Educazione sessuale

Fare sesso o avere un rapporto sessuale: cosa insegniamo ai nostri figli?

di Giovanna Pauciulo

Quante volte diciamo “fare sesso” al posto di “rapporto sessuale”? Usare espressioni inappropriate può essere forviante. Quando si parla di sesso con i ragazzi, nessun moralismo solo autentica e schietta antropologia cristiana.

È solo questione di tempo, prima o poi tutti i genitori si troveranno a parlare di sessualità con i figli. Bisogna stare attenti però, nel dialogo educativo è molto importante avere le idee chiare, non essere moralisti (nel senso negativo del termine, che sembra essere l’accezione più in voga presso le nuove generazioni). Il rischio è non essere attendibili come educatori. È necessario, invece, che i genitori abbiano una chiara morale, nel senso autentico del termine, ovvero che abbiano un autentico orizzonte esistenziale, un codice etico di riferimento che motiva e dà ragione delle scelte di vita e dell’agire.

Ci sono vocaboli, che nell’attuale contesto socio-culturale e purtroppo anche familiare, sono politicamente scorretti e perciò se non sono stati completamente cancellati, sono certamente svuotati di significato. Le parole pudore, castità, sembrano quasi non trovare più cittadinanza nei nostri dialoghi. Altre parole poi sono confuse e spesso si usano in maniera impropria. Rischiamo così di trasmettere al figlio un’idea sbagliata e forviante. Quante volte usiamo l’espressione “fare sesso” come sinonimo di “rapporto sessuale”? A pensarci bene non sono affatto la stessa cosa: fare sesso non vuol dire avere una relazione sessuale.

Il sesso è la componente biologica che specifica l’identità sessuale della persona. La sua natura sessuata, il suo essere maschile o femminile, che in maniera sintetica, si identifica con l’apparato genitale (inteso non solo anatomicamente ma anche fisiologicamente). Il sesso esprime quindi la qualità individuale della persona.

Il rapporto sessuale indica la relazione tra due persone sessuate. Una relazione che si nutre anzitutto di affettività ovvero di apertura, di accoglienza, di stima e rispetto dell’altro. All’interno di questo rapporto c’è spazio anche per lo scambio genitale. Il rapporto sessuale esprime, dunque, la qualità interpersonale, cioè la capacità dell’individuo sessuato di essere per l’altro.

Sembra solo un esercizio linguistico ma in realtà evidenzia un’idea ben chiara. Il linguaggio usato veicola contenuti e valori posseduti.

E allora, “fare sesso” che cosa significa? Evidentemente esercizio del proprio apparato genitale. Ma “avere un rapporto sessuale” significa esercitarsi a creare una relazione con l’altro.

Perciò ai nostri figli insegniamo ad avere rapporti sessuali piuttosto che a fare sesso. E anche come genitori proviamo ad usare un linguaggio che esprima l’autentico significato di ciò che stiamo comunicando.

Educare al rapporto sessuale significa per un genitore insegnare al figlio che sessuale non vuol dire genitale. Significa insegnare che il semplice esercizio della genitalità non può stabilire cosa, come, dove e quando. La crescita e la maturità sessuale ha a che fare, invece, con un agire sessuale che manifesta la ricchezza della persona nella totalità del suo essere. Ricchezza della persona vuol dire capacità di amare, di farsi dono, di vivere una relazione con l’altro rispettando la sua dignità, il valore dell’altro, a partire dal suo essere sessuato non a prescindere da questo.

I nostri figli respirano continuamente un clima culturale che potremmo definire ad alta soggettività.. In primo piano c’è l’io. Gli altri, fondamentalmente, danno fastidio. Sono un limite al nostro piacere, a quello che vogliamo. Il diverso da me è un potenziale nemico, una minaccia alla mia persona. Le nuove generazioni stanno crescendo con la convinzione che l’uomo debba bastare a se stesso senza lasciarsi coinvolgere in relazioni interpersonali decisive. Meglio chattare che incrociare lo sguardo dell’altro perché coinvolgerebbe troppo.

