Giovani

“Con i tempi che corrono siamo fortunati ad avere dei giovani cosi”: parola di don Francesco Riccio, responsabile della Pastorale giovanile della Campania

di Ida Giangrande

Giovani, volti e nomi di storie che si intrecciano e si differenziano, che toccano il fondo e si rialzano, che cercano la speranza anche oltre ogni speranza. Oggi per Punto Famiglia, la Pastorale giovanile della regione Campania raccontata dalla voce del suo responsabile, don Francesco Riccio.

Come dovrebbe essere secondo lei il sacerdote ideale per i giovani di oggi?
Una persona, non un ideale, innanzitutto questo. Una persona in senso pieno, da incontrare, da conoscere, da frequentare con cui qualche volta si litiga e qualche volta no. A un sacerdote puoi chiedere una paternità spirituale e non è vero che il sacerdote anziano non comprende il mondo di un giovane. Nella mia vita è stato proprio un sacerdote anziano a fare la differenza. Al di là di tutto poi credo che non esista un sacerdote ideale, così come non esiste una persona ideale.

Come è arrivato ad occuparsi della pastorale giovanile regionale?
Nel 2000 Mons. Mario Milano dopo il Giubileo dei giovani, mi propose di assumere questo ministero. L’ho fatto fino all’anno scorso in diocesi e oggi lo faccio a livello regionale.

Una panoramica del mondo giovanile dal suo punto di vista…
Un paesaggio variopinto: è così che io vedo il mondo dei giovani. Non è solo una generazione, ma tante generazioni che coesistono. Ognuno di loro ha alle spalle una storia da raccontare: il contesto in cui vivono, le famiglie, il carattere. Ciò che li accomuna è un grande desiderio di bene e di verità. Spesso magari incrociano scelte illusorie, ingannevoli, che li seducono e alla fine li lasciano sconfitti. È il pericolo che corrono e al quale cerchiamo di dare delle risposte, anzi, come Chiesa, abbiamo il dovere di dare delle risposte.

Quali sono le proposte?
Papa Francesco ha parlato di una “Chiesa in uscita”, ed io credo che questa formula sia perfetta per inquadrare la pastorale delle diocesi campane. Ci sono sempre iniziative che tendono ad incontrare i giovani nei posti dove usano riunirsi, palestre, pub, discoteche e tutti i possibili luoghi della movida. L’obiettivo è portare loro il primo annuncio di Gesù e di dare testimonianza. Le varie diocesi, inoltre, si stanno preparando all’incontro con papa Francesco dell’11 e 12 agosto. Come era successo già per il Sinodo della famiglia, quando papa Francesco invitò le famiglie a Roma poco prima dell’inizio di questo grande appuntamento, anche questa volta, il Santo Padre vuole incontrare i giovani italiani. Ci stiamo preparando attentamente a questo appuntamento. I ragazzi vivono momenti di catechesi, di preghiera, di riflessione sulle figure importanti della cristianità. L’incontro sarà preceduto da un settimana di pellegrinaggio che i giovani faranno nelle loro zone. Ne abbiamo organizzati tre che sono Napoli, Benevento e Caserta, un itinerario tra Santuari e luoghi della fede che ha il compito di preparare il cuore alla semina. Rischiavamo di perdere una giornata della gioventù dato che sarà celebrata in America, e invece queste giornate lì a Roma, saranno un po’ la Gmg dei giovani italiani.

Come è organizzata la pastorale regionale? Avete appuntamenti comuni?
La pastorale regionale è un tavolo dove io convoco i responsabili delle varie diocesi, sacerdoti ma anche tanti tanti laici che lavorano nei nostri uffici diocesani. Laici soprattutto giovani che portano idee e progetti straordinari. I ragazzi sono protagonisti anche in questo. L’incontro tra le diocesi attraverso i loro responsabili è importante perché il confronto e la scambio favorisce la nascita di nuove idee e di nuove esigenze. Il criterio fondamentale è favorire una pastorale basata sull’ascolto dei giovani, perché non sia solo una pastorale per i giovani, ma soprattutto una pastorale dei giovani. Abbiamo poi dei momenti comuni, penso ai tre pellegrinaggi di cui parlavo prima in preparazione dell’incontro di agosto con il Santo Padre, che confluiranno poi in un incontro comune a Pozzuoli insieme ai loro Vescovi.

Gestire le emergenze tra i pericoli del web, la movida smodata e lo spettro della delinquenza…
Il disagio dei giovani è una delle sfere più attenzionate nella regione. Un discorso che non possiamo portare avanti solo con la pastorale, ma che richiede un lavoro in cordata con le associazioni e le cooperative che si muovono sul territorio. Penso alla Caritas ad esempio, quando si parla di problemi legati all’alcolismo o alle dipendenze. A Napoli c’è il camper della legalità che gira tutti i fine settimana nelle strade e si piazza nel luoghi della movida. L’obiettivo è avvicinare i giovani, aiutarli a comprendere che divertirsi non significa perdersi.
Quando si parla di disagio giovanile, spesso si parla anche di problemi legati alla depressione. Depressioni profonde non sempre legate all’uso di stupefacenti. Ad ammalarsi è l’anima di questi ragazzi. Abbiamo cercato di dare una risposta con l’iniziativa “Luce nella notte”, significa stare in piazza dove i giovani si radunano e invitarli a fare adorazione.

