Dio si fa attendere
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,22-35)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Il commento
“A Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele” (2,25). Simeone è immagine di quegli anawin che attendono con ferma speranza il compimento delle promesse, incarna l’attesa di un intero popolo, porta nella sua carne la speranza d’Israele. Luca inizia il suo Vangelo con l’episodio di Zaccaria nel tempio (1,5-23). In esso troviamo un’immagine suggestiva dal forte valore simbolico: “Intanto il popolo stava in attesa” (1,21). Questa immagine ritorna al termine del brano odierno quando si accenna a coloro che “aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (2,38). In questa luce Luca presenta anche Giuseppe di Arimatea, membro del sinedrio e discepolo di Gesù, lo descrive come uno che “aspettava il regno di Dio” (23,51). Il Vangelo non svela l’età di Simeone, anche se tutto lascia pensare ad una persona consumata dagli anni. Tutta la sua esistenza è dunque una lunga e paziente attesa condita con la preghiera e il digiuno. Simeone vive nella speranza di vedere il Messia e riceve la grazia di riconoscerlo in quel bambino che Maria tiene tra le braccia. I due giovani sposi sono confusi tra la folla che, come sempre, si reca verso il luogo santo, ma Simeone, illuminato dallo Spirito, vede nella fede quello che gli occhi della carne non possono conoscere. È vecchio, ha atteso a lungo. E proprio quando l’esistenza sembra giunta al capolinea, tutto s’illumina. Il buon Dio non manca agli appuntamenti anche se spesso si diverte a spostare in avanti le lancette dell’orologio. Tante volte, dobbiamo riconoscerlo, il nostro Dio si fa attendere. il profeta ricordava che i pensieri e le vie di Dio sono diversi dai nostri (Is 55,8). Anche i tempi di Dio non corrispondono a quelli che abbiamo previsto sulla nostra agenda. E tuttavia, dobbiamo anche proclamare che il Padre celeste ricompensa abbondantemente ogni nostra attesa e dona quello che nella nostra poca fede non abbiamo avuto nemmeno il coraggio di chiedere. Oggi chiediamo la grazia di attendere il passaggio del Signore con la fede e la semplicità degli umili.
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