A questo si aggiunga che l’ambiente culturale nel quale vivono i nostri ragazzi sostanzialmente consacra la banalizzazione della sessualità..

Nonostante l’apparente libertà che si vuol far credere di avere nei confronti della sessualità, negli occhi dei nostri adolescenti e giovani si può scorgere l’angoscia per l’incapacità di integrare una delle dimensioni fondamentali dell’essere uomo.

Proviamo allora a recuperare l’autentico significato alle parole pudore, castità, diversità sessuale. Se come genitori non abbiamo chiarezza di idee approfondiamo l’antropologia cristiana. È questo il riferimento. Non è l’esperienza, non sono le scienze umane a dare significato. Esse interpretano la natura dell’uomo. L’azione educativa non intende solo fornire conoscenze utili per l’agire né si limita a sottolineare gli eventuali pericoli da evitare. Non vuole essere insomma una sorta di foglio illustrativo che accompagna la scatola dei medicinali. L’educazione mira a coinvolgere la persona, fa emergere la sua soggettiva e oggettiva responsabilità e la invita perciò a preferire il bene e il vero all’utilità e alla convenienza. Questa educazione non impone precetti ma aiuta a scoprire i valori morali insiti nella realtà delle cose.

Il legame tra sessualità e affettività è il valore specifico della proposta cristiana. Le norme morali, infatti, che purtroppo ci distinguono e ci dividono dagli altri, sono per noi solo l’esplicitazione di questa verità di fondo. La sessualità, pur essendo espressione della piena soggettività personale, è tutta orientata alla relazione e trova in essa la sua ragion d’essere. Tutta la riflessione sulla sessualità deve essere fatta perciò sullo sfondo di quel faticoso cammino dell’amore che accompagna l’esistenza dell’uomo e chiede all’uomo di farsi dono.




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7 risposte su “Fare sesso o avere un rapporto sessuale: cosa insegniamo ai nostri figli?”

gentile signora Giovanna,
sono danilo tenaglia e le scrivo da lanciano in provincia di chieti.
vorrei sapere se questo articolo é scritto sui fondamenti della religione cattolica.
mi spiego meglio.
mi risulta che, secondo la dottrina e il catechismo della chiesa cattolica, avere rapporti pre-matrimoniali é peccato mortale.
lei invece ci dice che é peccato solo “fare sesso” ma non avere “rapporti sessuali”.
potrebbe chiarirmi meglio i concetti?
ad di fuori del matrimonio tutte le forme di rapporto (sia il “fare sesso”, sia i “rapporti sessuali”) sono peccato mortale. grazie. d.

PERDONATEMI MA LA MORALE CATTOLICA, IL CATECHISMO E I 10 COMANDAMENTI NON PARLANO DI RAPPORTO SESSUALE O SESSO MA DI ATTI IMPURI SE CONDOTTI AL DI FUORI DEL MATRIMONIO. POTREI AVERE UN CHIARIMENTO? GRAZIE. D.

Gentile Danilo,
credo che lei abbia un po’ travisato il messaggio che l’autrice ha voluto trasmettere in questo articolo. L’espressione “rapporto sessuale”è da preferire all’espressione “sesso”, perché più rispettosa e più fedele alla rappresentazione dell’atto sessuale secondo la volontà di Dio e per il fine stesso per cui l’ha creata. La sessualità è un linguaggio corporeo d’amore,che ha in sé due finalità inscindibili:procreativa ed unitiva. Solamente la sessualità vissuta all’interno del matrimonio Sacramentale è lecita …
Non solo , considerato che la finalità unitiva non può essere scissa da quella procreativa ,gli sposi,che hanno gia`avuto dei figli e a ragion veduta non possono averne altri ,dovrebbero osservare dei periodi di continenza sessuale e congiungersi carnalmente in modo pieno in altri periodi. A tal proposito si parla di paternità responsabile.Quindi gli sposi dovrebbero ricorrere solo ai metodi naturali per regolare le nascite non dovrebbero far uso dei contraccettivi artificiali. Tutto questo risponderebbe al disegno Divino della sessualità.

