5 novembre 2017

5 Novembre 2017

La regola fondamentale

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 23,1-12)
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare “rabbì” dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.

Il commento

Ma voi non fatevi chiamare Rabbì, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli” (23,8). Questa parola contiene una verità essenziale anche se tante volte trascurata o contraddetta. Non si tratta di un precetto da osservare ma di uno stile di vita da acquisire. Quello stile che distingue il discepolo di Gesù dal modo usuale di vivere. La particella introduttiva “ma voi” invita a prendere le distanze dai farisei che amano ricevere gli onori (23,5-7). L’invito all’umiltà ha una ben radicata motivazione teologica: se uno solo è il Padre (23,9), tutti siamo figli e fratelli. Nessuno può desiderare – né tantomeno pretendere – di avere autorità, solo Dio può affidare ad alcuni il compito di guidare i fratelli in nome Suo. Se uno solo è il Maestro, nessuno può avere l’ambizione di insegnare se non colui che parla in nome di Cristo e aiuta i fratelli a diventare discepoli dell’unico Maestro. Questa parola offre la regola fondamentale della vita ecclesiale in quanto definisce la missione della Chiesa e le relazioni all’interno della comunità. San Francesco ne ha fatto uno dei pilastri della sua spiritualità. Nel Testamento si presenta così: “Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo…” (FF 131). Si considera “il servo di tutti” (Lettera ai fedeli: FF 179). E nella Regola Prima scrive: “Nessuno sia chiamato priore, ma tutti siano chiamati semplicemente frati minori” (n. 23). L’umiltà non impedisce di assumere all’interno della comunità posti e responsabilità. Ma ogni compito è accolto e vissuto come un ministero, cioè un servizio umile e gratuito. È questo il sigillo del Vangelo odierno: “Chi tra voi è più grande sarà vostro servo” (23,11). Il servizio diventa così la motivazione e lo stile con cui ciascuno vive la responsabilità. In un mondo dove troppo spesso prevale l’interesse individuale, talvolta nella forma più egoistica, il cristianesimo testimonia che la vera grandezza dell’uomo è nascosta nel servire. Ed è questa la vera rivoluzione che il cristianesimo deve seminare nei solchi della storia.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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