Tempo di Pasqua in famiglia

26 Aprile 2017

26 Aprile 2017

Credere e amare

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-21)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Il commento

Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito” (3,16). In queste parole troviamo l’annuncio che accompagna tutti i secoli: l’amore fedele di Dio illumina e sostiene il cammino dei popoli. Non abbiamo parole per descrivere e definire un amore così grande. Dio non abbandona nessuno, anzi vuole parlare a tutti, vuole raggiungere tutti per dare a ciascuno la possibilità di accogliere la luce. Tutto questo si chiama storia della salvezza. Non solo quella che troviamo nelle pagine della Scrittura ma anche quella che si realizza lungo i secoli. Anche noi siamo dentro questa storia: chi è stato raggiunto e toccato dall’amore di Dio, non può restare indifferente. Cosa possiamo fare? Ce lo dice il Vangelo attraverso un verbo, che ritorna più volte in questo brano: “Chiunque crede in Lui (3,16). È questo il verbo decisivo: credere. Un verbo che spesso sottovalutiamo, lo diamo per scontato. Passiamo con eccessiva facilità al verbo amare, dal registro della fede a quello etico. Amare significa manifestare attraverso i gesti concreti che siamo dalla parte di Dio e vogliamo partecipare attivamente alla sua opera. È un impegno importante. Ma tutto questo scaturisce dal credere in Gesù Cristo, accoglierlo come il Figlio unigenito, Colui che dona la vita divina.  Non basta una generica e comoda religiosità, credere significa consegnarsi a Dio, confidare nella potenza della sua Parola. È questo il punto di partenza. A Colui che ci ama sconfinatamente possiamo rispondere manifestando la nostra fede.

 

Signore, io credo nel tuo amore e mi abbandono alla tua volontà, credo all’amore qualunque cosa accada. Insegnami a misurare le vicende della vita con il tuo amore e, quando l’oscurità avanza, non permettere che io dubiti del tuo amore. Per amore e con amore Tu puoi trasformare le pietre in pane e le tenebre in luce, Tu sai come servirti anche dei nostri errori per un bene più grande. Io credo in Te e sono certo che Tu vuoi dare a tutti gli uomini la salvezza. Donami di restare unito a Te e di collaborare con te per rivelare l’amore tuo misericordioso e fedele.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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