Letizia

L’imperfetta letizia o … l’arte di non lamentarsi più

Felicità

di Giovanna Abbagnara

Lamentarsi è diventato uno stile di vita, che non appartiene alla fede e ci conduce lontano dalla gioia, quella vera.

Se c’è qualcosa che sappiamo fare benissimo nella nostra vita è il mestiere della lamentazione. Ci lamentiamo di tutto: del lavoro e dei colleghi che non sono abbastanza stimolanti, del marito che non ha realizzato tutti i nostri sogni di principe devoto e appassionato, dei figli ingrati che alla prima occasione sono andati via per rincorrere i propri sogni che quasi mai collimavano con le nostre proiezioni sulla loro vita, del parroco che ha preferito mettere al mio posto un’altra catechista, del confratello prete che ha ricevuto un incarico in diocesi che auspicavo da tempo … Insomma l’elenco potrebbe continuare all’infinito e non essere mai esaustivo perché siamo poco abituati a guardare dentro e fuori di noi attraverso le lenti della letizia.

È più facile lamentarsi, è terapeutico, è uno stile. Il primo posto lo darei alle donne, (scusate ma dobbiamo ammettere di avere una particolare dote al riguardo!): “Non ha tempo per me, non mi capisce più, è insensibile ai miei stati d’animo, quando eravamo fidanzati comprendeva ogni sguardo ora neanche a scriverlo sui cartelloni in strada a lettere cubitali, profonde tutte le sue energie nel lavoro …”. Continuo? Ma anche gli uomini non scherzano: “Io mi ammazzo di lavoro, lo faccio per lei e per i nostri figli e quando torno a casa trovo sempre musi lunghi e insoddisfazione. Ma cosa faccio di male se ogni tanto esco a divertirmi con gli amici?”. Non ne parliamo quelle che poi perpetuiamo nei confronti dei figli che suonano alla fine un po’ così: “Non sei come ti vorrei o come mi aspettavo … Non hai realizzato le mie attese”, producendo spesso dei traumi così profondi che neanche immaginiamo.

Le relazioni familiari sono lo specchio di un atteggiamento che poi utilizziamo spesso negli altri rapporti della nostra vita fino a definire tutto quello che abbiamo e che facciamo misurandolo sul piano della nostra soggettiva soddisfazione personale. Viviamo così prigionieri delle emozioni, schiavi dell’insoddisfazione o peggio ancora cinici e spietati nei confronti di una vita che ci ha ripagati con sogni in frantumi e attese mai compiute.

Con gli anni ho imparato che la lamentazione è uno stile pericoloso di vita che presta il fianco al maligno che utilizza queste nostre insoddisfazioni per seminare nel cuore la certezza che abbiamo sbagliato strada. La lamentela estirpa la gioia dal cuore e ci consegna la tentazione di fuggire lontano dalle nostre responsabilità primarie. Dobbiamo imparare invece a coltivare una gioia radicale, che il modo di pensare del mondo reputa sorprendente e incomprensibile

In una fredda e ventosa giornata d’inverno, San Francesco d’Assisi e frate Leone erano sulla strada che da Perugia portava a Santa Maria degli Angeli. Frate Leone chiese a Francesco: “Padre, te lo chiedo nel nome di Dio, dimmi dove si può trovare la perfetta letizia”. E san Francesco gli rispose così: “Quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà: Chi siete voi? E noi risponderemo: Siamo due dei vostri frati. E Lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi a tanta ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male del nostro confratello (…) scrivi che questa è perfetta letizia” (dai Fioretti di san Francesco). .

Mi piace molto l’espressione: perfetta letizia. Chi non vorrebbe essere perfettamente nella gioia? Ciò che mi sconvolge però è la via che il santo indica per raggiungerla. Un itinerario fatto di sofferenze ripetute e scandito dal tradimento da parte di persone che si ritenevano fratelli. E questa è un’angoscia grande, quella di essere respinti proprio da chi amiamo nel momento del bisogno. Ma in fondo non era stato questo anche l’atteggiamento del fratello maggiore che nella parabola del padre misericordioso si sente tradito proprio da colui al quale aveva consacrato tutta la sua vita? Non accampa il diritto di essere stato sempre fedele e di non aver sperperato come suo fratello tutte le ricchezze?

C’è una gioia, una letizia che discende come un fiume in piena dal sopportare tutto con amore. Un allenamento fatto di piccole cose quotidiane come l’andare incontro agli inevitabili disagi della vita quotidiana, accettandoli con pazienza, con coraggio, non risolvendoli in facili lamentele. Si tratta di mettere Cristo al centro della nostra vita, diventare come Lui! Stare al proprio posto senza il gusto di cedere alla tentazione di lamentarci.

Mi rendo conto che è una proposta scomoda e poco corrispondente all’idea di felicità. Ma sullo sfondo della scena che in questi giorni stiamo meditando, quella di un Bambino avvolto dalla luce e circondato dal coro degli angeli, si staglia una croce che è salvezza per ognuno di noi e che è fonte di perfetta letizia per chi l’accoglie e la vive insieme a Gesù.




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1 risposta su “L’imperfetta letizia o … l’arte di non lamentarsi più”

Cara Giovanna,

Grazie per il bellissimo articolo.

Per noi genitori affidatari le occasioni per lamentarci sembrano scorrere ininterrotte con l’acqua in un fiume: ci viene da lamentarci per la fatica che facciamo con il bambino in affido, o per i difficili rapporti con la sua famiglia d’origine, o ancora per i limiti che troviamo nei servizi sociali dai quali a volte non ci sentiamo ascoltati abbastanza.

Ma se poi guardiamo negli occhi questo bambino che abbiamo accolto nella nostra casa per sostenere lui e la sua famiglia, allora tutte queste fatiche non possono che tramutarsi in perfetta letizia. Sì, perché sappiamo che la faticosa strada che stiamo percorrendo non è molto diversa da quella indicata da Gesù.

Un caro saluto,

Antonio Capani
Affidamento.net

p.s.: segnalo un piccolo errore di battitura nell’ultima frase: la croce si staglia sullo sfondo (non si scaglia).

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