Educare

“Come padre gli starò accanto, ma ha sbagliato”

padre e figlio

di Michela Giordano

Siamo tutti genitori di figli modello? Di loro spesso vogliamo decantare solo pregi e virtù, ma i nostri ragazzi sono anche capaci di mentire, violentare e bullizzare. Come genitori è necessario avere il coraggio di ammetterlo.

Cinque giovani sono stati arrestati a Reggio Calabria per l’aggressione ad un anziano sacerdote. Da settimane, in piena notte, giocavano al pallone davanti al cancello di ingresso della canonica della chiesa Santa Maria del Divin Soccorso. Urla, strepiti e il fastidioso rumore metallico della sfera contro la cancellata; come se fossero stati da soli in quella porzione di città. In barba alle più basilari regole del vivere in comunità. Da giorni il parroco, Monsignor Giorgio Costantini, 74 anni, li invitava ad andare altrove, concedendo il meritato riposo agli abitanti del quartiere. Ramanzine che, paradossalmente, avevano ottenuto l’effetto opposto. Come si permetteva quel vecchio, di dire a loro cosa fare o non fare?

La notte del 24 maggio il punto di non ritorno: don Costantini esce di casa e, dall’uscio del cancello, reitera l’invito a sloggiare. Viene colpito ripetutamente con calci e pugni in pieno viso. Riesce a chiamare i soccorsi, ma poi finisce in coma in ospedale.

Ad agire materialmente è stato un solo ragazzo, ma ad assistere all’aggressione c’erano anche i numerosi altri di quello che, mai come in questo caso, è giusto definire branco. L’intera scena è stata ripresa da una telecamera di videosorveglianza. Immagini molto crude, che i carabinieri del capoluogo calabro hanno deciso di divulgare, soprattutto per smentire la madre dell’arrestato.

Totalmente incurante della gravità delle condizioni del religioso, che solo successivamente ha ripreso conoscenza, la donna ha rilasciato interviste a tutto spiano. Televisioni, radio, carta stampata, hanno rimbalzato il suo messaggio senza sosta: “È stato il prete a colpire per primo. Mio figlio si è solo difeso”.

Nessuna traccia di lei e, ovviamente, della sua fantasiosa difesa, quando le immagini dell’aggressione sono spuntate fuori. Che esempio di educazione! Non è facile ammettere le lacune del proprio figlio. Ci sentiamo frustrati se il nostro bambino non riesce ad imparare le tabelline e ci arrabbiamo se ce lo fanno notare, figuriamoci se ci dicono che è un vile aggressore. Eppure si può, anzi, si deve avere il coraggio di chiamare le cose col proprio nome: mio figlio è un violento.

Nei giorni scorsi, su Facebook, un professionista di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, ha pubblicamente denunciato gli atti di bullismo che il proprio figlio, studente di scuola media, avrebbe riservato ad un suo compagno. Non ha cercato scuse: “Come padre gli starò accanto, ma ha sbagliato” ha detto. L’ho trovata una presa di posizione coraggiosa.

Siamo tutti genitori di piccoli Chopin, di futuri Maradona, di Carla Fracci in erba. Dei nostri figli perfetti raccontiamo, decantiamo a volte, pregi e virtù. Lo fanno tutti. Lo faccio anche io. È sempre colpa di un altro se sbagliano in qualcosa. E quanto ci dà fastidio che qualcuno ci faccia notare un comportamento sbagliato del pargoletto. Non è poi così raro che accada. Persino se sono i nonni a lamentarsi siamo pronti a replicare risentiti. Mai un fallimento. Mai un errore. Siamo tutti genitori di figli modello? Non sarà che ammettere che sono capaci di cattiverie, di mentire, di bullizzare, ci mette di fronte ai nostri fallimenti come genitori?




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