31 Gennaio 2017

31 Gennaio 2017

Tu non morirai

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 5,21-43)
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

Il commento

Prese [kratêsas] la mano della bambina e le disse: Talità kum” (5,41). È il momento culminante di un lungo racconto che l’evangelista ha descritto in tutti i suoi particolari. Gesù entra nella camera dove giace la bambina ormai priva di vita. Porta con sé i genitori e tre dei suoi discepoli. Lo seguono senza capire e senza sapere. Gesù si accosta al corpo della fanciulla e prende la mano. Un gesto significativo nella teologia di Marco che usa la stessa espressione in altri due racconti di guarigione: la suocera di Pietro (1,31) e il ragazzo epilettico (9,27). Il verbo kratèō significa anche avere potere su qualcuno o anche afferrare(Mt 18,28). Non si tratta perciò di un gesto affettuoso, l’evangelista vuole annunciare che Gesù interviene con mano potente nella vita di questa bambina per sottrarla al dominio della morte. Il gesto di Gesù non era affatto scontato, la Legge infatti proibiva di toccare i cadaveri: “Chi avrà toccato il cadavere di qualsiasi persona sarà impuro per sette giorni” (Nm 19, 11). Gesù non ha paura di accostarsi e neppure di toccare, la forza sanante che agisce in Lui è assai più forte del potere di contaminazione. Non è Lui che viene contagiato dal male, al contrario è Lui che trasmette quell’energia che dà vita.

Il Vangelo ci regala oggi una bellissima icona e una suggestiva provocazione. L’amore è capace di far passare dalla morte alla vita, dalla tristezza alla gioia, dalla disperazione alla speranza. Amare qualcuno significa dirgli: “Tu non morirai” (Gabriel Marcel). L’amore umano viene da Dio e partecipa alla sua incessante opera creatrice. Amare vuol dire seminare gocce di vita e di speranza. Questo amore permette a Dio di accompagnare i passi dell’uomo e fa della vita una liturgia. Ma … l’uomo non possiede questo amore, lo può soltanto chiedere umilmente a Colui che è Amore (1Gv 4,8). La pretesa di saper amare e di poter amare senza Dio è una delle tragedie culturali del nostro tempo, fonte di illusione e di drammi. Torniamo a Dio per ritrovare la forza di un amore capace di donare la vita.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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