CORRISPONDENZA FAMILIARE

di don Silvio Longobardi

Ius vitae, il diritto cancellato

8 Gennaio 2018

gravidanza, vita, aborto

foto di @Billion Photos - Shutterstock.com

Il 4 febbraio 2018 celebreremo la 40a Giornata per la Vita, un impegno civile in cui la Chiesa è schierata in prima linea da sempre e che oggi richiede uno sforzo maggiore. Don Silvio: “La vera compassione non consiste nel dare la morte ma nel custodire la vita. Il nostro impegno è oggi più essenziale che mai”.

Cari amici,

tra poche settimane la Chiesa italiana celebra la 40a Giornata per la Vita. La legge che legittima l’aborto fu approvata quarant’anni fa, il 18 maggio 1978. Pochi giorni dopo, incontrando i vescovi italiani, Paolo VI espresse con parole chiare il suo dolore. È utile rileggere quell’intervento:

Non possiamo dimenticare il dovere di tutti, di noi Pastori specialmente, di deplorare la legislazione permissiva sull’aborto! Quali nuove affermazioni morali dovremo noi fare sull’intangibilità sacra della vita umana fino dal seno materno; e quali discrete ma efficaci premure dovremo riservare alla madre infelice, tentata di sopprimere l’essere vivo, nuovo, sacro, palpitante nel suo seno! Problemi d’oggi, che devono tanto accrescere la nostra carità, quanto maggiore è la possibilità offerta al delitto verso una innocente e indifesa creatura!” (24 maggio 1978).

Nelle parole di Paolo VI emerge il volto di una Chiesa che non si nasconde, una Chiesa che nei momenti più bui della storia, quando la dignità dell’uomo viene calpestata, interviene con tempestività per tenere accesa la lampada della verità. La Chiesa non parla per compiacere qualcuno, tanto meno quelli che gestiscono il potere, e non teme di dire cose che si contrappongono alla mentalità corrente.

I vescovi italiani risposero con la stessa immediatezza invitando la comunità cristiana ad opporsi con tutte le forze a quella barbarie che veniva allora presentata come un’extrema ratio compassionevole. Nella propaganda dell’epoca, che convinse anche tanti cristiani, l’aborto appariva come una risposta doverosa delle istituzioni pubbliche per venire incontro alle situazioni di grave indigenza in cui versavano tante famiglie. Era solo una maschera per ingannare i buonisti. Quella legge non ha solo legittimato una prassi ma, con la complicità dei media, ha creato una mentalità più favorevole all’aborto. Quella stessa cultura oggi non teme di presentare l’aborto come un diritto inalienabile, una conquista di civiltà. A tal punto che oggi nessuno più affronta questo tema in un pubblico dibattito. E così mentre il movimento animalista trova crescenti consensi nel mondo sociale e politico, il diritto alla vita resta al palo.

Quei bambini non ancora nati non hanno alcun sindacato che prende le loro difese, nessuno dei grandi giornali si preoccupa di spendere una parola in loro favore. Sono condannati a restare nell’ombra, ad affondare nel mare della vita prima ancora di toccare terra. Per loro neppure un epitaffio né un’epigrafe che li ricorda. La loro sorte è accompagnata da una tragica indifferenza.

Non mi piace fare polemiche ma non posso evitare di constatare che viviamo un’epoca strana, affetta da evidente e grave strabismo: tanti si affannano per far approvare il cosiddetto Ius soli, hanno fatto campagne di stampa e perfino proposto digiuni nel generoso e ingenuo tentativo di scardinare le resistenze della politica; ma nessuno parla dello Ius vitae. È un tema minore, lasciato a quel gruppo di cattolici oltranzisti che si ostinano a dire che l’aborto è la soppressione di un innocente. Il diritto alla vita è un dato così evidente da poter diventare la stella cometa della legislazione sociale. E invece, una cultura ben orchestrata – e ben ammanigliata con il potere politico ed economico – ha oscurato questo oggettivo fondamento, lo ha reso sempre più friabile.

Cari amici, noi restiamo tenacemente attaccati al valore della vita, non ci lasciamo ingannare dalla sirene seducenti di una società che misura la vita con i criteri dell’efficienza e del profitto. La vera compassione non consiste nel dare la morte ma nel custodire la vita, in qualunque situazione, rivestendo di carità la vita meno amabile, dando coraggio alle mamme che non sanno come fare e offrendo sostegni concreti a quelle che sono sole. Con la stessa carità guardiamo tutti gli altri ambiti della vita e del disagio sociale. Facendo così contribuiamo a costruire il volto umano della società. Non è poco di questi tempi.

Prepariamoci a vivere la prossima Giornata per la Vita con la consapevolezza che il nostro impegno è oggi più essenziale che mai. La nostra rivista continuerà a fare la sua parte raccontando storie di mamme che hanno accolto la vita e di volontari che mettono a disposizione tempo ed energie. Ma ciascuno di voi può fare qualcosa per seminare la parola della vita. Mi raccomando, non restate nell’ombra, abbiate il coraggio di fare iniziative più coraggiose. Non avremo alcun riconoscimento sociale, anzi diranno che siamo i soliti intransigenti ma avremo la gratitudine di tutti quei bambini nati grazie al nostro impegno e che oggi hanno una parola da dire e una vita da vivere.

don Silvio




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