Caro Danilo, ti ringrazio per il tuo commento perché contiene un punto di domanda che mi permette di argomentare ulteriormente quanto già enunciato nell’articolo.

Anzitutto faccio una premessa che non è secondaria e che deve essere posta a sfondo del nostro argomentare: dire rapporto genitale non è la stessa cosa che dire rapporto sessuale. Se la sessualità è la manifestazione dell’essere persona (spirito incarnato) educare al rapporto sessuale significa dire educare alla capacità di essere in relazione tra persone sessuate mentre il rapporto genitale è uno dei gesti che esprime il livello specifico del rapporto sessuale. 

Tu mi domandi se il rapporto genitale al di fuori  del matrimonio è peccato, è chiaro che sì; io ti dico di più è un peccato anche nel matrimonio se il rapporto genitale non è inserito nel contesto di una relazione sessuale matura.  L’amore ha delle esigenze e delle caratteristiche, Paolo VI ne offre 4 nell’Humanae Vitae al numero 9:

” In questa luce appaiono chiaramente le note e le esigenze caratteristiche dell’amore coniugale, di cui è di somma importanza avere un’idea esatta. È prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. È poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé. È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo può negare. L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è consentanea alla natura del matrimonio, ma altresì che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità. È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. “Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori”.

 

L’educazione sessuale  deve mirare a sviluppare la capacità di amare,  che è il criterio per discernere il significato dei gesti sessuali; deve cioè  offrire un criterio per stabilire quali gesti sessuali compiere. Ecco allora che educare al rapporto sessuale e non al rapporto genitale (fare sesso) significa preoccuparsi di realizzare una educazione che non si limita a sottolineare i gesti dell’amore, e a indicarne la liceità o meno, quanto piuttosto aiuta le persone a parlare il linguaggio dell’amore. Ai nostri figli noi abbiamo il dovere di offrire una educazione sessuale in cui gli orizzonti di senso rispetto ai quali collocare le scelte in merito alla gestualità sessuale sono il valore e la dignità  della persona e la sua capacità di amare. 

Quindi è chiaro che dire educare i figli ai rapporti sessuali, vuol dire  porre attenzione allo sviluppo della loro capacità di amare ecco perché come dicevo nell’articolo “il rapporto sessuale è una relazione che si nutre anzitutto di affettività ovvero di apertura, di accoglienza, di stima e rispetto dell’altro;  all’interno di questo rapporto/relazione c’è spazio anche per lo scambio genitale. Il rapporto sessuale esprime, dunque, la qualità interpersonale, cioè la capacità dell’individuo sessuato di essere per l’altro”.

Come conseguenza di questo approccio educativo avremo che i tempi per collocare poi l’uno o l’altro gesto sessuale sono dettati dall’amore e dalle tappe dell’amore. Il criterio è che quando un gesto esprime la verità ontologica dell’amore allora è vero, autentico ed umano. 

Le cose che dico esprimono la dottrina cattolica sull’amore umano e si fondano sull’antropologia adeguata di cui parlava San Giovanni Paolo II nelle sue catechesi sull’amore umano, che ti invito a leggere, perché sono una fonte di ricchezza sulla conoscenza dell’uomo e la sua capacità di amare e farsi dono.

In sintesi, ogni gesto che svilisce, mortifica, manipola  l’amore è peccato. Dunque i rapporti pre-matrimoniali – o meglio dovremmo dire i rapporti genitali tra due fidanzati – sono un peccato perché non dicono, non rispettano la verità dell’amore che c’è tra di loro.

Il gesto del rapporto genitale reclama di essere unitivo e procreativo. Cioè chiede una stabilità del rapporto sessuale tale da poter inserire anche il dato procreativo. Ora è chiaro che una coppia di fidanzati vive un amore in vista di una definitività, che si compirà con il matrimonio, quando i due saranno una carne sola. Ed allora tutti i gesti che permettono di espriemre questa unicità sono validi e veri, tutti quei gesti invece che non confermano questa totalità e unicità sono falsi e “peccato”.

