Educare ad un oltre

Diamo ai nostri figli la prospettiva del cielo

genitore-figlio

di Giovanna Pauciulo

Cosa chiederemmo alla Madonna se potessimo incontrarla come i tre pastorelli a Fatima? E ancora meglio, cosa le chiederebbero i nostri figli? Noi genitori cristiani, dobbiamo imparare a offrire ai giovani un patrimonio di valori, primo fra tutti: la prospettiva del cielo.

Negli ultimi tempi mi è capitato di riflettere sul caso del quindicenne di Lavagna in provincia di Genova, che si è suicidato perché trovato in possesso di droga. Mi sono chiesta che cosa può spingere un ragazzo a rifugiarsi prima nella droga e poi nella morte, invece che nella sua famiglia? Come non pensare alle parole della madre adottiva, che in occasione dei funerali, rivolgendosi al figlio, ha detto: “Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano”. Il caso di Genova non è il solo purtroppo. Abbiamo di fronte intere generazioni di giovani alla ricerca di valori che evidentemente non appaiono più con chiarezza. Noi adulti, per primi siamo confusi e disorientati e forse per questo abbiamo poco da offrire. Eppure oggi più di ieri, i nostri figli hanno bisogno di relazioni significative, di riferimenti esistenziali, perché sono trascinati dalle derive culturali di questo tempo. Hanno bisogno di genitori che sappiano essere delle guide, e non di amici con cui condividere uno spazio comune chiamato casa. Mi fa molta tenerezza pensare ai ragazzi. Non è vero che bastano a se stessi come soprattutto gli adolescenti tendono a mostrare. Non è vero che hanno bisogno di essere sorvegliati, hanno piuttosto bisogno di sentirsi vegliati. Riferendosi a questi figli, Giovanni Paolo II diceva con un’espressione forte ma incisiva, nella Lettera alle famiglie “orfani di genitori vivi”. Quanta responsabilità abbiamo noi genitori!

I giovani non rifiutano il ruolo e l’autorità genitoriale, né pretendono di avere una relazione alla pari con i loro genitori. Sono però ben decisi a far valere le proprie idee, talvolta in forme discutibili, chiedono di essere rispettati e ascoltati. Nella maggior parte dei casi, i figli cercano un dialogo non formale in cui ciascuno possa far valere le proprie ragioni. Spesso questo dialogo è pressoché assente, di frequente si ferma ad una conversazione cronachistica, superficiale.

Cari genitori proviamo a riflettere: quanto tempo dedichiamo ad ascoltarli quando parlano o ancora di più, quando fanno silenzio? Quanto sappiamo andare oltre le parole per cogliere i bisogni del cuore?

Dialogare con loro, in fondo, vuol dire indicare la via. È attraverso il dialogo che generiamo nei nostri figli il desiderio della ricerca, che li sollecitiamo a pensare. I nostri figli sono sazi ormai, appiattiti, avvizziti, non cercano né pensano che spetti anche a loro contribuire a creare un mondo migliore. Questo avviene anche perché mancano dei riferimenti e se manca un riferimento, l’esistenza è vuota, si abita nel mondo come degli stranieri perché ci si ritrova ad essere smarrirti. I nostri figli, sanno di dover rendere conto della loro vita? Di chi si fidano? A chi si affidano?

Rileggendo gli appunti del mio pellegrinaggio a Fatima, mi sono soffermata sul dialogo tra Lucia e la Madonna. Nell’Apparizione del 13 giugno, Lucia dice alla Vergine: “Vorrei chiedervi di condurci in cielo”. Più volte mi sono posta una domanda: che cosa avrei chiesto io alla Madonna? E da genitore cosa chiederebbero i miei figli? In qualche momento di familiarità provate a domandarglielo. Resterete sicuramente stupiti e sbalorditi dalla risposta, ma potreste anche rendervi conto che l’educazione alla fede dei vostri figli va curata con più decisione. A dire il vero non sempre noi genitori abbiamo la serenità educativa per offrire un patrimonio di valori, e quando pure ci riusciamo dobbiamo riconoscere che la prospettiva del cielo è assente.  

Nel linguaggio ordinario dei cristiani di oggi, la prospettiva del cielo è data per scontata al punto tale che non se ne parla quasi più. Questo, a lungo andare può portarci a vivere e a testimoniare una fede ripiegata sull’uomo, mentre la prospettiva ultraterrena ci spinge a guardare verso l’eternità e offre un orizzonte importante, educativamente strutturante per i genitori. È necessario che i genitori parlino del cielo e vivano la loro fede orientata al cielo, perché in questo modo sottraggono i figli delle insidie del mondo. La consapevolezza di essere di questo mondo ma di non essere stati fatti per questo mondo, ci fa stare nella storia di ogni giorno con tutte le fatiche, le sofferenze e le gioie che questo comporta, ma sapendo che ci aspetta un’eredità eterna.

La certezza che un giorno tutto si compirà, riscatta dall’insignificanza questa storia piena di ombre e di sofferenza. L’attesa dell’eternità non toglie valore alla fatica dell’oggi, anzi è proprio questo sguardo, che va oltre l’immediato, che c’invita a stare dentro la storia con amore. Non dimentichiamo che a partire dall’Incarnazione, la storia dell’uomo è diventata la stabile dimora di Dio. Qui egli si trova come a casa sua. Egli ha voluto assumere la nostra condizione e vivere l’esistenza umana in tutta la sua drammaticità. Sulle orme di Cristo anche noi, che pure sentiamo l’attrazione dell’eterna gioia, accettiamo la sfida. Viviamo nel tempo, ma non siamo prigionieri del tempo. Vogliamo stare dentro la storia ma con lo sguardo rivolto oltre la vicenda umana.




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1 risposta su “Diamo ai nostri figli la prospettiva del cielo”

Quanta serenità infondono queste parole, quanta forza! Parlare della prospettiva del cielo è estremamente difficile qualche volta, perchè passa per il distacco dagli affetti e per i bambini molto piccoli sembra un po’ pesante…Ma solo vivendo con gli occhi rivolti al cielo si può relativizzare l’importanza di quello che si muove intorno a noi…e guidare i nostri piccoli all’incontro con Gesù. Grazie per queste parole

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