Sindrome da post aborto

L’ho fatto. Non ho ricordi dell’aborto, l’unica cosa che ancora avverto quando ci ripenso è il freddo

dolore

(Foto: ker_vii/Shutterstock.com)

Storia di C. scritta da Ida Giangrande

Lettera di una madre alla figlia: “Non sarò mai abbastanza forte per perdonarmi, ma fino a quando avrò un briciolo di energia, ti prometto cara Bea, che spenderò il mio tempo migliore a cercare le donne che pensano di farlo, per dissuaderle, per evitare a loro il dolore che mi porto dentro io”.

“Cara Bea,

non so perché ti sto scrivendo questa lettera. Non ho ben chiaro cosa voglio comunicarti. L’unica certezza che ho è il bisogno incondizionato di esprimere quello che non sono mai riuscita a dire.

La mia terapeuta dice che devo guardare negli occhi i miei fantasmi e che solo così potrò ritrovarti. Dice che devo partire dal darti un nome, quello che avrei scelto per te. Ho deciso di farlo e un giorno ho preso carta e penna e ho cominciato a scriverti.

Quando ho sposato tuo padre ero convinta che fosse l’uomo della mia vita, ma all’indomani del matrimonio le cose si sono messe male. Abbiamo cominciato a litigare di continuo, per ogni cosa, anche la più stupida. Non era lui. Il problema ero io.

Avevo bisogno di amare me stessa innanzitutto, volevo diventare una di quelle donne moderne, sempre così belle e alla moda. Sempre pronte a rincorrere nuove avventure come fanno gli adolescenti. Così ho cominciato a fuggire da tuo padre, da tutto ciò che avvertivo come una zavorra. Nonostante questo lui mi è stato accanto, accettando ciò che nessun altro avrebbe mai accettato.

Siamo andati avanti così per tanti anni e sono successe tante cose. Poi un giorno il mio malessere è scoppiato, improvviso e devastante come un terremoto nel cuore della notte. Non avevo più forza per alzarmi dal letto, né per vestirmi e nemmeno per mangiare. Ero vittima di attacchi di panico e tutti intorno a me se ne chiedevano la ragione. Continuavano a ripetermi che avevo una vita invidiabile, un bel marito, una grande casa. Non mi mancava nulla e non avevo nessuna ragione per stare così male. Eppure io non riuscivo a riprendermi.

Mi ci sono voluto soldi e soldi di terapia per capire che quel disagio è iniziato dal giorno in cui ho deciso di non farti venire al mondo.

Non avevo detto a nessuno di essere rimasta incinta. Lo avevo tenuto nascosto anche a tuo padre. Lo sapeva solo una mia amica, quella sbagliata. Fu lei a convincermi che non c’era nulla di male nel praticare un aborto. Che se non mi sentivo pronta a diventare madre, avevo il diritto di scegliere cosa fare del mio corpo, anche la legge lo riconosceva.

È così che si comportano le donne di oggi, in questo universo dove il senso civico, sembra aver perso il valore antropologico della vita. Quindi, se la tua presenza mi pesava così tanto, bastava fare qualche telefonata ed evitare accuratamente gli obiettori di coscienza perché con il loro no, avrebbero potuto risvegliare la mia di coscienza.

È successo esattamente così: sono andata in ospedale e ho prenotato l’intervento. Tutto nella più completa indifferenza. A nessuno importava della tua vita. Per l’equipe di quel nosocomio eseguire un’operazione di appendicite o un aborto era la stessa cosa. Ma non dovrei certo stupirmi di questo dopotutto, perché degli estranei avrebbero dovuto tutelarti, se io, tua madre, per prima avevo chiesto che ti sopprimessero?

L’ho fatto. Non ho ricordi di quel momento. L’unica cosa che ancora avverto quando ci ripenso è il freddo. Un freddo pungente, che mi entrava fin dentro le ossa. Mi dicevano che era l’effetto dell’intervento, ma me lo sono portato addosso come una seconda pelle, per giorni e giorni. Tuo padre era fuori casa per lavoro, sarebbe tornato solo dopo qualche settimana, quando il mio corpo avrebbe smaltito ogni traccia del tuo passaggio.

