CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Il viaggio continua… in compagnia di Luigi e Zelia Martin

1 Maggio 2017

Peregrinato Urna dei Santi Luigi e Zelia Martin

“I bambini sono la parte più bella di questo nostro viaggio” racconta don Silvio in questo diario di bordo con l’Urna dei Santi Martin in giro per l’Italia. “Non solo fidanzati e sposi, la peregrinatio ci fa incontrare anche preti, frati e tante religiose”.

Cari amici,

nell’ultima settimana la Peregrinatio dei Santi Luigi e Zelia ha fatto sosta a Rimini, Cesenatico e Assisi, luoghi assai noti come mete turistiche di primo piano o come città simbolo della pace. A tutti abbiamo portato la testimonianza di una famiglia santa, è una parola che non perde la sua attualità perché ha la forza del Vangelo. Una parola che non lascia indifferente chi vive in una società in cui di parole ce ne sono fin troppe. La gente si ferma, alcuni solo per curiosità, altri con fede. Tanti sentono il bisogno di avvicinarsi all’Urna per consegnare un’intenzione. Semplice devozione per chi guarda questi gesti con quell’arroganza intellettuale oggi di moda tra i cattolici “adulti”. In realtà in questi dialoghi silenziosi c’è tutto il mistero della fede, c’è la perenne ricerca di Dio, c’è la necessità di affidare a Qualcuno il proprio grido.

I bambini sono la parte più bella di questo nostro viaggio. Conservo nel cuore immagini bellissime di piccoli accompagnati dai loro genitori che baciano l’Urna o di fanciulli che lasciano un fiore. Alcuni di loro sono svezzati, si vede che sono stati educati ai gesti della fede; altri sono timidi o imbarazzati, non sanno cosa fare. Ma tutti sono belli, icona della storia che verrà. Sono proprio i più piccoli che ci hanno accolto ad Assisi con la semplicità del loro canto e l’ingenuità dei loro volti. Si sono preparati bene per dare il più caloroso benvenuto a questi “amici” che venivano da lontano, hanno provato e riprovato i canti e dopo tutti si sono avvicinati con un fiore bianco. Non era solo un gesto di cortesia, abbiamo spiegato che quel fiore era un’immagine della nostra vita: ciascuno di noi è un fiore, non importa quale, nel giardino di Dio ci sono fiori più belli e profumati, altri più piccoli e nascosti. Ma tutti sono fiori del giardino di Dio. Ed è questo che conta! Sono parole di Teresa, l’ultima figlia di casa Martin, quella che ci ha permesso di scoprire questa famiglia come una “terra santa”.

Non solo fidanzati e sposi, la peregrinatio ci fa incontrare anche preti, frati e tante religiose. Un solo popolo pur nella diversità di vocazioni. Molti di loro conoscono santa Teresa ma pochi hanno avuto modo di leggere in maniera più approfondita l’esperienza dei suoi genitori e della sua famiglia. In ogni occasione sottolineo che senza la santa carmelitana non avremmo mai conosciuto i suoi genitori ma … senza quei genitori probabilmente non avremmo neppure Teresa. Una delle catechesi che ho fatto ad Assisi ha affrontato proprio questo argomento. Tra famiglia e vita consacrata c’è o ci deve essere una più forte alleanza: da una parte sposi e genitori che manifestano stima per le vocazioni verginali e dall’altra consacrati che si mettono al servizio della famiglia. Dobbiamo insistere su questa essenziale e necessaria reciprocità. Sono due poli complementari ma, in questa stagione ecclesiale, in cui la famiglia appare affaticata e ferita, dobbiamo insistere maggiormente sull’impegno dei presbiteri e dei religiosi: grazie alle cure che essi sapranno dare alla famiglia, gli sposi potranno comprendere e vivere la loro vocazione ecclesiale. Solo così la famiglia ritornerà ad avere un ruolo essenziale nella vita e nella missione della Chiesa. E non mancheranno certo anche frutti vocazionali …

La peregrinatio prevede momenti comunitari di preghiera e di catechesi ma lascia spazio anche ai colloqui personali e alle confessioni. L’annuncio della santità coniugale fa emergere, per contrasto, la fatica di tante coppie. Ci sono storie dolorose che ogni presbitero raccoglie e custodisce, ci sono piaghe che richiedono non solo tanta preghiera ma anche una comunità capace di farsi carico di questa fatica e di offrire agli sposi un accompagnamento adeguato. In questi casi, la confessione può seminare una parola di speranza, invitare a rialzare il capo, ma se manca una comunità basta davvero poco per smarrire la strada e ripiombare nella rassegnazione. “Chi manderò e chi andrà per noi?” (Is 6,8): la domanda che l’Onnipotente ha rivolto a Isaia è sempre attuale e attende ancora risposte.

Per una provvidenziale coincidenza eravamo ad Assisi negli stessi giorni in cui, sempre nella città di Francesco e Chiara, l’Ufficio nazionale di pastorale familiare ha aperto il suo annuale convegno di formazione. Era già tutto ben organizzato, non c’era spazio per un intervento aggiuntivo. Ma non potevamo non andare, anche solo per un momento. Detto fatto. Sabato mattina siamo arrivati di buonora alla Domus Pacis prima della preghiera comunitaria, la celebrazione delle Lodi e la prima relazione sono avvenute alla presenza delle reliquie. Non c’era tempo per ascoltare la testimonianza dei santi Luigi e Zelia ma, ne sono certo, loro sanno come trovare casa nei cuori. La presenza è stata breve ma significativa. Un piccolo segno che ricorda a tutti gli operatori pastorali che l’unica meta da proporre è quella della santità e che l’unica parola capace di convertire è quella di una fede vissuta appassionatamente.

Cari amici, quante altre cose potrei raccontare. Quanti dialoghi misteriosi avvengono davanti a quell’Urna! Solo Dio conosce le grazie che dona a quanti pregano con sincerità di cuore. Il viaggio continua.

Don Silvio




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