Ricorda una particolare storia di conversione?
Potrei raccontargliene tante. Contrariamente a quanto si crede i giovani si convertono e si convertono i maniera radicale. Ricordo in particolare la storia di un ragazzo di Scampia, (quartiere nella periferia nord di Napoli) figlio di camorristi. Aveva usato la pistola. Il suo destino sembrava segnato. Quando è stato arrestato, in carcere una suora faceva posare ogni sera sul letto dei ragazzi un pagina del Vangelo. Lui racconta sempre di aver raccolto tra le mani quella pagina e di aver sentito uno squarcio di luce nel cuore. Sono percezioni alle quale spesso non dai molto peso, ma da lì questo ragazzo ha iniziato un camino di conversione che lo ha portato oggi ad essere un faro nella notte e un esempio anche per gli altri ragazzi nella sua condizione.

Il carcere minorile è una delle realtà con cui la pastorale giovanile della regione deve fare i conti…
Il carcere minorile ha una rilevanza particolare nella nostra pastorale. In comunione con tutti i cappellani d’Italia stiamo cercando, in questo anno di preparazione al Sinodo del 2018, di capire come accompagnare i ragazzi nelle carceri a vivere questo momento importante. Vorremmo cercare di fare in modo che i giovani in condizione di detenzione incontrino altri giovani che hanno fatto scelte di fede importanti perché ci si aiuti a vicenda. Perché l’esempio dell’uno possa edificare l’altro. In carcere c’è una pastorale molto forte e radicata. C’è sempre un cappellano, ma intorno a questi c’è tutta un’equipe di volontari. Qualche tempo fa il responsabile dei cappellani mi diceva che forse è più facile raggiungere i loro cuori quando sono dentro che quando sono fuori. Io stesso ho lavorato nelle carceri. Allora c’era l’area verde che era legata proprio al recupero delle persone. Proprio lì dove l’umanità sembra essersi abbruttita, tocchi con mano le ferite e le fragilità dell’uomo. Raccogli le loro paure. Le ragioni che li hanno spinti a commettere un reato a schierarsi dalla parte sbagliata. Ti rendi conto di quanto c’è bisogno di Dio nel mondo. Nella mia esperienza personale e non solo, portare il Vangelo a queste persone significa offrirgli un nuovo orizzonte. L’altro giorno mi trovavo a parlare con un ragazzo. È uscito di carcere da poco ed è padre pur essendo molto giovane. Mi diceva che non ha davvero nessuna intenzione di ritornare dietro le sbarre e intende comportarsi bene, ma subito dopo mi ha confidato che non riesce a trovare lavoro. Certo non è una condizione solo sua. In giro c’è poco lavoro per tutti. Ma per quelli come lui ce n’è ancora meno. Quando in giro sentono i suoi precedenti l’offerta si chiude e se per gli altri non c’è lavoro, per quelli come lui non c’è speranza.

Siamo in cammino verso il Sinodo del 2018. Cosa ci si aspetta da questo incontro importante?
Sono così tante le tematiche che ruotano intorno ai giovani. Partire da loro, dalle loro attese sarà sicuramente importante e a questo proposito, la Cei stessa sta preparando un nuovo portale in cui i ragazzi potranno entrare e rispondere a delle domande. Il Sinodo poi dovrà affrontare tematiche spinose e difficili. Si parlerà sicuramente di sessualità, di rinunce, di scelte anche vocazionali. Immagino poi che bisognerà parlare anche dei bambini soldato, delle spose bambine, sono le voci dei giovani del mondo che hanno delle attese, che chiedono aiuto e a cui la Chiesa dovrà guardare. Dall’altro lato non possiamo solo comprendere che cosa vogliono i giovani, ma è importante anche comprendere cosa la comunità deve rispondere, quali sono gli spazi da offrire.
Per me è necessario ripartire dal cambiare l’idea comune che abbiamo dei nostri giovani. Pensiamo spesso di loro cose che mi inorridiscono e che assolutamente non sono vere. Non sono stupidi come molti credono. Non sono svogliati come sento dire spesso in giro. Essi guardano a noi adulti con occhi attenti e non trovano riferimenti sostanziali per la loro vita. I giovani combattono, sperano contro ogni speranza. Studiano con passione, hanno sogni che proteggono con tutto il cuore. A differenza di molti educatori, essi credono ancora in un futuro migliore e hanno tanta voglia di crescere. Ma quanti riferimenti hanno? Noi adulti siamo spesso in grado di essere guide coerenti per loro? Me lo chiedo spesso e alla fine dico sempre che con i tempi che corrono siamo fortunati ad avere dei giovani così.

Prima parlando del Sinodo ha fatto riferimento alle scelte vocazionali…
Come ho detto c’è un grande desiderio di bene, e certo di fronte a tante possibilità quella del sacerdozio passa spesso in secondo piano. A mio parere, però, è importante anche il tipo di testimonianza che noi offriamo come sacerdoti. I ragazzi sono radicali in tutto ciò che fanno. Leggono l’anima delle parole più che le parole stesse. Vogliono testimoni radicali. Si allontanano invece dai modelli annacquati, dai sermoni senza fondamenta, dalle case senza vita. Sono interiormente convinto che ricominceranno a considerare la possibilità della consacrazione verginale nel momento in cui vedranno la testimonianza di una radicalità evangelica incarnata, vissuta e spesa fino alla fine.




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



ANNUNCIO

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.