Nei giorni successivi ho rimosso tutto, convincendomi che non era successo niente. Era necessario, dovevo farlo per proteggermi dall’elaborazione di un lutto. Il peggiore che una donna può vivere: la morte di un figlio. Ma non ci sono riuscita. Tutto il male che avevo sepolto nel mio grembo insieme al tuo cuore, mi è scoppiato tra le mani lasciando segni dappertutto.

Come vorrei che altre donne leggessero queste mie parole! Vorrei metterle in guardia prima che arrivino a farlo, perché dopo sarà difficile rimettere insieme i pezzi. Quanto a me cara Bea, una parte del mio cuore ha indovinato il tuo sesso, ma non posso ricordare il tuo volto, non ho foto in giro per casa, non c’è nulla fuori di me che testimoni la tua breve vita. Eppure ho la sensazione che tu sia ovunque, nel mio sangue e nella mia mente”.




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6 risposte su “L’ho fatto. Non ho ricordi dell’aborto, l’unica cosa che ancora avverto quando ci ripenso è il freddo”

Noi siamo minorenni e ancora non sappiamo cosa si prova a diventare genitore. Secondo noi diventare genitore è la cosa più bella, mettere al mondo un’altra vita. Quando una mamma decide di avere un bambino deve pensarci perché se non lo si vuole più uccidiamo una vita. Dobbiamo essere consapevoli che per 9 mesi dentro di noi ci sarà un’altra vita,ci sarà una gioia. Ma chi abortisce fa uno sbaglio enorme soprattutto se poi qualcuno ci ripensa. Noi ancora minorenni non avremmo mai fatto una cosa del genere non ci saremmo mai fatte consigliare da nessuno sarebbe dovuta essere una decisione nostra.Noi al posto suo lo avremmo raccontato al marito anche perché se non erano pronti ad avere un figlio potevano farlo nascere e metterlo in adozione ma lei doveva avere un opinione anche da parte del marito oppure chiedendo ad un familiare più stretto e non ad una amica. Secondo noi ormai ci possiamo fidare soltanto dei nostri familiari perché la maggior parte delle persone che noi riteniamo amici si rivelano persone false.
Noi concludiamo per dire che ormai se uno sbaglio è fatto non si può ritornare indietro, ma dobbiamo camminare in avanti pensando al futuro e non più al passato.

Mi ha toccato quest’argomento…penso che avresti dovuto parlarne con tuo marito, e non con una tua amica, perché si sa le amicizie di oggi non sono come quelle di un tempo,oggi giorno sono tutte amicizie false e tutte persone false.
Penso che anche se tuo marito non era d’accordo avresti dovuto tenerti il bambino, perché è un dono di Dio, è una piccola anima indifesa…
Comunque tutto bisogna andare avanti e pensare al futuro.

Penso che la cosa migliore da fare prima di prendere qualsiasi decisione definitiva sia pensare a quello che potrebbe venir dopo.
Sarebbe stato meglio parlarne anche con tuo marito perché credo sia stato favorevole e non contrario ad accettare questo bambino, perchè credo che un figlio sia il frutto dell’amore tra due persone e quel mezzo per cui maggiormente ci si lega.
Non dovevi farti condizionare dalla tua amica, che appunto,tanto amica non lo è stata.

È inutile procedere col senno di poi. Dio è padre misericordioso e sicuramente l’ha già perdonata ,come anche la sua bambina.Ora però deve compiere il passo successivo,il più difficile,perdonare se stessa!

Sembrerà strano,ma so il dolore che si prova,le sensazioni,la rabbia verso se stessi,e il dolore di quella creatura,ma anche il tuo,l’anno scorso,precisamente il 24 giugno,ebbi due aborti spontanei,aspettavo due gemelli,nessuno sapeva ero incinta,solo il mio ragazzo e il mio migliore amico,ricordo che accadde tutto così in fretta,ma per me fu un’eternità,ricordo il dolore,questo si,stavo tornando dal ginecologo,avevo fatto le “fotografie” alle mie due pesti,un maschietto e una femminuccia,ma qualcosa andò storto,ricordo caddi per le scale e presi una forte botta,poi solo sangue e urla,ricordo ancora il dolore,di quando il mio corpo ha capito non battevano più quei due cuoricini,frutto dell’amore con il mio attuale ragazzo,ho 17 anni,settembre 18,ma so il tipo di dolore che si prova,le lacrime avvolte nascoste nel letto la notte,le urla non fatte quando stai pe esplodere,ma sono sicura che i miei,come la tua sarebbero stati dei bambini perfetti.

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