25 novembre 2017

25 Novembre 2017

L’inizio del viaggio

di don Silvio Longobardi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 20,27-40)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

Il commento

Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito” (20,35). I sadducei non credono alla resurrezione dei morti, per loro tutto si gioca in questa vita. Interrogano Gesù su questo argomento. Più che una domanda, raccontano una storia da cui si evince chiaramente che l’idea della resurrezione cozza con la realtà, è solo un’illusione dell’anima. La risposta di Gesù non lascia spazio a equivoci. I sadducei sbagliano nel vedere la vita futura come un semplice prolungamento di quello che avviene sulla terra. Il matrimonio appartiene a questa terra, esprime il bisogno di comunione e di fecondità. L’amore resta per sempre ma nella vita futura non ci sarà più bisogno del patto nuziale. “Io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati” (1Cor 15,51). Così scrive Paolo ad una comunità in cui sono nate perplessità e dubbi sulla resurrezione dei morti. Una cosa è certa, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, “non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui” (20,38). Gesù chiude così il dibattito. È questa la Parola conclusiva e dovrebbe essere per noi il sigillo della fede, la luce che accompagna e veste di valore ogni istante della vita. Colui che ha creato ogni cosa e ci ha dato la vita, non viene meno. Sarà Lui stesso a trasformare questa vita, soggetta alle leggi della carne, in una vita altra dove tutto è rivestito di luce spirituale. La morte segna una rottura ma non la fine. Anzi, rappresenta l’inizio di un nuovo viaggio.

Federico Fellini (1920-1993) era un regista curioso, credeva o sperava che dietro l’angolo ci fosse qualcosa che potesse dare alla vita un altro volto. Per questo ha sempre rifiutato che nei titoli di coda dei suoi film apparisse la parola fine. Come se quel film fosse solo un capitolo di una storia più grande. Noi sappiamo già come va a finire, sappiamo che al termine di questi giorni incontreremo l’abbraccio misericordioso di Dio. Chiediamo di restare svegli e lasciarci sorprendere dalla Luce.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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