Ecco perché il rapporto genitale tra due fidanzati – quello che tu chiami rapporto pre-matrimoniale  (in realtà non è proprio corretto dire così perché  potremmo dire pre-matrimoniale se i due avessero deciso già il matrimonio, e invece tante volte si tratta solo di relazioni  che non lo contemperano proprio)  –   è peccato,  perché non rispetta la verità dell’amore. Il gesto, cioè, esprime più di quello che i due fidanzati stanno vivendo e possono vivere,  in riferimento alla maturità del loro amore.

Spero di aver risposto alla tua domanda.

Un caro saluto

Giovanna Pauciulo

VI CHIEDO NUOVAMENTE DI SCUSARMI,
MA SECONDO ME L’ARTICOLO E’ AMBIGUO E POTREBBE FARE INTENDERE DELLE COSE PER DELLE ALTRE, VI CHIEDEREI PERTANTO DI RIMUOVERLO.
E’ COMUNQUE MIA INTENZIONE CHIEDERE CHIARIMENTI ANCHE A PERSONE CHE CERTAMENTE AVRANNO PIU’ DISCERNIMENTO E INTELLIGENZA TEOLOGICA DI ME SULL’ARGOMENTO COME IL VESCOVO DIOCESANO E LA CONFERENZA EPISCOPALE CAMPANA.
PURTROPPO DEVO DIRE CHE AL DI LA’ DI TUTTE LE ELUCUBRAZIONI, DI CUI QUESTO PERIODO STORICO PURTROPPO E’ ECCESSIVAMENTE FORIERO, NOTO ANCHE NELLA CHIESA UNA TENTAZIONE “SINISTRA” IN TUTTI I SENSI ANCHE E SOPRATTUTTO DELLA SUA MORALE.
CORDIALMENTE VI RINGRAZIO.
DIO CI BENEDICA. D.

Caro Danilo,
l’articolo non sarà rimosso dal magazine e la dott.ssa Pauciulo rispondendo alla sua sollecitazione ha ulteriormente chiarito alcune questioni che lei poneva. Detto questo è chiaro che un titolo non può dire tutto e serve solo a identificare i termini della trattazione; inoltre chi legge il nostro magazine sa benissimo qual è il nostro punto di vista sull’argomento e che non c’entra proprio nulla nè il momento storico nè la tentazione sinistra di applicare una certa morale. Certamente noi non patrociniamo i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, qualsiasi essi siano, compresi quelli prematrimoniali. Quindi se è preoccupato di questo, stia pure sereno e continui a seguirci se vuole. La ringrazio per averci dato modo con la sua richiesta di specificare meglio la nostra proposta. Le auguro una serena domenica.
Giovanna Abbagnara
direttore di Punto Famiglia

VI RINGRAZIO INNANZITUTTO DELLE VOSTRE SPIEGAZIONI MA CREDO SIA DOVEROSO ALMENO CAMBIARE IL TITOLO E MENZIONARE/SPECIFICARE LA PAROLA MATRIMONIO E RAPPORTI PREMATRIMONIALI IN QUALCHE MODO.
PURTROPPO LE SPIEGAZIONI E I CHIARIMENTI NON MI HANNO AIUTATO PERCHE’ A QUESTI NON E’ SEGUITA LA CORREZIONE DELLE AMBIGUITA’ DELL’ARTICOLO: NON HA SENSO CHIARIRE L’ARTICOLO SECONDO ME E NON MODIFICARLO NELLE SUA PARTI FRAINTENDIBILI (ES. CIT. “Perciò ai nostri figli insegniamo ad avere rapporti sessuali piuttosto che a fare sesso.”).
E PERTANTO MIA INTENZIONE SOTTOPORRE LO STESSO ALL’ATTENZIONE DI QUELLE PERSONE CHE CERTAMENTE PIU’ E MEGLIO DI ME POTRANNO DIRVI COSA FARE E COME FARLO.
BUONA DOMENICA ANCHE A VOI. D.

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