esser SANTI.

Gesu’ non vuole brave persone,
Vuole SANTI.

Un buon fine settimana

Vincenzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.